La gioia, la gioia per gli abitanti del deserto è il tema di questo brano di Isaia. La gioia e l’allegrezza, dice il profeta, sono i giusti stati d’animo di chi vive nelle terre aride, il giusto stato d’animo di chi è talmente scosso da farsi tremare le ginocchia, tanto sfiduciato da sentirsi pervaso da una spossatezza invincibile, dalla stanchezza del vivere quotidiano tra la polvere, i dubbi, le delusioni cocenti. Isaia canta una gioia autentica che pervade un luogo abitualmente duro e inospitale.
Lasciamoci guidare dalle parole del profeta, abbandoniamoci per un momento a questa gioia che sboccia dalla visione della vita come dovrebbe essere: abbondanza e rigoglio della terra, fonti che sgorgano chiare, fresche e dolci, una terra che dà frutto. E non solo: anche un’umanità le cui disabilità sono trasformate, superate; ma non per far diventare normale chi è menomato, no: non per una vita di normalità - parola ambigua – ma per una vita di gioia. Chi era muto ora ritrova la voce, ma non per parlare bensì per gridare! Chi zoppicava ora è bello dritto come un fuso, ma non per rigare diritto bensì per saltare e ballare! Chi non udiva ora ci sente di nuovo ma non per ricevere ordini, ma per ascoltare una melodia di speranza e fiducia.
Anche gli esseri umani sgorgano di gioia con la stessa libertà con cui le fonti sgorgano dal terreno e irrigano la terra riarsa, fecondandola e facendola germogliare. La gioia accomuna la libertà della terra e la libertà degli esseri umani: l’una diventa fertile e gli altri guariscono, la salvezza della natura e quella degli umani si legano l’una all’altra. E la loro gioia è comune. Questa è la gioia nel deserto che Isaia canta.
Isaia canta una gioia autentica, vera, che si sperimenta .. dove? Nel deserto! Possibile? Il deserto non sembra essere un luogo dove ci sia molto da stare allegri. Certo, io personalmente il deserto non l’ho mai visto, ma penso che viverci sia molto peggio di quanto mi possa immaginare.
Neppure Israele, il popolo a cui Isaia apparteneva e a cui parlava, era una nazione del deserto. Però nella sua storia c’è sempre stato un deserto di mezzo. Un deserto in mezzo al cammino della libertà, tra la schiavitù d’Egitto e la terra promessa. Oppure il deserto della Siria che divideva i deportati di Babilonia da Gerusalemme, dalla patria da cui erano stati sradicati.
E così anche noi, anche senza aver mai visto il deserto, abitiamo deserti simbolici. Certe periferie di città in cui non si sa come un bambino possa crescere sperando in qualcosa. Certe famiglie in cui predomina il silenzio, l’incomprensione, la violenza. Certi cuori che hanno battuto troppe volte a vuoto per speranze deluse. Ci può davvero essere gioia in questi deserti? In un mondo in cui più di un milione di bambini, solo in Italia, non hanno l’indispensabile per una vita quotidiana dignitosa; in un mondo in cui la guerra è ancora il metodo più usato per dirimere le controversie; in cui la protesta e l'accusa, e non la proposta, sono le cifre del nostro malessere? Ci può davvero essere gioia nel deserto?
Certo, anche Isaia ai suoi tempi cantava la gioia che … non c’era! E, forse, pensare che il deserto possa trasformarsi nelle boscose pendici del Carmelo o nella verde pianura di Sharon, può essere solo un’illusione da sciocchi. Eppure la Bibbia e Isaia ci insegnano che la gioia non è patrimonio degli sciocchi: è un’espressione della fede, anche - anzi, soprattutto - quando non c’è molto di cui stare allegri; è una risorsa necessaria per poter continuare a vivere nel deserto.
Il compito di un profeta come Isaia non è solo descrivere il mondo così com’è, il presente nella sua cruda realtà; è soprattutto descrivere il mondo come dovrebbe essere e come Dio lo può rendere. Allora sì, anche nella desolazione si può cantare l’abbondanza e il rigoglio della terra. Anche in un luogo che non ti lascia punti di riferimento come il deserto, può aprirsi una strada, una strada percorribile, che porta da qualche parte se solo la imbocchiamo; una strada maestra sulla quale, scrive Isaia, nemmeno gli insensati possono perdersi.
Certo, ci sono tante situazioni nella vita che giustificano tristezza, sfiducia, amarezza, ma talvolta questi atteggiamenti sono sintomi piuttosto che conseguenze dei nostri travagli. Chi assume la tristezza e sempre si lamenta è più avanti degli altri sulla via del fallimento. La gioia è la capacità di credere in un mondo diverso. E’ parte della forza d’animo offerta dalla fede nell’affrontare la vita. La gioia è l’espressione della nostra fiducia in Dio.
Chi dispera di vedersi aprire una strada nel deserto smette di vivere, ma chi ha fiducia di poterla ancora trovare ha la vita davanti a sé.
Amen.
Pastore Luca Baratto - Dossier con i materiali liturgici 2025 preparati dalla Commissione globalizzazione e ambiente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia