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"La riforma perenne"

 

 

 

Vi sono termini eccessivi, che traducono l'orgoglio e la megalomania di chi li creò. Ve ne sono altri che sono espressioni di modestia. La parola Riforma è di questi. Riforma, strettamente: correzione di abusi, rettificazione morale, fu, in parte almeno, quella compiuta in ritardo dal Concilio di Trento. Ma la Riforma fu una rinascita, un ritrovamento di verità dimenticate, un' esplosione di spiritualità fresca e nuova, che si estese a tutti i campi dell' attività umana, produsse una nuova chiesa, una nuova teologia, una nuova economia, una nuova disciplina morale.

Appunto perché la Riforma è una rinascita spirituale, può avere un significato l'affermazione di Vinet, che la Riforma è una «perenne riforma». L'essenza della Riforma è l'esigenza di un perenne rinnovamento, sorgente da un ' incessante autocritica, sotto l'autorità della Parola di Dio: controllarci per rinnovarci, essere pronti alla confessione di peccato, che esprime l'esigenza di una vitalità sempre nuova. Può darsi che non sempre abbiamo bisogno di una riforma in senso proprio. I nostri istituti ecclesiastici possono corrispondere in modo sufficiente qui ed ora alle esigenze di una spiritualità al tempo stesso libera e disciplinata; ma, perché questi istituti rimangano vivi e adeguati alloro fine, è necessario che la vita in essi continuamente si rinnovi: cioè si «riformi».

L'essenza della Riforma è la purificazione, spinta fino all'estremo li mite concepibile, del la motivazione religiosa. Lutero, col suo tormento, ci ha forse insegnato una sola cosa: che non si può cercare al tempo stesso Dio e il nostro vantaggio, sia pure nella forma più elevata di una felicità religiosa presente o futura. Il suo Evangelo si riassume tutto nella scoperta che nulla è puro davanti a Dio se non quello che viene da Dio. Noi non possiamo essere salvati per le nostre opere. perché le nostre opere, in quanto nostre, esprimono sempre in qualche grado il desiderio di farci valere davanti a Dio; noi siamo salvati soltanto per grazia, cioè soltanto da Dio, e soltanto per la fede, nel senso più elementare, più negativo, più privo di umane grandezze, di una nuda fiducia nella promessa di Dio di salvarci in Gesù Cristo. L'Evangelo della Riforma è tutto qui, in queste elementari, ma rigorosissime affermazioni. È bastato seguirle coerentemente per rinnovare la faccia dell'Europa cristiana.

La funzione di queste elementari verità non è esaurita; essa conserva il suo valore di norma pura, di criterio assoluto, per ogni espressione individuale o collettiva di vita cristiana. Essa rimane in tutta la sua validità, soprattutto in un tempo in cui sembrano delinearsi vaste rinascite religiose, ed in cui il Cristianesimo può legittimamente sognare una rinnovata influenza nel mondo di domani. La norma della Riforma ci ricorda che davanti a Dio vale soltanto quello che esprime nella sua purezza l'esigenza di Dio e di Dio solo. Essa ci pone in guardia contro ogni ricerca di influenza mondana, sia attraverso i poteri civili, sia attraverso una restaurazione morale,culturale, disciplinare, che si traduca, in realtà, in una nuova legalità imposta alla santa «libertà dei figli di Dio». Essa ci pone in guardia contro ogni reviviscenza di motivi spirituali passati, che va suggerita da stanchezza e disorientamento, piuttosto che dall'inquietudine di Dio. Essa ci impone di considerare con cautela anche le espressioni più convincenti e più commoventi di una vita ecclesiastica in fervida ripresa. Il fatto stesso che la cristianità del ventesimo secolo ha nuovamente conosciuto la grazia del martirio non è una prova sufficiente della sua vita nascosta con Cristo in Dio.

Tutte le cause perdute hanno avuto i loro martiri; anche il tardo paganesimo romano ha avuto i suoi.

La norma della Riforma ci impone di perseguire e di denunciare in ogni sua manifestazione la confusione dell'umano col divino, onde preservare in tutta la sua forza penetrante e purificatrice il messaggio salutare dell'Evangelo. Funzione critica, perenne sforzo di purificazione interiore, invito continuo al ravvedimento e alla conversione: si potrebbe pensare che in questo si esaurisca la nostra funzione, senza che appaia necessariamente come negativa, sterile, superflua. L'azione corrosiva dello spirito profetico, quando è veramente spirito profetico, è tormento di un assoluto che è Dio stesso. Dio solo ha una funzione igienica insopprimibile nella nostra generale condizione umana. Sale della terra!

Ma la norma della Riforma non ci impone soltanto una funzione critica. Essa deve dare un contenuto alle aspirazioni di un mondo disorientato. Il contenuto del nostro messaggio può limitarsi ad essere un indice teso verso il «Padre del nostro Signore Gesù Cristo», a condizione che sappiamo veramente che cosa significa riferire tutta la vita privata e pubblica, tutti i problemi, grandi o piccini, a quest'unico termine. Lo sappiamo noi veramente?

La Riforma nella sua espressione classica, soprattutto luterana, è stata un invito premente a rientrare in noi stessi, a giudicarci senza attenuazioni, a cercare l'assoluta purezza delle nostre motivazioni. Da questo ripiegamento è nata una vita interiore d'una ricchezza e d'una profondità senza precedenti. Ma è necessario che dall'intimità delle motivazioni profonde ci volgiamo al mondo di fuori , della vita e degli uomini, e portiamo nei problemi concreti la purezza della nostra motivazione. E’ necessario che la purezza della motivazione cristiana sia sperimentata, sia messa alla prova nei problemi concreti dell'oggi. È necessario che andiamo verso il mondo ed i suoi problemi, armati di interiorità, ma ben decisi a non rinchiuderci nell'interiorità, che andiamo verso il mondo non con l'illusione compiaciuta, e un poco farisaica, di avere pronta la risposta alle sue domande, ma con la determinazione di vivere con la fede quei problemi, finché dalla fede sorga la soluzione che s'impone a noi, qui, ora; è necessario che andiamo con la certezza che le soluzioni saranno trovate soltanto nell'angolo visuale di chi cerca intransigentemente Dio stesso, Dio solo.

L'esigenza della Riforma ha condotto la cristianità, sono ormai quattro secoli, ad una grande rottura; e non si può negare che l'esigenza di Dio operi generalmente nella storia come un fattore di separazione e di opposizione. Ma, al tempo stesso, l'esigenza di Dio ha anche un antitetico significato di ricerca dell'unità della fede. Coloro che credono in Cristo sono un corpo unico, lo sono veramente se credono veramente in Cristo ed in lui solo. Nel momento presente è diffusa la coscienza che l'esigenza della purificazione interiore e quella dell’ unità si condizionano a vicenda. Quando la cristianità non vorrà più conoscere altro che «Gesù Cristo ed esso crocifisso» (I Cor. 2,2), tutte le barriere tra cristiani cadranno, da ogni parte, e l'unità del corpo del Signore sarà ristabilita. E l'unità ristabilita sarà anche il segno della purificazione avvenuta. Almeno, dovrà essere il segno. Perché l' unificazione della Chiesa visibile potrebbe anche avvenire per altri motivi, suggeriti dalla prudenza umana, e non sarebbe allora affatto la garanzia di una purificazione avvenuta; e in tal caso sarebbe meglio che persistessero le presenti divisioni, come un invito all'umiliazione, come un indice teso verso un dovere non ancora compiuto.

Ma l'eredità della Riforma, la consegna di cercare Dio stesso, Dio solo deve essere seguita oggi nella consapevolezza che da essa può sorgere, e dovrà sorgere, quando i tempi saranno maturi, l'unità. Nella riconciliazione ai piedi della croce, le grandi ombre del passato saranno placate, e la Chiesa conoscerà una nuova primavera spiritua1e. Sarà la nuova e più grande Riforma.

 

Giovanni Miegge (1900 –1961) La Riforma perenne, in .”La Luce”, n.44-45 del 4/XI/1942
tratto da Giovanni Miegge Al principio, la Grazia. Scritti pastorali. Claudiana, Torino, 1997


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19 Ottobre 2012 © Chiesa Evangelica Valdese di Firenze