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Giovanni 1 :1-18

Gesù dunque ci rivela, ci mostra, chi è Dio da sempre

Se ci fermiamo un po’ a pensare all’inizio del Vangelo di Giovanni, con queste sue strane affermazioni, “Al principio c’era colui che è la Parola” e “ “Colui che è la Parola è diventato un uomo” (v. 14) (o forse la versione che ci è più familiare: “la Parola si è fatta carne”), abbiamo l’impressione di avere a che fare con uno scritto abbastanza oscuro di teologia, che in fin dei conti non si sa troppo bene di che stia parlando: di cose astruse e fra le nuvole, delle quali non siamo neanche troppo sicuri che abbiano qualche rapporto con la nostra vita di tutti i giorni. E soprattutto, come lettura per la domenica dopo Natale siamo d’accordo che qusto testo non ci provoca lo stesso tipo di emozioni o sensazioni che le storie di Natale a cui siamo abituati, con tutti i loro abbellimenti folklorici.

In un certo senso, è bene che sia così: almeno possiamo passare dal Natale - o meglio, da ciò che abbiamo finito per fare del Natale – alle cose serie. È come se in maniera simbolica, oggi, si dovesse passare dall’infanzia all’età adulta e si dovesse ricominciare a vedere il senso un po’ più profondo di ciò che giustamente è “successo” il giorno di Natale dell’anno 0, poco importa il periodo dell’anno in cui Gesù sia effettivamente nato. In fondo quel che dobbiamo fare è semplicemente ritornare a un mistero: l’Incarnzione. Tutto questo – e legittimamente – ci può sembrare un esercizio di teologia vago, un passatempo per specialisti che non hanno nient’altro da fare (la domanda classica che si fa ai pastori: che cosa fa il pastore durante la settimana?) ma in realtà questa idea dell’Incarnazione finisce per riportare Dio al nostro livello di comprensione; mi spiego: ce lo fa vedere in azione, ci permette di conoscerlo (nella misura del possibile) e di riconoscerlo grazie a ciò che fa, per il semplice fatto che - in una maniera del tutto incomprensibile o chissà assurda, però non entriamo ora nelle cose della Trinità, sennò oggi non usciamo di chiesa – per il semplice fatto che, dicevo, si manifesta fra di noi come uno di noi. I resoconti che ci sono familiari sulla nascita di Gesù nei Vangeli di Matteo e Luca ci parlan delle circostanze, più o meno (...anche qui non entriamo...), della venuta al mondo di Gesù; Giovanni, al contrario, va aldilà di tutto questo e ci parla secondo una prospettiva più vasta, una prospettiva dell’eternità...un altro tipo di tempo, diciamo così.

Da questo punto di vista, Giovanni ci lascia con la sua affermazione probabilmente più conosciuta : “La Parola era Dio”, o, secondo una traduzione un po’ più libera di una versione ecumenica britannica degli anni 70 (NEB): “ciò che Dio era, la Parola era”. Sì, ma che cosa vuol dire ? Che Dio, fin dal principio – DA SEMPRE - era (o è stato) come Gesù Cristo. O forse si può dire meglio in un altro modo: che Gesù di Nazaret ci ha mostrato e ci mostra chi è Dio, la sua maniera di essere, di pensare, di agire; perché sia più chiaro: Gesù di Nazaret ci mostra la maniera in cui Dio si relaziona con l’umanità e con ciascuno di noi. E se siamo d’accordo nell’affermare che Gesù cercava il bene della gente, allora questo ci dice anche che DA SEMPRE Dio è per noi...come diceva Paolo in Romani 8. Il suo carattere è sempre stato quello di Gesù Cristo, ed egli è venuto per farcelo vedere, per mostrarci chi è Dio e per parlarcene. Per riassumere in una sola frase: dire che Gesù è la Parola di Dio significa che egli è ciò che Dio dice all’umanità, su di lui stesso e su di noi, su come dovremmo vivere. Gesù Cristo, questo misterioso inviato di Dio, ci ha mostrato in pratica, attraverso la sua vita, i suoi insegnamenti ed i suoi gesti, ci ha mostrato ciò che Dio è DA SEMPRE, ciò che il suo carattere è stato da sempre.

Un altro aspetto che spicca in questa strana introduzione di Giovanni è l’immagine della creazione e soprattutto della relazione fra Dio e la creazione. Al v. 11 ci viene detto che la Parola venne nel mondo che era suo. In fondo, Giovanni ci ha parlato di Dio, e adesso ci parla di noi, di ciò che Dio ha fatto quando ci ha creati e di come ci vede; quando dico noi, parlo degli esseri umani e della creazione in generale, poiché – che ci piaccia o no – a Lui apparteniamo. In effetti, fra l’umanità e la creazione vi è una solidarietà essenziale, ben rappresentata, per esempio, dalla richiesta di Dio ad Adamo di dare un nome a tutti gli animali (Genesi 2); e questo ci dice molto circa la responsabilità che l’umanità ha verso il pianeta, su ciò che oggi chiamiamo la coscenza ecologica. È un po’ una parentesi, ma in realtà va nella stessa direzione: la creazione è importante per Dio e questo significa che ciò che chiamiamo religione non concerne soltanto il nostro destino dopo la morte, ma piuttosto ed anche ciò che facciamo nella nostra vita e con la nostra vita.

Gesù dunque ci rivela, ci mostra, chi è Dio DA SEMPRE. E ci mostra anche il rimettersi in marcia del piano della creazione, il rimettersi in marcia della relazione fra Dio e l’umanità, che riprende forza, questa relazione, esce da uno stato di incoscenza, grazie al fatto che tutti coloro che riconoscono questa azione di Dio in Gesù Cristo, tutti coloro che riconoscono questa presenza, diventano figli di Dio, vale a dire, ridiventano attori coscienti del progetto iniziale di Dio di essere con gli uomini, e, come Gesù (il Figlio per eccellenza) diventano suoi figli, vale a dire, diventano coloro che trasmettono l’immagine di loro padre, il braccio, la presenza attiva di Dio nella creazione per poter indicare verso di lui, esattamente come fece Gesù.

Purtroppo sappiamo per esperienza e perché lo stesso Giovanni ce lo dice, che questo ulteriore intervento di Dio nelle vicende umane non venne particolarmente apprezzato, né riconosciuto: Gesù fu respinto, accusato di bestemmia e di ribellione contro l’autorità legittima e ammazzato (potremmo anche dire, assassinato da una giuistizia corrotta, tolto di mezzo, come si faceva nelle dittature sudamericane, per esempio). A pensarci bene, visto in questa prospettiva, c’è qualcosa di ancora più tragico da considerare: la prima volta che la Divinità si manifesta di una forma così particolare fra gli uomini, ebbene, la prima volta che lo fa, la si vuole assolutamente far tacere e si elimina quest’individuo accusandolo di parlare ed agire contro l’ordine stabilito (Roma) e contro la vera religione. Già in tutto questo vi è più che abbondante materiale di riflessione. Già tutto questo ci dice quanto sia difficile per l’essere umano avere delle idee diciamo “corrette” su Dio e come queste idee siano facilmente fuorviate. E giustamente, poroprio per correggere tutto ciò, il Figlio di Dio si mostra e ci mostra, non solo attraverso la sua presenza, ma anche attraverso le circostanze della sua vita, ci mostra la vicinanza di Dio.

Attraverso questa cosa strana, incomprensibile, che è la Parola che si fa carne, si vede che Dio ci mostra la sua vicinanza per il fatto di venire a vivere tutte le nostre esperienze di vita, le più piacevoli e le più sgradevoli: possiamo solamente pensare a tutte le circostanze della vita di Gesù di Nazaret a partire dalla sua nascita, per rendercene conto. Ecco il senso di quelle parole di Isaia e di Matteo che in questi giorni abbiamo letto o sentito: il nome Emanuele, per Gesù, Dio fra noi. Ecco il senso di questa frase misteriosa “la Parola si è fatta carne”: Dio che “fisicamente” ci dice: “Io sono con voi”.

C’erano già state delle parole di Dio nel passato e non erano state prese troppo sul serio. Ecco allora che si passa dalle parole ai fatti per mostrare le stesse cose. Si tratta di Dio che progressivamente si manifesta nella storia, nel corso delle vicissitudini umane, mostrando progressivamente sempre di più. Giovanni lo commenterà dicendo ai vv. 16 e 17:

“la ricchezza della sua grazia si è riversata su di noi e tutti l’abbiamo ricevuta.
Poiché Dio ha dato la sua legge per mezzo di Mosè,
ma la sua grazia e la sua verità sono venute a noi per mezzo di Gesù, il Cristo”

Che cosa vuol dire tutto questo ? Che grazie a questa manifestazione di Dio, la più completa che potesse aversi, abbiamo ricevuto benedizione su benedizione, perché essa ci ha mostrato nei fatti, concretamente, chi è Dio: “la sua grazia e la sua verità sono venute a noi per mezzo di Gesù Cristo”. Per mezzo di Mosè ci era stata data la Legge, ci erano state mostrate certe regole per vivere in una società giusta e sana - diciamo che erano state date delle regole perché in quei tempi fosse possibile vivere in comunità – e questo riconoscendo Dio, onorandolo e avendo delle relazioni armoniose con il prossimo (questo più o meno era il proposito dei comandamenti), Ma, attraverso Gesù ci viene dato qualcosa di più che delle regole, poiché il viso di Dio ci viene mostrato, il velo viene tolto: la grazia e la veritá. La verità nel senso di VERACITÀ, LEALTÀ, SINCERITÀ, FEDELTÀ.

Ecco dunque ciò che Gesù ci ha mostrato, ciò che è venuto di nuovo a rivelarci: un Dio misericordioso e fedele, un Dio che non ha abbandonato la sua creazione, un Dio che non è contro l’umanità, ma che al contrario vuole ancora e costantemente ricordarle che da sempre sono inseparabilmente legati: il loro destino è comune e condiviso.

Nel momento in cui ci si apre a questa rivelazione, a questa riscoperta, ecco che si diventa dei figli di Dio perché si riscoprono le nostre origini, la nostra ragion d’essere, il contesto in cui siamo stati formati per vivere, e quindi diventiamo la continuazione della storia di Gesù, la continuazione di questa storia il cui inizio celebriamo e ricordiamo in questi giorni. È per questa ragione che la Chiesa è chiamata il Corpo di Cristo: noi possiamo continuare la sua presenza e la sua azione, attraverso le notre parole, i nostri gesti, le nostre azioni. Con queste parole chiudiamo l’anno, con il riassunto del senso si tutta questa storia alla quale è legata la nostra vita; e con questa stessa storia cominciamo, per continuarla, un nuovo anno. AMEN.

Domenica 28 Dicembre 2014. Chiesa evangelica Valdese di Firenze. Predicazione di Giancarlo Fantechi

 

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Ultimo aggiornamento: 31 Dicembre 2015
 ©Chiesa Evangelica Valdese di Firenze