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E il padrone lodò il fattore disonesto perché aveva agito con avvedutezza Luca 16,8
Letture: Amos 8:4-7, Timoteo 2, 1-7, Luca 16,1-13 Care sorelle e cari fratelli, Il brano del profeta Amos contiene un invettiva contro coloro o che vogliono «divorare il povero e distruggere gli umili del paese» perché assetati di ricchezze. Persone spregiudicate che per raggiungere i propri obiettivi non vanno tanto per il sottile: non rispettano ii tempi della natura (la luna nuova), non si attengono alla le legge sacra di Israele che prescrive di rispettare la pausa del sabato, anzi ne attendono con impazienza la fine, sono pronti a frodare usando bilance false, a comprare il povero e a ricattare l’indigente e persino a vendere «lo scarto del grano». Quelle frasi, queste immagini ci ricordano certamente, con qualche piccola attualizzazione, la nostra società come emerge dalle cronache dei giornali e dei notiziari e come tanto spesso ci raccontiamo anche a vicenda. Inganno, frode, sfruttamento, violazione delle leggi, approfittarsi dei più deboli, nessun rispetto per il creato sono tra le maggiori piaghe che affliggono anche il nostro tempo. E allora, secondo un atteggiamento in parte realistico e in parte rassegnato, potremmo concludere che non è cambiato niente, è sempre stato così, che tutto questo è insito nella natura umana, che non esiste possibilità di cambiamento. Il passo della I lettera di Paolo a Timoteo in qualche modo costituisce un po’ un contraltare alle accuse di Amos poiché è una specie di decalogo, un’esortazione al corretto modo di comportarsi con l’invito alla sobrietà, alla saggezza, all’assennatezza, alla pazienza e all’amore. Sinceramente, anche se è comprensibile nella società dell’epoca in cui la lettera è stata scritta, a quasi due millenni di distanza, non condivido il richiamo al comportamento delle donne specialmente quando Paolo le richiama ad «essere sottomesse ai loro mariti» dimenticandosi di affermare anche il viceversa. D’altra parte consentitemi di dire che evidentemente il nostro apostolo qualche problema di incompatibilità e incomprensione con le donne lo deve aver avuto, poiché questi suoi atteggiamenti sono ricorrenti, ma non trovano rispondenza nei Vangeli nei quali anzi frequentemente le donne sono le interlocutrici principali e le vere protagoniste di tante parabole e di tanti incontri e dialoghi con Gesù. Ma oggi non ci interessa questo aspetto, piuttosto la conclusione finale nella quale Paolo ci invita a mostrare nell’insegnamento ai giovani «dignità» e «integrità». Ecco in questo passaggio un segnale di speranza rivolta al futuro (i giovani). Dunque abbiamo un chiaro un quadro riferimento su come dobbiamo agire e su quale deve essere il nostro comportamento come credenti. Torniamo ora al passo di Luca 16 11 che dunque nella sua parte iniziale appare ancor più sconcertante. [1] Attenzione, Gesù non elogia il comportamento disonesto del fattore che probabilmente verrà licenziato dal padrone, anzi nella parabola la questione dell’onestà o disonestà del fattore resta in sospeso. L’uomo potrebbe essere stato effettivamente un ladro e approfittatore oppure la vittima di un’accusa ingiusta, di una calunnia da parte di alcuni detrattori invidiosi della sua posizione. Non è questo il tema portante della parabola, non sappiamo come effettivamente stessero le cose né se il padrone abbia licenziato veramente il fattore, l’argomento non interessa a Gesù. [2] Gesù loda la “avvedutezza” dell’uomo nell’aver trovato la soluzione al proprio imminente problema – come e di che vivrò dopo il probabile licenziamento ? – che consiste nel condonare – annullare una parte dei debiti contratti dai suoi debitori e così facendo nel trasformarli in crediti a proprio vantaggio per trovare ospitalità al momento della necessità e non ritrovarsi in miseria e senza un tetto. Se ci pensate bene il ragionamento è molto sottile perché si sta parlando di “beni”, olio e grano, che non sono nella disponibilità del fattore, lui ne è solo l’amministratore, quei beni sono del padrone, ma la maniera con la quale il fattore gestisce i debiti basati su tali beni, creandosi un credito per il futuro, risulta gradita al padrone che riconosce la capacità dell’amministratore nel trovare una soluzione, una via d’uscita per i suoi problemi. Tra l’altro, si potrebbe ulteriormente annotare, una soluzione che non reca danno ai soggetti più deboli di tutta la vicenda. Trovo una certa assonanza con la parabola di talenti nella quale i due servitori che hanno fatto fruttare il denaro affidatogli dal padrone prima della sua partenza vengono premiati, mentre quello che per paura ha sepolto il talento ricevuto viene duramente punito. In fondo costui non aveva fatto un danno, non aveva rubato, ma non aveva fatto fruttare il talento ricevuto, era rimasto inoperoso. Tradotto i altri termini: al Signore non piace che si resti passivi e apatici (detto alla toscana “che si resti con le mani in mano”), non gradisce l’atteggiamento rinunciatario, non ammette la disonestà ma non tollera neppure la mancanza di iniziativa, l’abulia, pretende da noi spirito di iniziativa e avvedutezza poiché ci ha dato intelletto e sensibilità. [3] Gesù distingue molto bene i “figlioli di questo secolo”, i non credenti, da i “figli della luce”, i suoi discepoli a cui la parabola è rivolta, e nei quali noi ci riconosciamo. Non dobbiamo confondere il piano dei beni materiali passeggeri a cui è rivolta l’attenzione dei non credenti e quello delle ricchezze spirituali durevoli a cui è rivolto lo sguardo dei credenti. Ma Gesù ci dice di prendere esempio dai primi, i secolarizzati, per usare anche noi come loro al meglio per il futuro i beni di cui disponiamo. Le “ricchezze ingiuste” non sono solo quelle ottenute disonestamente (come il fattore) ma anche i beni materiali che sono perituri poiché appartengono al mondo e i beni di cui l’uomo fa un uso egoistico, di cui abusa, di cui non è un saggio amministratore. In questa seconda categoria rientra il Creato che Dio ci ha affidato come suoi amministratori, una ricchezza che ormai da troppo tempo stiamo sprecando, sconvolgendo e depauperando pensando soltanto al nostro benessere immediato senza avvedutezza nei confronti delle future generazioni. Ci sono i macro-fenomeni come l’abbattimento incontrollato della foresta amazzonica per impiantare coltivazioni intensive, l’inquinamento dell’atmosfera generato dalle città e dalle aree industriali e quello degli oceani con gli idrocarburi e la plastica indistruttibile, senza dimenticare i disastri atomici come Chernobyl e Fukushima. Ma ci sono anche tanti fenomeni più circoscritti come in Italia l’abbandono dei boschi, la costruzione di case vicino ai fiumi, la cementificazione delle colline e dei torrenti, l’aver permesso che una parte consistente di una metropoli come Napoli sia stata edificata sulle pendici di un vulcano per non dimenticare che ci siamo dimenticati che larga parte del nostro territorio è posto sopra le faglie delle placche tettoniche africana ed europea che nel loro lento, ma inesorabile spostamento generano terremoti ad alta capacità distruttiva. Gesù conclude la parabola con una sequenza di nette distinzioni, come i maestri di una volta che sulla lavagna tracciavano una linea verticale per segnare da una parte i nomi dei buoni e dall’altra quello degli indisciplinati. Dunque, da un lato ci sono le cose minime e le ricchezze ingiuste, quelle materiali e periture, dall’altro lato le cose grandi e le ricchezze vere, lo Spirito, il Regno di Dio; da una parte i beni degli altri, del prossimo e dall’altra i nostri; da un lato c’è Mammona, il demone della ricchezza, la ricchezza umana divinizzata e dall’altra parte c’è Dio con la sua promessa di un Regno di prosperità e pace. Gesù afferma: «Se dunque non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà quelle vere?» Vorrei ora aggiungere un’ultima considerazione. E’ giusto e fondato tenere sempre presente la prospettiva escatologica dell’avvento del Regno di Dio in cui il male e la morte saranno definitivamente vinti. Ma interpretare quanto abbiamo ascoltato e su cui abbiamo riflettuto solo secondo questa chiave di lettura, proiettando tutto nella speranza della salvezza futura, mi sembra troppo riduttivo. Valdo Pasqui, Chiesa Valdese di Firenze, Domenica 18 Settembre 2016
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![]() Ultimo aggiornamento: 24 Settembre 2016 ©Chiesa Evangelica Valdese di Firenze |