Diaspora evangelica

Mensile di collegamento

informazione ed edificazione

Anno XLIV – numero 3 – marzo 2011

 

Fratelli d’Italia

Goffredo Mameli (1827-1849)*

 

 

 

Uniamoci, amiamoci,

l'Unione, e l'amore

Rivelano ai Popoli

Le vie del Signore;

Giuriamo far libero

Il suolo natìo:

Uniti per Dio

Chi vincer ci può?

Stringiamci a coorte

Siam pronti alla morte

L'Italia chiamò.

 

 

*1861 -2011: 150 anni dell’Unità d’Italia

 

 

In questo fascicolo:

·                        Meditazione biblica di Pasquale Iacobino

·                        Il naso tra i libri di Sara Rivedi Pasqui

·                        Dossier: volontariato nelle carceri

·                        Dalle opere e dalle chiese evangeliche fiorentine

·                        Ecumenicamente(s)corretto di R. D. Papini

 

Editoriale

 

Il 17 marzo festeggeremo i 150 anni dell’Unità d’Italia. Per noi protestanti ed evangelici questa ricorrenza assume un significato particolare. Da un secolo e mezzo possiamo confessare liberamente la nostra fede. “Liberi di aver fede”, questo motto ha animato la settimana della libertà, dal 13 al 20 febbraio, promossa dalle chiese Battista, Metodista, Valdese e dei Fratelli. La densa e profonda predicazione di Paolo Ricca ha aperto questi otto giorni di volantinaggi, concerti e animazioni che ha avuto come suo centro la Chiesa Metodista di via De’ Benci e la mostra allestita con il materiale preparato dal Centro culturale valdese di Torre Pellice e dalla Chiesa dei Fratelli. La vivace e stimolante predicazione di Guido Moretti nel tempio valdese e l’agape comunitaria in via Manzoni hanno concluso quest’esperienza che ha visto la collaborazione di una dozzina di volontari e il coinvolgimento di 218 visitatori.

Il tema della libertà è strettamente legato all’argomento delle carceri e al piccolo dossier d’impegno che pubblichiamo su questo numero di DIASPORA EVANGELICA. Si tratta di due esperienze diverse, per certi versi complementari, entrambe legate tuttavia da un comune desiderio di mettere in pratica il comandamento “ama il tuo prossimo come te stesso”.

Alla fine avvertiamo i nostri lettori che questo fascicolo non contiene il solito inserto giallo. I principali appuntament sono segnalati sulle pagine dedicate all’attività delle chiese e delle opere evangeliche a Firenze.

(p.g.)

 

 

Siamo attesi? (Luca 17,20-21)

Pasquale Iacobino

 

«Mi chiamo Karim. Ho dodici anni. Vengo dall’Afganistan. A casa non ho più nessuno, i miei sono morti in guerra. Sono arrivato in Italia a bordo di un camion partito dalla Grecia... Voglio andare in Inghilterra, a Londra. Nessuno mi aspetta. Mi arrangerò. Mi hanno detto che lì ci sono tante altre persone dal mio Paese».[1] Karim è stato fermato a bordo di un treno sulla linea Torino-Imperia, aveva il biglietto e 6 euro. La polizia ferroviaria, molto premurosamente, lo ha tranquillizzato. Poi con l’aiuto degli assistenti sociali Karim è stato affidato ad una comunità educativa, in quanto “minore non accompagnato”. E’ stato iscritto a scuola e il suo futuro potrebbe essere proprio qui in Italia. Tutto sommato è una storia con uno sviluppo positivo: il bambino smarritosi nella più radicale delle solitudini ha trovato accoglienza e una minima chance di futuro.

Quello che mi ha colpito della storia di Karim, non è solo il suo partire solitario – e già questa è un’immagine dura (canta Fossanti: “difficile non è partire contro il vento, casomai senza un saluto”) – ma sono proprio le sue parole sul'arrivo: “Nessuno mi aspetta”, dice Karim.

Una possibile domanda sul Regno di Dio sarebbe proprio questa: noi siamo attesi?

Siamo attesi?E’ una domanda la cui risposta riguarda il nostro futuro, ma dice molto circa il nostro presente.

Se a questa domanda rispondiamo di no allora è l’immagine della nostra stessa vita che ne esce impoverita. Credere di non essere attesi implica un'esistenza incurvata su se stessa, chiusa, esistenza in crisi di significato e senso, “Legno storto”[2]: prigionieri e innamorati di noi stessi, senza una visione di orizzonte. Credere di non essere attesi significa una vita povera di relazioni con gli altri e con il mondo, deprivata di fluidi vitali, resa sterile dall’eterno presente del sempre uguale, incapace di esprimersi in una feconda e creativa apertura verso i nuovi inizi: “destinato alla gioia l’uomo si nutre di noia”. Karim non era atteso da nessuno, ma un orizzonte almeno lo aveva e questo orizzonte, l’Inghilterra, lo ha messo in moto. Se ritenessimo di non essere attesi e non avessimo alcun orizzonte saremmo già perduti. Non possiamo non essere attesi, saremmo in una condizione di perdizione. Con i versi del poeta Eliot: «Dov’è la vita che abbiamo persa vivendo?»[3].

Siamo attesi? E’ una domanda la cui risposta riguarda il mondo, ma dice molto della chiesa.

Se riteniamo che non ci siano attese nei nostri confronti ci assumiamo una grave responsabilità verso il mondo, anzi uso una parola più biblica: verso “la creazione” intera. L’apostolo Paolo mette in intima relazione le attese della creazione con le nostre: “tutta la creazione geme ed è in travaglio; non solo essa, ma anche noi..gemiamo dentro di noi” (Romani 8,22-23). Sì anche il mondo, la creazione, ha delle attese nei nostri confronti: “attende con impazienza la manifestazione dei figli di Dio” (Romani 8,19). Qui siamo, proprio come popolo di Dio, come chiesa, sotto doppio giudizio: siamo chiamati a rispondere della salvaguardia della creazione di fronte a Dio, e siamo chiamati a rendere conto della nostra speranza di fronte al mondo (1 Pietro 3,15).

Se ritenessimo di non essere attesi saremmo dunque in una condizione di perdizione di fronte al mondo e di fronte a Dio e di nuovo ci sarebbe da chiedersi «Dov’è la vita che abbiamo persa vivendo?»

Siamo attesi? E’ una domanda la cui risposta ci dice di Cristo, ma rivela una profonda verità su noi stessi. La risposta a questa domanda ha a che fare con la realtà misteriosa del Regno di Dio. Il vangelo secondo Luca ci dà una traccia da seguire: la persona stessa di Gesù. Durante tutta la narrazione del vangelo Gesù annunzia il Regno di Dio. E’ un annuncio capace di iniettare nel mondo una straordinaria forza vitale. Ricordate la sua prima uscita pubblica a Nazareth: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato ad annunziare la liberazione ai prigionieri e ai ciechi il recupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi e a predicare l’anno accettevole del Signore” (Luca 4,18 e ss). Subito dopo queste parole tenteranno di ucciderlo. Gesù cammina e camminerà verso Gerusalemme. Contro le avversità, le resistenze, le contestazioni[4], seminerà vita, dignità, speranza, a favore dei disprezzati, dei diseredati, degli afflitti. Con la poesia delle parabole parlerà loro del Regno di Dio come del seme piccolo e nascosto nella terra che morendo darà nuova vita e diventerà albero, di figli perduti e ritrovati, di un padre misericordioso, di bambini e di tesori nascosti.

Dunque Gesù annuncia il Regno di Dio ma ad certo punto del racconto di Luca una voce gli dirà “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno!”. E questo accade sulla croce: è uno dei due malfattori che parla (Luca 23,42). Sulla croce si completa l'identificazione del Regno di Dio con Gesù stesso: è lui il regno di Dio in persona! Questo è importante da tener presente: il segno del Regno di Dio è Cristo stesso. E' la croce il nostro criterio di lettura del segno dei tempi (Lutero: “la croce è la nostra sola teologia!”) e quindi il Regno non si riconosce da segni osservabili: Segni astronomici, catastrofi imminenti? Li lasciamo agli apocalittici che, di fatto, odiano la vita e ogni ipotesi di futuro;

Segni di una Chiesa maestosa, potente o semplicemente benpensante? Li lasciamo ai sepolcri imbiancati! Sepolcri imbiancati di cui è pieno il nostro Paese: gli stessi soggetti che in questo nostro tempo difendono il crocifisso di gesso sono gli stessi soggetti che, per legge, crocifiggono poveri cristi in carne ed ossa che vengono nel nostro Paese a chiedere dignità.

Segni della prosperità nella propria vita? Li lasciamo ai superstiziosi...

Il segno del Regno di Dio che viene è la croce e la resurrezione di Gesù, il Cristo: la croce è il segno dell'abbandono di Dio ma anche del suo donarsi in Cristo all'umanità; la croce è il luogo in cui Gesù diventa figlio perduto e abbandonato, fratello nella sofferenza di tutti i perduti e gli abbandonati; la croce è il luogo dove il Padre soffre la morte del Figlio facendosi Dio e Padre di tutti i perduti e abbandonati di questa terra, solidale nella sofferenza a tutti i padri e alle madri che soffrono la morte dei propri figli. Gesù ucciso in croce verrà risuscitato da Dio, al fine di stappare noi “al presente malvagio secolo” (Galati 1,5) e dunque la sua risurrezione vuol dire che la Vita contraddice la morte e il suo nero potere su di noi, anzi che c'è un “di più” di vita nella storia del mondo, che lo Spirito della Vita vivifica coloro che sono sottoposti alla mortificazione, che gli umiliati saranno rialzati e rimessi in posizione eretta: non Legno storto, ma diritti nella luce dell'alba del nuovo giorno! Se croce e resurrezione sono il segno del Regno di Dio veniente, questo non può essere nulla di meno che nuova creazione,[5]  nuova creazione già inaugurata con la resurrezione di Cristo.

Se guardiamo a questa promessa di un mondo nuovo, con gli occhi della speranza nella resurrezione della vita, non possiamo accettare il mondo così com'è, segnato dalla sofferenza, dall'abbandono e dall'irredenzione e dal suo asservimento alle potenze della morte; ma con le “energie del mondo futuro” (Ebrei 6,4) che ci vengono dallo Spirito della Vita, saremo spinti a prenderci cura della terra, a vivere nella pace di Dio con inquietudine insieme con quelli che non hanno pace, a patire nell'amore per la giustizia insieme a quelli che soffrono a motivo dell'ingiustizia, nella brama intensa della Giustizia di Dio.

La nostra confessione di fede dei battisti italiani si chiude con un articolo bellissimo sulla speranza cristiana:

Il Signore Gesù Cristo, secondo la sua promessa, tornerà a raccogliere la sua Chiesa, a giudicare il mondo, a sconfiggere la morte mediante la risurrezione e a stabilire il suo Regno. Nuovi cieli e nuova terra aspettano i redenti. Maràn-atà (vieni, Signore!)

Nuovi cieli e nuova terra ci attendono: siamo attesi da Dio che vuol essere tutto in tutti (1Corinzi 15,28), vuole abitare e regnare con pienezza nel suo creato e da esso lasciarsi abitare, e allora ogni lacrima sarà asciugata, e la morte non ci sarà più né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate (Apocalisse 21,4).

 

[1]        “Bimbo afgano fermato su un treno aveva sei euro: vado in Inghilterra”, in La Repubblica, 14 ottobre 2009

[2]        J. Moltmann, La chiesa nella forza dello spirito, Queriniana, Brescia 1976, p.260: “L’uomo chiuso in se stesso – homo incurvatus in se – non ha alcun futuro né vuole alcun cambiamento. Rimane rattrappito, innamorato e prigioniero di se stesso.” Vedi anche H.Gollwitzer, Legno storto, procedere eretti, Marietti 1985.

[3]        T.S.Eliot, The Rock

[4]        J.Moltmann, La via di Gesù Cristo, Queriniana, Brescia 1991, p.118: la signoria del Regno, fin dall’inizio, è una signoria «nascosta nel dissidio».

[5]           J.Moltmann, Teologia della Speranza, Queriniana, Brescia 1981, p.221-229

 

 

Il naso tra i libri

Sara Rivedi Pasqui

 

Ivone Gebara, nata in Brasile nel 1944, è una suora appartenente all’ordine monastico di Nostra Signora, ma anche una teologa il cui pensiero si sviluppa nella prospettiva dell’ecofemminismo coniugato con la teologia della liberazione. E’ autrice di varie opere con le quali definisce il suo concetto teologico ed il suo impegno per il riscatto femminile. Dei suoi numerosi saggi alcuni sono stati tradotti in italiano e pubblicati dalla casa editrice Cittadella come Noi figlie di Eva.Potere e non potere delle donne. (1995) e Maria madre di Dio e madre dei poveri (1989). Fino dagli anni ’80 Ivone Gebara si è battuta per costituire una corrente femminista della teologia della liberazione aperta al confronto ed al dialogo senza provocare fratture all’interno del Cristianesimo ed infatti collaboreranno alla nascita di questo movimento anche i luterani e i metodisti. Tuttavia la teologa incontrerà forti resistenze sia da parte dei rappresentanti maschili della Teologia della liberazione, sia dei partiti di sinistra e così deciderà di rendere autonomo il percorso della teologia femminista il cui pensiero si articola su due temi fondamentali: le condizioni delle donne che vivono emarginate e le violenze fisiche e psicologiche di cui sono vittime. La studiosa ha trascorso la sua vita quasi sempre a San Paolo del Brasile dove si è dedicata ad un’opera di sostegno nelle favelas e contestualmente ha potuto elaborare una forma di eco femminismo sociale che si concilia con la Teologia della liberazione e si coniuga con l’ecologia olistica. Dunque ha promosso un ecofemminismo urbano modellato proprio dalle esperienze vissute a contatto con le donne delle baraccopoli il cui lavoro quotidiano è la raccolta dei rifiuti dalla quale ricavano quel tanto per la sopravvivenza delle loro famiglie, esse non dispongono di acqua potabile, sono esposte ad ogni tipo di infezione per il lavoro esercitato e per l’assenza di una rete fognaria, non fruiscono di alcun tipo di assistenza sociale e sanitaria. La teologa, presa coscienza della vita disumana e disumanizzante di queste donne, dichiara la necessità di una maggiore tolleranza da parte della chiesa cattolica verso la scelta dell’aborto (extrema ratio di queste donne per ridurre il numero delle gravidanze) richiamandosi proprio al loro vissuto quotidiano fatto di miseria, rinunce, malattie, denutrizione, abusi sessuali. La gerarchia cattolica, costituita esclusivamente da uomini celibi, sollecitamente dà ordine alla Congregazione per la Dottrina della Fede di revisionare gli scritti teologici di Ivone Gebara, di “silenziarla” per un periodo di tre anni ed infine di trasferirla in Francia dove trascorrerà due anni per “la rieducazione teologica”. Rientrata in Brasile, Ivone riprende il suo impegno in favore dell’ecofemminismo. Suo è il programma teologico chiamato Giardino condiviso e costituito da tre incontri in tre città diverse (Santiago, Washington, Recife) che hanno come argomento i temi cari alla teologa, cioè le donne viste come soggetti oppressi, lo studio dei testi biblici nell’ottica femminile, la costituzione dell’ecofemminismo latino-americano. Il pensiero teologico di Ivone Gebara è assai critico riguardo alla cultura cristiana decisamente antropocentrica, non colloca l’essere umano al centro dell’universo, ma lo vede come una parte di questo in stretta relazione con tutti gli altri corpi viventi. Inoltre afferma l’urgenza di modificare l’immaginario cristiano poiché la visione maschilista e misogina della Bibbia penalizza le donne, proprio per questo essa elabora il concetto di Dio padre e madre ed evidenzia il volto materno di Dio facendo riferimento ad alcuni passi biblici in cui si parla del seno del Padre, della casa del Padre, della Sua infinita misericordia. Dichiara “…Dio Padre è un Dio che ha utero, che ha viscere materne, che è protettore della sua prole”, è dunque non solo Padre, ma anche Madre.

 

 

 

dossier: volontariato nelle carceri

Articolo 27 della Costituzione della Repubblica Italiana:

Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato e secondo l’art. 17 del regolamento penitenziario anche la società libera può partecipare a questo progetto.

"SE SOLO FOSSE COSI’ SEMPLICE se solo vi fossero persone cattive che insidiosamente commettono azioni cattive e fosse solo necessario separarle dal resto di noi e distruggerle ma la linea che divide il bene dal male passa tagliente attraverso il cuore di ogni essere umano in fondo è solo per il modo in cui sono andate le cose che gli altri sono stati assassini e noi non lo siamo stati."

 Aleksandr Solženicyn – Arcipelago Gulag

 

 

Gruppo carceri della chiesa valdese

Eva propato

 

Perché un “Gruppo carcere” della chiesa? In fondo ci sono tante realtà associative che si occupano di prigioni. Occuparsi di quella parte di società che sta ai margini più o meno dimenticata, lo sento come una forma di testimonianza e di solidarietà che deve fare una chiesa. Aprirsi alla realtà del carcere vuol dire cercare di dare voce a chi non ha voce.

Mi sembra importante farlo come chiesa, anche se si collabora in rete con le istituzioni e le associazioni. La collaborazione con altri è importante per non disperdere energia nella ricerca dei reali bisogni ai quali si vuole rispondere. Ecco perché abbiamo dato vita a un Gruppo carcere.

Vorrei fornirvi, brevemente, alcuni dati sull’attuale situazione carceraria, in modo da inquadrare il problema: più del 50% dei detenuti di Sollicciano è composto da stranieri, il 90% dei quali è indigente e senza una famiglia che li possa sostenere.

E’ impressionante la realtà della cosiddetta “detenzione sociale” che interessa i due terzi della popolazione detenuta: tossicodipendenti, immigrati, persone in situazione di criticità psichiche o sociali. Scrive Sandro Margara, già presidente del Tribunale di sorveglianza: “Invece di utilizzare il carcere come estrema ratio, lo si è usato come strumento sostitutivo di risposte sociali che non si era in grado di dare o non si volevano dare.”

Ed a proposito del sovraffollamento ricordo le parole del procuratore generale, Beniamino Deidda:

Quando in carcere si affollano quasi il doppio delle persone che vi dovrebbero stare, la pena diventa fatalmente disumana e degradante, in palese contrasto con l’articolo 27 della Costituzione, e non tende affatto alla rieducazione del condannato perché non si può rieducare stipati in uno spazio così stretto da essere esso stesso un supplizio”.

Certo, è una situazione molto difficile, ma cerchiamo comunque di fare qualcosa di concreto. Così, come “Gruppo Carcere della Chiesa valdese” partecipiamo, insieme ad altre associazioni al “Progetto Giobbe” promosso dall’Associazione volontariato penitenziario. La raccolta di vestiti e prodotti per l’igiene personale (tutto l’anno) è un primo intervento come risposta all’indigenza di una grande parte della popolazione carceraria. Per questo progetto c’è bisogno di volontari che possono dare una mano fuori e dentro il carcere.

Stiamo lavorando anche a unProgetto Empoli”. La casa circondariale femminile alle porte di Empoli si è riaperta in agosto 2010. E’ un carcere piccolo con circa 20 detenute definitive che possono arrivare fino a 30. In questa realtà possiamo pensare a progetti di recupero delle persone.

Ci siamo messi in contatto con la direttrice e prima di Natale, con una donazione, abbiamo potuto portare una cucina elettrica per permettere alle persone di prepararsi qualcosa di caldo oppure qualche dolce nel forno. Ci siamo incontrati insieme alla direttrice anche con due giovani educatrici per programmare delle attività femminili come lavori di cucito, all’uncinetto o di ceramica che in un secondo momento potranno anche essere venduti fuori. Mentre si fanno queste attività si conoscono le persone, si creano delle relazioni che aiutano a ridare dignità forse perduta. La direttrice afferma che c’è sempre più bisogno del volontariato all’interno del carcere e fuori, anche per sostenere le donne che possono uscire in permesso o in misura alternativa.

Noi, come chiesa e comunità possiamo contribuire alla costruzione di un carcere come uno si immagina che dovrebbe essere.

 

associazione “liberarsi” (lettera aperta)

giuliano capecchi

 

Da molti anni mi occupo del problema del carcere e dedico parte del mio tempo a fare volontariato in questo settore. Nel 2007 abbiamo creato un’associazione che si chiama Liberarsi e che si impegna soprattutto per l’abolizione dell’ergastolo e della tortura nelle carceri italiane. Per far questo ha un giornaletto dal titolo “Mai dire mai” (il riferimento è all’ergastolo. I detenuti ergastolani hanno scritto nei loro fogli: fine pena “mai”); ha un sito: www.informacarcere.it; ha un’ampia corrispondenza con detenuti e detenute di varie carceri; promuove o partecipa ad iniziative, convegni, dibattiti, ha una piccola casa editrice; organizza corsi di formazione.

Una delle nostre caratteristiche è quella di dare importanza ai detenuti, credere fortemente in una loro soggettività, è per questo che nel nostro consiglio direttivo su cinque membri due sono detenuti condannati all’ergastolo (uno di questi ora si trova nel carcere di Spoleto e l’altro nel carcere di Opera – Milano), è per questo che molti dei nostri soci attivi sono rinchiusi in carcere. Un’altra nostra (ma non solo nostra) ragione di esistere è il raccogliere le varie espressioni provenienti dalle carceri (lettere, poesie, scritti di analisi e riflessione, autobiografie … ) e il farle conoscere all’esterno delle mura che isolano le galere. E’ molto importante che si creino contatti con lettere, con incontri tra coloro che sono costretti a vivere periodi più o meno lunghi in prigione e noi persone esterne.

Abbiamo chiesto al concistoro della Chiesa Valdese fiorentina di poter avere una nostra sede operativa in via Manzoni, 21 e ci è stato accordato. Siamo al primo piano nella sala della biblioteca. Abbiamo un computer a disposizione e un mobiletto in cui tenere le nostre varie carte e le nostre pubblicazioni.

Ma in concreto cosa chiedo a tutte le persone che leggono questa mia lettera?

Il nostro impegno è superiore ai pochi volontari che siamo. Potete dare un aiuto a quello che con tanti limiti cerchiamo di portare avanti? C’è una vostra disponibilità a dedicare qualche ora a questo nostro tentativo di conoscere meglio il pianeta carcere e ad aprirsi con uno spirito di sorelle e fratelli verso questa umanità troppo spesso rimossa, troppo spesso costretta a vivere senza speranza?

 

Libreria “claudiana”

Sabato 19 marzo 2011 – ore 17:30 Quarta Conferenza del ciclo “Pensare la fede, dire la speranza -Anno II”sul tema: “Gesù e i cristianesimi perduti. I Vangeli apocrifi e la fede cristiana. Incontro con Eric Noffke Modera: past. Raffaele Volpe. In collaborazione con Centro Culturale Protestante “P.M.Vermigli”, Libreria Claudiana, Radio Voce della Speranza Firenze.

 

dalle chiese evangeliche di firenze

 

Chiesa evangelica BATTISTA

http://chbattistaborgognissanti.interfree.it

Le attività procedono regolarmente: il culto domenicale è alle ore 11:00. Alla stessa ora, la Scuola Domenicale. Lo Studio Biblico, a cura della pastora Lidia Giorgi della Chiesa di Livorno, è fissato per il Mercoledì alle ore 16,15 e alle 20,15. Venerdì sera alle 20.30 riunione di preghiera in Borgognissanti. Gruppi di lettura e preghiere nelle case proseguono come consuetudine. Il servizio di predicazione è curato dai predicatori locali (Magherini, Ottaviani, Iacobino) con il contributo una volta al mese della pastora Giorgi. Il Gruppo di servizio (Consiglio di chiesa + Anziani) continua a riunirsi periodicamente. Il Banco alimentare prosegue con la raccolta e distribuzione di beni di prima necessità. A Martedì alterni, ore 18:30, appuntamento con “Tempio silente”, per maggiori informazioni: Jacopo. Domenica 6 febbraio ha predicato il pastore Raffaele Volpe, presidente dell'Unione Battista: un'agape molto partecipata ha allietato la giornata trasformatasi in festa di saluto e di augurio per il mandato presidenziale! Dal 13 febbraio al 20 febbraio, adesione alle iniziative organizzate con la Chiesa Valdese, Metodista e dei Fratelli per la Settimana della Libertà: culti, mostra, volantinaggio, Concerto Gospel, Agape in Via Manzoni. Domenica 20 febbraio il Consiglio di Chiesa e Collegio degli Anziani a disposizione della comunità. Altre notizie a completamento di febbraio e marzo sul prossimo numero!

 

Chiesa evangelica metodista

Il culto domenicale in lingua italiana è celebrato alle 10.30. Ogni martedì dalle 19 alle 21 si celebra il culto in lingua inglese. Ogni giovedì mattina dalle 10, nei locali della chiesa si svolgono attività d’intrattenimento per bambini piccoli. Il numero di telefono della pastora Alison Walker è 055288143.

 

Chiesa evangelica valdese

www.firenzevaldese.chiesavaldese.org

 

Sabato pomeriggio in via Manzoni. Nel mese di marzo proseguiranno regolarmente alle 15.30 i nostri incontri di sabato pomeriggio. L’unica eccezione sarà sabato 19 marzo. Vi sarà una piccola novità legata a un progetto di seminari intensivi realizzato a Firenze dalla Facoltà valdese di teologia. Ecco il programma dettagliato per il mese di marzo.

 

·              5 marzo: Ecclesiologia reale ed ecclesiologia percepita

·              12 marzo: I cristiani credono ancora alla Trinità – tavola rotonda organizzata in collaborazione con la Facoltà Valdese di Teologia.

·              19 marzo: l’incontro in via Manzoni è sospeso. Chi lo desidera può partecipare dalle 15.30 al convegno “Etica con Dio, etica senza Dio” in Borgo Albizi 18, Palazzo Valori – Altoviti, detto “dei Visacci”. Tra i relatori del convegno, il rabbino Joseph Levi, l’imam Izzedin Elzir e il pastore Pawel Gajewski.

·              26 marzo: Religioni in dialogo – tavola rotonda organizzata in collaborazione con la Facoltà Valdese di Teologia.

 

Attività ordinarie. Gli incontri di scuola domenicale si tengono durante il culto dalle 10.30 alle 11.45. Il gruppo di pre-catechismo si incontra ogni giovedì alle 18 mentre il gruppo di catechismo si riunisce sempre il giovedì sera, a settimane alterne; nel mese di marzo: il 10, alle 19 con i catecumeni di Milano e il 24 alle 20.45.

Riunioni di zona. A Pistoia il prossimo incontro si terrà il 3 marzo, alle 20.30. A Sesto Fiorentino (e Firenze Nord) il nostro gruppo si riunirà martedì 8 marzo alle 21. A Empoli il culto domenicale si terrà il 20 marzo alle 16.30.

Ancora uno sguardo verso l’Eternità. Rinnoviamo le nostre condoglianze alle famiglie di Laura Miscia la cui serenità e dedizione alla chiesa abbiamo apprezzato molto in questi ultimi anni e di Margherita Rasidi Berti, che pur appartenendo alla Chiesa metodista ha frequentato ultimamente i nostri culti domenicali. Nel mese di febbraio ha terminato il suo cammino terrestre Benito Fiorineschi. Ringraziamo il fratello Renzo Ottaviani della Chiesa battista per la collaborazione al culto di commiato che si è tenuto nel cimitero agli Allori il 12 febbraio scorso.

 

Ecumenicamente (s)corretto

Roberto Davide Papini

 

La recente “performance” di un gruppo di pentecostali di utilizzare la metropolitana di Milano come luogo di evangelizzazione ha riaperto la vecchia e stucchevole polemica sulla presunta carenza evangelizzatrice della Chiesa valdese. A dimostrazione di quanto non vi sia nulla di più falso, ci siamo procurati un documento ancora riservatissimo decidendo di divulgarlo per respingere certe menzogne. Si tratta del piano straordinario di evangelizzazione che la Tavola valdese e il Corpo pastorale hanno elaborato congiuntamente in una serie di riunioni segrete.

La strategia prevede iniziative di massa di notevole impatto e momenti di annuncio dell’Evangelo a grandi moltitudini. Tra queste iniziative citiamo una conferenza in lingua occitana all’Accademia dei Lincei sul “Glorioso Rimpatrio”; un seminario all’Accademia della Crusca sulla lingua italiana nella Bibbia del Diodati; un concerto d’organo all’Accademia Chigiana con musiche rigorosamente seicentesche; una mostra (solo su inviti) nel Museo valdese di Torre Pellice dedicata alla figura di Giosuè Gianavello; un dibattito (in francese) con il grande chef Paul Bocuse nel suo ristorante l’Auberge du Pont de Collonges, nei pressi di Lione (ça va sans dire) dal titolo “Il ruolo della zuppa valdese nella costruzione del Regno di Dio"; una raccolta di firme per fare del “Giuro di Sibaud” l’inno nazionale italiano.

Insomma, una vera e propria strategia di evangelizzazione che punta al popolo, si rivolge davvero a tutti gli strati sociali. Tanto che è prevista una vera e propria invasione di torpedoni e auto private a Torre Pellice in occasione del Sinodo che, a fronte delle probabili richieste, sarà trasmesso in diretta tv in mondovisione. Altro che metropolitana... tzè...

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

Diaspora evangelica

Direttore ai sensi di legge: Gabriele De Cecco

 

Direzione, redazione:

Via Alessandro Manzoni, 21 – 50121 Firenze

Tel.: 0552477800

concistoro.fivaldese@chiesavaldese.org

www.firenzevaldese.chiesavaldese.org

 

 

In redazione: Pawel Gajewski, Roberto Davide Papini, Roberto Rossi, Alessandro Sansone

 

Reg. Tribunale di Firenze, 16 ottobre 1967, n. 1863

 

Ciclostilato in proprio – Diffusione gratuita

 

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