Predica
di Erri De Luca
Vivi da avventuroso come fanno i santi,
le cicogne,
Vivi da prosciugato come fa l’erba nella siccità,
S’accuccia sottoterra per risorgere
sotto l’acquazzone.
Vivi da polline sprecato un milione di volte
Ai marciapiedi, ai sassi e una sola per caso nell’ovario.
Vivi da disertore di una guerra,
Proclama i vinti non il vincitore,
Brinda all’insurrezione dei bersagli.
Prendi a braccetto sorellina morte
Che già t’avrà cercato qualche volta
Dì che l’inviti al cinema, che danno la tua vita,
Seduta alla tua destra, dille di prepararsi
Che passerai tu a prenderla a quell’ora.
(da: Solo andata, Feltrinelli 2005 p.86)
Marco 11,12-23
“Non era il tempo dei fichi…”
di Fabio Traversari
Da molto tempo cercavo di trovare una interpretazione possibile per questo passo evangelico non riuscendo a capire il motivo per cui il Signore Gesù avesse maledetto un povero fico che non portava frutti in una stagione che non era quella dei fichi.
Una sera ascoltando una conferenza di un mio amico cattolico, il biblista fr. Alberto Maggi, direttore del Centro di studi biblici G. Vannucci di Montefano (Mc) ho avuto da lui un suggerimento per comprendere il significato di un gesto che mi sembrava assurdo, un gesto un po’ folle compiuto da Gesù contro un povero fico che non aveva frutti in una stagione che non era quella dei fichi. Il mio amico biblista suggeriva di fare attenzione alla struttura narrativa del brano evangelico che è infatti costruito come un trittico.
Ma che cos’è un trittico? In arte, ad esempio, per trittico si intende un dipinto costituito da una tavola centrale e due sportelli laterali. Gli sportelli acquistano il loro significato da ciò che è raffigurato nella tavola centrale. Possiamo in qualche modo applicare alla narrazione della maledizione del fico sterile e l’irruzione di Gesù al tempio di Gerusalemme ciò che è valido per un trittico nelle arti figurative!
Il brano della maledizione del fico sterile possiamo dire che occupa i due sportelli laterali del trittico ed acquista un suo senso alla luce della tavola centrale dove abbiamo l’irruzione di Gesù nel tempio di Gerusalemme.
Analizziamo il nostro trittico, prima le due tavole laterali, poi quella centrale. Infine da quella centrale torniamo alle due tavole laterali per capirne il senso.Nella prima tavola laterale abbiamo Gesù che maledice un fico attraente esteriormente, ma che non porta frutti.
Gesù si avvicina per cercare un frutto, ma non vi trova che foglie. Ma qual è il motivo per cui non ha frutti? Non era il tempo dei fichi. Gesù maledice il povero fico dicendo: “nessuno mangi mai più frutto da te!(Mc.11,14). I discepoli udirono la maledizione di Gesù verso il fico sterile.
Dall’altro lato del trittico, sull’altra tavola laterale, cronologicamente siamo il mattino seguente, il fico è seccato fin dalle radici.
Abbiamo Gesù e i discepoli che passando videro il fico seccato. Pietro ricordatosi della maledizione fa osservare l’accaduto al Maestro. Gesù esorta ad avere fede, ma una fede che sia capace di dire ad un monte di togliersi dal luogo dove si trova e gettarsi nel mare ( altro che maledire un povero fico!)
Ed al centro del trittico? Nella tavola centrale che comunica il significato abbiamo l’irruzione di Gesù al tempio di Gerusalemme, comunemente conosciuta come la cacciata dei mercanti dal tempio.
Gesù però non caccia solo i venditori, caccia sia coloro che vendevano che compravano e rovescia le tavole dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombi ed infine non permetteva a nessuno di portare oggetti attraverso il tempio ( molto probabilmente ciò che serviva per il culto).
Con questo gesto Gesù tende a sovvertire il culto del tempio ed a questi gesti clamorosi, Gesù accompagna parole durissime di invettiva contro quello che era diventato il tempio e l’istituzione religiosa!
Gesù non vuole purificare il tempio, in qualche modo egli ne annuncia l’assoluta inattualità, inutilità e perversità. Privando il tempio dell’offerte necessarie colpisce alla sorgente la sua vitalità.
Il luogo santo per eccellenza che doveva essere la casa di preghiera per tutti i popoli è diventato un covo di ladroni espressione che Gesù riprende dal profeta Geremia.:”L’avete preso per una spelonca di ladri questo tempio che porta il mio nome?” (Ger.7,11).
Questi gesti e queste parole di Gesù provocano reazioni da parte dei capi dei sacerdoti e da parte degli scribi che cercavano di farlo morire.Avevano timore della sua predicazione perché la folla lo ammirava.
Le autorità religiose sono impaurite dalla invettiva di Gesù
contro il tempio e l’istituzione religiosa, hanno paura di perdere il loro potere, che nel nome della religione e di Dio si gestisce sempre molto bene.Hanno paura perché hanno trasformato il tempio, luogo santo per eccellenza in un covo di briganti, in una spelonca di ladroni.
A differenza dei briganti che nel covo si rifugiano o nascondono la loro refurtiva dopo essere usciti a depredare le loro vittime, le autorità religiose, non hanno alcun bisogno di uscire dal loro covo ( il tempio) per trovare delle vittime. La gente accorre al tempio credendo che per loro sia un bene essere spennati per la gloria di Dio e (la tasche dei sacerdoti).
Ora possiamo finalmente capire, spiegata la parte centrale del nostro trittico, le due tavole laterali. Nella prima tavola laterale il fico che con il suo splendore esteriore maschera la sua totale sterilità è il simbolo del tempio, della istituzione religiosa che con tutto il suo splendore di sacri palazzi, sacri cerimonie, sacri paramenti, sacro vasellame, nasconde l’assenza totale di Dio. In questo luogo dove tutto sembra troppo santo non c’è più posto per l’unico santo:Dio. Di Dio in verità non si sente molto la nostalgia, sostituito subito dal più pratico dio-profitto mammona.
Ricordate il motivo della sterilità del fico?Non era il tempo dei fichi! Uno dei termini greci con i quali si indica la parola italiana tempo è kairo.j, ed è lo stesso termine utilizzato dall’evangelista Marco all’inizio del suo vangelo in relazione al tempo dell’avvento del regno di Dio, ed è la prima parola pronunciata da Gesù nel vangelo.
Leggiamo infatti nel vangelo di Marco al capitolo 1 versetto 15: il tempo, - in greco kairo.j- è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete al vangelo.
Non è più il tempo in cui il fico può portare frutti, il tempo in cui l’istituzione religiosa può fare da mediatrice tra Dio e i credenti e le credenti. “Il tempo è compiuto” , la presenza di Gesù rende il regno di Dio vicino agli uomini e alle donne. Gesù rivolgendosi al fico dicendo: Nessuno mangi mai più frutti da te” ! (Mc.11,14), annuncia la fine della mediazione dell’istituzione religiosa, qualunque sia, fra Dio e l’umanità.
Nella seconda tavola laterale il fico è ormai secco fino alla radice, Gesù è infatti entrato nel tempio di Gerusalemme sovvertendone il culto; il fico che simboleggia l’istituzione religiosa è secco, e non potrà mai più rifiorire o portare frutti perché anche le radici sono secche.
Pietro ricordatosi dell’accaduto si rivolge a Gesù e Gesù rispondendo esorta ad avere fede, ma una fede capace di modificare la realtà. Gesù esorta ad avere fede perché questa è l’essenziale.
Nel tempio ciò che era importante era l’offerta a Dio, con la venuta di Gesù ciò che è importante è la fede in Dio. Il nostro passo evangelico ci dice che i discepoli udirono la maledizione di Gesù contro il fico sterile e il mattino seguente videro il fico seccato fin dalle radici.
E noi credenti di oggi, noi discepoli del terzo millennio?Udiamo la maledizione di Gesù per il fico sterile oppure ci lasciamo affascinare dall’esteriorità e dalla bellezza delle foglie del fico?
Riusciamo a vedere che l’esteriorità religiosa è secca fin dalle radici e non porterà frutti? La risposta in quanto protestanti ci sembra scontata, certamente è così, La Riforma, non ha forse cacciato i mercanti dal tempio come ha fatto Gesù a Gerusalemme?
L’interpretazione del biblista Alberto Maggi, che ho citato, era rivolta ad un pubblico, a maggioranza cattolico-romano e voleva sottolineare come molto spesso non era stata recepita la vicinanza del regno di Dio portata da Gesù di Nazaret e l’assenza dunque di mediazione fra Dio e l’umanità poiché Gesù è l’unico mediatore. Questo come protestanti ci fa molto piacere!
Esiste un aneddoto, un racconto sull’opera della Riforma che possiamo forse accostare al passo evangelico del fico sterile e della cacciata dei mercanti dal tempio.
Prima della Riforma le scritture erano incatenate e ben chiuse con un lucchetto. Le chiavi del lucchetto le avevano pochi teologi, pochi studiosi; era sempre necessaria la loro interpretazione perché non tutti potevano accedervi. La Riforma ha spezzato la catena ed il lucchetto che teneva imprigionata la Bibbia e la Parola di Dio è tornata libera. Tutti e tutte possono ora accedervi e ricevere personalmente il suo messaggio tornando a ciò che è essenziale. Secondo questo passo evangelico l’essenziale è la fede.
Gesù esorta: abbiate fede. Ma una fede che a differenza del fico sterile sappia fare frutti. Le parole della prima strofa dell’inno 252 dell’Innario Cristiano dicono: “Quando il Signor ritornerà del mondo con splendore un popol saldo troverà pien di fede e d‘amore?
La nostra speranza è che veramente il Signore possa trovare il suo popolo saldo nella fede e nella pratica della giustizia e della carità! Amen
( Questo testo è una versione riveduta e corretta del sermone tenuto dallo studente Fabio Traversari presso la Chiesa Valdese di Firenze durante il culto di domenica 17 Aprile scorsa)
La preghiera: elevazione spirituale e pacificazione dell'anima adorando Dio
di Silvia Al Hallak
(relazione tenuta all’incontro interreligioso di marzo)
La pace e la misericordia di Dio sia su di voi.
Lode a Dio il quale avvolge il suo creato con la misericordia e dona
ai cuori degli uomini la luce della fede e della speranza.
Stasera ho l'onore di parlare con voi di questo argomento che ritengo
importante, prezioso e profondo: la preghiera. Parlare di preghiera per
noi è
come parlare del principio e della base fondamentale della religione
islamica...
parlare della preghiera significa, in un certo senso, rispondere a
tutte le
domande che preoccupano la mente umana, domande riguardanti sia
la vita terrena che, successivamente, la vita eterna.
Il nostro Creatore, il Dio unico nel quale crediamo, è Colui che
ci ha donato
la vita, l'esistenza, e nel farlo ci ha anche tracciato un sentiero, un
tragitto
illuminato per raggiungerLo.
La preghiera, la meditazione, l'orazione e l'adorazione, sono il mezzo
che ci ha
indicato Dio per poter attraversare questo sentiero nel completo della
pacificazione dell'anima. Il credente, che è alla ricerca della
Luce Divina, è
caratterizzato dall'avere una piena consapevolezza e convinzione:
infatti egli
non ubbidisce alle leggi divine con spirito scettico ed indifferente,
ma con
accondiscendenza alle leggi definite dal Dio che ha deciso di seguire.
Nell'Islam la preghiera è il secondo dei 5 pilastri della fede, dunque un principio molto importante, ed ha due risvolti:
spirituale e sociale. Il risvolto spirituale
è rappresentato
dall'ingresso del fedele in una dimensione di trascendenza durante la
sua
preghiera: la vita terrena è lontanissima, mentre con la mente,
e con l'anima,
viaggia verso Dio. Dunque il fedele si ritrova in una situazione di
contatto
diretto con Dio, l'Unico, l'Altissimo. E' in questo contatto che il
fedele si
rende conto delle proprie azioni, chiede perdono al Giudice del Creato
e rinnova
la sua fede
nella consapevolezza che Dio è Onnisciente. Questa elevazione
spirituale è
richiesta 5 volte al giorno, in modo tale che il contatto con Dio non
si
affievolisca mai. Il risvolto sociale è strettamente legato al
lato spirituale
della preghiera: un fedele che prega cinque volte al giorno,
sforzandosi
quotidianamente di raggiungere Dio con l'anima e la mente, si ritrova
in una
situazione di continua armonia interna, armonia che si riversa
all'esterno, per
abbracciare il prossimo, il fratello, con uno spirito di sincera
consapevolezza
dell'appartenenza alla famiglia
umana.
Possiamo apprezzare il significato della preghiera dal punto di vista islamico partendo dal principio della fede stessa: la fede in Dio. La prima parola che Dio rivelò al Profeta Muhammad fu "IQRAA", che significa "leggi", "studia", "impara", "osserva"... quindi Dio ci esorta ad osservare, a studiare il Creato che ci circonda, in quanto in esso è racchiusa la prova più evidente dell'esistenza di Dio. La perfezione della Vita e l'armonia della materia, sono prove tangibili del fatto che a tutto vi è uno scopo, nella sua nascita, vita o morte.
Dio dice nel Sublime Corano: "In verità nella creazione dei Cieli e della Terra, nell'alternarsi della notte e del giorno, ci sono certamente dei segni per coloro che hanno intelletto. Coloro i quali in piedi, seduti o coricati su di un fianco ricordano Dio, e meditano sulla creazione dei Cieli e della Terra dicendo: Signore, non hai creato tutto questo invano!" (Sura 3 - versetto 190)
In questo versetto possiamo notare come Dio
congiunge due
concetti fondamentali: Innanzitutto l'uomo riconosce l'esistenza di Dio
tramite
la meditazione sul Creato. In secondo luogo l'uomo sceglie di seguire
questa
Verità, accondiscendendo
al volere di questo stesso Dio. Ecco dunque evidenziata l'essenza del
concetto
della preghiera. In fondo è tutto riconducibile alla stessa
definizione della
parola "musulmano": musulmano è colui che riconosce l'esistenza
di
Dio, crede nella sua presenza, ed accondiscende alle leggi che Dio
pone. Non
basta accettare passivamente l'esistenza di Dio, ma bisogna
necessariamente
trasformare questa consapevolezza in una forma attiva, in quanto
è lo stesso
Dio che ce lo chiede.
Nella Sura 73 - versetto 20 Dio dice:
"Assolvete l'orazione e la preghiera e fate la Zakat. Tutto il bene che
avrete compiuto, lo troverete presso Dio migliore e in maggiore
ricompensa,
richiedete il perdono di Dio. In verità è Perdonatore,
Misericordioso."
E nella Sura 2 - versetto 186:
"Quando i miei servi ti chiedono di Me, ebbene, Io sono vicino!
Rispondo
all'appello di chi Mi chiama quando mi invoca. Rispondano quindi al Mio
richiamo
e credano in Me, così che possano essere ben guidati."
Inoltre il Profeta Muhammad disse:
"Le cinque preghiere quotidiane sono come un fiume che passa davanti
alle
vostre case: se vi lavaste con questa acqua cinque volte al giorno
sareste
sempre puliti, e così sono le cinque preghiere, cancellano i
vostri peccati e
purificano le vostre anime".
Dato che l'uomo è fatto di corpo e di spirito, è dunque
dotato di un lato
terreno e di un lato spirituale, che si intrecciano nel complesso ciclo
della
vita. Questo è un concetto fondamentale per la comprensione del
significato
della preghiera per un musulmano, in quanto gli esseri umani devono
comunque
tentare di raggiungere l'equilibrio fra le due parti, per evitare che
una
sovrasti l'altra. Uno
dei tanti modi per raggiungere questo obiettivo è la preghiera. Con la preghiera nutriamo il nostro lato spirituale, purifichiamo la nostra anima e ci lasciamo avvolgere, almeno momentaneamente, dalla Luce Divina. L'uomo è istintivamente tentato di nutrire il proprio lato terreno, continuamente e senza limitazioni. La preghiera ci fornisce la forza di ritrovare noi stessi per poter affrontare le difficoltà della vita quotidiana.
La preghiera è dunque una questione di equilibrio tra i due lati
complementari
dell'uomo, ma essa è anche una questione di giustizia nei
confronti di Dio: in
quanto se accettiamo l'idea che è stato Lui a crearci, dobbiamo
anche
ringraziarLo per aver reso ciò possibile, e lo facciamo con la
preghiera e
l'adorazione.
Nel Sublime Corano nella Sura 14 troviamo scritto:
"Avrà successo chi sarà purificato, avrà ricordato
il Nome di Dio e
assolto all'orazione."
Quindi un fedele è sempre attento ad eseguire in tempo il rito
della preghiera,
sentendo il dovere di obbedienza verso Dio, e sentendo l'amore e la
gratitudine
per l'Altissimo. Il bisogno di obbedienza e di avvicinamento a Dio, per
consolidare il suo cuore e rafforzare la fede nell'Unico, il Creatore.
L'Imam
Al-Ghazali, uno studioso della Legge Islamica, disse: "Mostra il tuo
cuore al richiamo della preghiera. Se lo trovi pieno di
felicità, con forte
volontà, sappi che a te si presenterà la
Prosperità nel Giorno del
Giudizio."
La preghiera islamica comincia con l'abluzione, che è un atto
rituale per la
purificazione del corpo e dello spirito. L'abluzione consiste nel
lavaggio di
alcune parti del corpo, ed ha la funzione di preparare il fedele alla
preghiera,
in quanto questo lavaggio non è soltanto una questione igienica,
ma ha anche un
risvolto spirituale: è un rito che prepara il fedele che si
appresta ad
incontrare Dio, dunque si purifica, si lava simbolicamente mentre
chiede il
perdono per i suoi peccati, perchè soltanto con il rimorso di
averli commessi,
e l'intenzione di non commetterli più, possiamo usufruire della
Misericordia
Divina. Ad esempio il lavaggio della bocca non è semplicemente
una norma
igienica, ma simbolicamente significa la purificazione dai discorsi
inutili, dal
parlar male degli altri... e così anche per il lavaggio delle
mani, delle
orecchie, della fronte...Nella spiegazione dell'Imam Al-Ghazali
troviamo:"Quando purifichi la pelle del tuo corpo, stai attento a
purificare quello che è DENTRO di te, il tuo spirito, il tuo
cuore.Purificalo
bene e chiedi perdono a Dio e sentiti in colpa per aver commesso un
peccato.
Purifica la tua coscienza, là dove Dio guarda."
Dopo l'abluzione il fedele si ritrova immerso in una dimensione
trascendente da
quelli che sono i suoi problemi terreni. Si reca al posto della
preghiera ed è
pronto ad entrare con tutto il suo essere in contatto diretto con Dio,
senza
bisogno di interprete. Stà in piedi verso la Kaaba: il fatto di
rivolgersi
verso una direzione con tutto il corpo vale a dire coinvolgere il cuore
con
tutti i sensi
nell'adorazione di Dio. In quel momento non solo la sua anima, ma tutto
il suo
corpo è attivo nella preghiera. Comincia la preghiera con
l'intenzione di farla
per il compiacimento di Dio e sottomissione alla sua volontà,
per richiedere la
misericordia ed essere guidati sulla retta via.
Uno dei discepoli chiese al Profeta Muhammad: "Come si entra nella
preghiera?". Il Profeta rispose: "Sentirsi presente davanti a Dio,
come se fosse il Giorno del Giudizio, senza nessun interprete. Essere
consapevole che Dio ti guarda, ti osserva e ti ascolta mentre tu lo
invochi con
timore." In un'altra occasione, il Profeta disse:"Dio non accetta una
preghiera fatta con cuore e coscienza assenti." Dunque i fedeli possono
essere suddivisi in tre grandi categorie:
· coloro che recitano con la lingua, mentre il loro cuore
è assente;
coloro che recitano con la lingua, ed il loro cuore
è
presente, e sicuramente si trovano un grado più in alto rispetto
ai primi;
· coloro che i loro cuori e le loro menti arrivano al
significato della
recitazione prima ancora che la lingua interpreti le parole, e sono
questi fra i
più avvicinati a Dio.
Dunque pregare non significa semplicemente recitare un versetto o fare
dei
movimenti rituali: è un concetto che implica anche un processo
di ragionamento
e di comprensione del Verbo Divino.
La preghiera comincia dunque con la lode a Dio, il Clemente, il
Misericordioso:
lodare Dio significa ringraziarlo per ciò che ci ha dato e ci ha
concesso.
Ricordare che Dio è il Clemente, il Misericordioso, significa
avere sempre
presente la sua infinita misericordia, in modo che il fedele non perda
mai la
speranza di fronte alle difficoltà o ai peccati commessi.Quando
il fedele
raggiunge la piena consapevolezza che la Pietà e la Misericordia
derivano da
Dio Onnipotente, sa che deve rivolgersi a Lui, e sa di essere sotto la
Protezione Divina. Il fedele continua la preghiera dicendo: "Rivolgo me
stesso in condizioni di purezza e di sottomissione a Colui che
creò i cieli e
la terra, ed io non sono certo uno di coloro che associano a Dio altra
divinità. La mia preghiera, la mia orazione, la mia vita e la
mia morte
appartengono a Dio, Signore dei Mondi, Colui che non condivide la sua
divinità
con nessun altro."
Nel dire queste parole per 5 volte al giorno, il credente sa bene che
tutte le
sue azioni devono essere compiute per amore e compiacimento di
Dio.Infatti,
quando egli arriva a recitare la frase: "Il Re del Giorno del
Giudizio" deve avere ben presente dentro il suo cuore l'importanza di
quel
Giorno, che appartiene a Dio, e che egli sarà giudicato per quel
che ha fatto,
sia di bene che di male.
E quando arriva a dire: "O Signore, Te noi adoriamo e a Te chiediamo aiuto" gli ricorda che non solo il malato o il bisognoso o colui che si trova in difficoltà chiede aiuto, ma anche colui che si trova in buone condizioni di salute e di benessere, il giovane, il vecchio, la donna, l'uomo. Tutti quanti, in condizioni di perfetta parità ai cospetti dell'Onnipotente, chiedono di essere guidati sulla Retta Via, la via di coloro che Dio ha colmato di Grazia.
Durante la preghiera il fedele recita alcuni passi del Corano i quali,
oltre a
trasmettere un'intensa sensazione di pacificazione interiore, ricordano
all'essere umano la Legge Divina sulla terra, rammentandogli di
comportarsi
rettamente con se stesso, con gli altri esseri umani, e con la natura
che lo
circonda, in una completa armonia universale. Infatti tra i numerosi
Detti del
Profeta troviamo: "La preghiera è la Chiave del Paradiso".
La preghiera termina con il saluto al Profeta Muhammad ed alla sua
famiglia, il
saluto al Profeta Abramo, alla sua famiglia e tutti i suoi discendenti,
e due
ultimi saluti, a destra e a sinistra, diretti verso gli angeli che
circondano i
fedeli durante la preghiera, e i fedeli stessi che ci stanno a fianco.
Ora vediamo: Quali sono i frutti della preghiera? Perchè la preghiera?
1. Innanzitutto il rito della preghiera è una salvezza per
l'uomo dai peccati
di ogni giorno, ed un modo per allontanarsi dalle vie del male per
seguire la
retta via.
2. Inoltre la preghiera aiuta ad avere pazienza quando capita una
disgrazia o
succede qualcosa di grave nella vita:
Dal Sublime Corano vi riporto questo passaggio:
"Oh voi che credete! Rifugiatevi nella pazienza e nell'orazione. In
verità
Dio è con coloro che pazientano. Sicuramente vi metteremo alla
prova con paura,
fame e diminuzione di beni, di persone e di raccolti. Ebbene, dà
la buona
notizia a coloro che sono pazienti, coloro i quali, se colti da
disgrazia
dicono: Dio ci ha creato, e a Lui
ritorneremo."
3. Come terzo punto, fare la preghiera aiuta ad essere costanti nel
nostro
rapporto con Dio.
4. eseguire il rito della preghiera in tempi ben determinati regola la giornata del fedele, e gli insegna che il tempo è un bene prezioso, che va sfruttato nel modo migliore non soltanto a livello materiale. Chi è costante nel rito della preghiera impara a rispettare gli appuntamenti, a rispettare il dovere verso gli impegni di lavoro e nella vita.
5. La Preghiera del Venerdì, giorno di festa, è un
momento molto importante
per la Società, poiché i fedeli si scambiano saluti di
fratellanza, e viene
trattato un argomento che impegna tutta la Comunità.
6. fare il rito della preghiera insieme in una moschea è una
manifestazione di
uguaglianza fra la gente, in quanto il ricco sta accanto al povero, il
capo a
fianco del lavoratore, non vi è distinzione di colore né
di etnia né di
lingua, e tutti stanno allo stesso livello, tutti lodano Dio nello
stesso modo
ed allo stesso tempo.
7. la preghiera è una disciplina di comportamento e di
interazione umana in
quanto esorta i fedeli a congiungere la propria fratellanza nell'alto
della
dimensione spirituale, lontano da quelli che possono essere i conflitti
della
vita terrena.
8. la preghiera dà alla famiglia, e soprattutto ai giovani, la
serenità e la
sicurezza, e porta alla pacificazione dell'anima. Da essa i giovani,
tramite gli
insegnamenti riportati nel Corano, imparano ad instaurare un rapporto
di amore e
comprensione con i propri genitori. Ad esempio, nella Sura di Luqman,
Dio ci
descrive l'insegnamento di Luqman al figlio: "O figlio mio, assolvi
all'orazione, raccomanda le buone azioni e proibisci il male e sopporta
con
pazienza quello che ti succede: questo è il comportamento da
tenere in ogni
circostanza. Non essere sprezzante quando ti rivolgi agli altri e non
calpestare
la terra con arroganza: in verità Dio non ama il superbo."
9. Così come è rafforzato il rapporto con i figli, si
rafforza il rapporto con
il marito o la moglie. Il fedele recita questa invocazione
affinché Dio porti
equilibrio e serenità all'interno della famiglia: "Signore,
dacci conforto
nelle nostre spose e nei nostri figli e fai di noi una guida per i
timorati di
Dio. (Sura al Furqan aya 74).
10. Possiamo dire che sia l'invocazione che la preghiera sono uno
stacco, una
pausa dagli impegni materiali, per dare un tocco di rilassamento al
corpo e un
momento di serenità e riflessione per la mente.
Infine vi ricordo questo versetto 77 della Sura 22:
"O voi che credete, prosternatevi e adorate il vostro Signore, e fate
del
bene, sì che possiate prosperare".
ANIMAZIONE GERIATRICA
IL PRIMO PREMIO A FIRENZE
La Casa di Riposo fiorentina "Il Gignoro" vince il primo premio al
1°
Concorso Nazionale di Animazione Geriatrica "Rose d'Autunno".
organizzato dall'Associazione Culturale Delfi in collaborazione con
l'Associazione Nazionale Strutture Terza Età. Il concorso,
patrocinato dal
Comune di Roma, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,
dalla
Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall'UNESCO, è nato con
lo scopo di
avviare attività di ricerca e azioni concrete nel campo
dell'animazione
geriatrica, ed avrà cadenza annuale.
I premi vengono assegnati alle tre migliori attività di
animazione geriatrica
che, come dice il bando, "coinvolgono gli anziani 'a fare' ovvero quei
programmi capaci di trasformare quegli stati di disagio, tipici della
condizione
anziana, che se portati fuori possono trasformarsi in atti creativi e
diventare
una straordinaria occasione di crescita e di comunicazione". Quest'anno
hanno partecipato più di cento strutture.
Il Gignoro ha presentato al concorso la realizzazione di un film
diretto e
interpretato da operatori e anziani dal titolo "Una settimana gialla".
La storia contiene naturalmente il mistero di una sparizione,
l'indagine e la
soluzione dell'intricato caso. Per realizzarlo mesi di lavoro che hanno
consentito a tanti anziani di essere protagonisti, a tanti operatori di
mettersi
in gioco in un ruolo diverso dal solito. Domenica 29 allle ore 16,
alcuni
protagonisti saranno premiati con un oscar simbolico in occasione della
Festa
annuale di Primavera in via del Gignoro 40... tutti sono invitati.
Il Gignoro è un centro di servizi per anziani autosufficienti e
non
autosufficienti, con annesso centro diurno e servizi domiciliari. E'
Ente senza
fini di lucro, nato ad opera di alcune chiese protestanti fiorentine,
convenzionato con il Comune di Firenze e la ASL 10, accoglie anziani
indipendentemente dalle loro convinzioni religiose o di altro tipo.
Recentemente l'Istituto ha acquisito certificazione UNI ISO 9001.
ulteriori notizie:
sul Gignoro http://www.diaconiavaldese.org
sul Concorso http://www.anaste.com/rose.html
DOPOLAVORO TEOLOGICO
Anno 2005 – Terza Edizione
FESTA DI FINE ANNO
MISTERO BUFFO
di
DARIO FO
Mercoledì 15 giugno– ore 20:00
VIA MANZONI 21 - FIRENZE
Buffet e risate collettive per salutarci alla fine della III Edizione del “Dopolavoro Teologico”
L’INVITO E’ APERTO A TUTTI E TUTTE
ai partecipanti e non, ai curiosi, “ai macchinisti, ai ferrovieri, agli uomini di fatica”
Info: Libreria Claudiana tel. 055.28.28.96
Confessioni di fede
di Gian Luca Barbanotti
Care sorelle e cari fratelli in Cristo,
sono ormai diversi anni, oltre dieci, che frequento con una certa regolarità la Chiesa Valdese di Firenze e sono riconoscente al Signore per la fraternità, la comunione, l’esortazione e l’insegnamento che vi ho sempre trovato.
Cresciuto nell’ambiente delle Chiese dei Fratelli sono stato membro impegnato della Chiesa di Via della Vigna Vecchia per diversi anni.
...
Parallelamente alla mie vicende familiari, la lunga frequentazione con la diaconia valdese (Direttore dell’Istituto Gould, Direttore del Rifugio Re Carlo Alberto, collaboratore del Centro Diaconale La Noce, Responsabile Qualità della CSD, ecc.) mi ha consentito di condividere passioni, slanci, criticità, successi e sconfitte con molti fratelli e molte sorelle delle Chiese Valdesi e Metodiste in Italia.
Sento, quindi, che sia giunto il momento di assumermi la responsabilità di chiedere di poter appartenere anche formalmente a questa comunità e alle Chiese Valdesi in Italia.
Riconosco, per convinzione e per esperienza, che la Chiesa del Signore è sparsa in innumerevoli rivoli del cristianesimo e nelle relative comunità. Non credo però che una “chiesa valga l’altra”, penso di dover riconoscere come il Signore mi ha guidato nel percorso di fede e di come l’incrociarsi con altri fratelli e sorelle non sia stato casuale. La mia autobiografia spirituale si scrive all’interno delle relazioni fraterne nelle comunità in cui ho vissuto e la chiesa non si scegli come si sceglie un partito politico. Penso, quindi, che la mia adesione alla Chiesa Valdese significhi, per me, riconoscere che il Signore si è servito di questa comunità per parlarmi in questi anni.
Ci sono, evidentemente, però anche delle “ragioni” per le quali ritengo di poter argomentare la mia richiesta di adesione.
Non posso non dirmi va/dese perché la Chiesa Valdese è una chiesa che si richiama alla teologia della Riforma: la grazia di Dio, (quanta ne ho sperimentata), la fede (quanto poca!) e la centralità di Cristo, così difficile da vivere, sono dei punti fermi, che anche oggi, fagocitato dal magma del pensiero debole, rimangono punti cardinali ai quali guardare per non perdere la strada.
Non posso non dirmi valdese perché in Chiesa Valdese la Scrittura è centrale e questo aspetto è ritenuto talmente importante che sono consentite letture ed interpretazioni dei testi molto articolate, a volte contraddittorie, a volte condivisibili e a volte decisamente criticabili. Ma proprio questo atteggiamento davanti alla Parola, che cerchiamo di addomesticare continuamente, ma che sistematicamente si ribella e si scatena, crea lo spazio per la libertà e la responsabilità di ognuno, evitando letteralismi, fondamentalismi e strumentalizzazioni.
Non posso non dirmi va/dese perché la Chiesa Valdese ha scelto di essere democratica, di gestirsi per mezzo di una struttura di assemblee elette. Leggo in questo una consapevole rinuncia alla perfezione, una sobria accettazione dell’ “umanità” della chiesa: una chiesa che non pretende straordinarie manifestazioni dello Spirito Santo, ma che accetta che questo si manifesti e soffi “dove vuole e quando vuole”, chiamando i singoli membri della comunità ad assumersi delle responsabilità e a far fronte alle proprie piccolezze e alle tentazioni di potere, cercando ognuno con la luce che gli è stata data di farsi carico della responsabilità della conduzione della chiesa.
Non posso non dirmi valdese perché la Chiesa Valdese da voce all’altra metà del cielo. La Chiesa Valdese ha saputo ascoltare i profeti che Dio ha mandato nel nostro tempo, in realtà profetesse
spesso inconsapevoli di questo incarico, ed ha dato, ha cominciato a dare, alle donne uno spazio per la predicazione della Parola e nella gestione delle Chiese stesse. Le benedizioni che Dio ha riservato alla Chiesa con il riconoscimento di questo dono sono concretamente presenti davanti ai miei occhi.
Non posso non dirmi valdese perché la Chiesa Valdese è una chiesa di santi. Una chiesa di santi in vita, che non fanno miracoli, che non pensano di essere migliori degli altri, che non aspirano a distinguersi dal “mondo” per la loro bontà e per il loro impegno spirituale o la loro taratura morale; la Chiesa Valdese è una chiesa di santi che hanno riconosciuto, e riconoscono continuamente, di essere dei peccatori, mancanti, che sanno di aver avuto bisogno di essere perdonati e di averne bisogno continuamente di nuovo. Mi sento decisamente uno di questi santi.
Dovrei concludere indicando un impegno ad assumermi le mie responsabilità nei confronti della comunità. Non so se suona più come promessa o come minaccia, chi mi conosce lo sa, sono un tipo scomodo, molto critico, tendenzialmente moralista, presuntuoso e permaloso e quindi non esattamente l’ideale membro di chiesa che una comunità sogna di mettersi in casa! In ogni caso vorrei, se il Signore me ne darà l’occasione e la capacità, partecipando alla ricerca del senso della Parola per l’oggi, condividere il cammino con voi, fratelli e sorelle,
di Patrizia Barbanotti De Cecco
Care sorelle e cari fratelli,
nell'approdare ad una comunità provenendo da un altra c'è
un aspetto festoso
ed uno doloroso.
Sono assolutamente contraria ad una concezione della Chiesa come risposta ad un bisogno "di consumo" religioso quasi che si possa scegliere la comunità in base a criteri di funzionalità rispetto alle proprie esigenze/aspettative in campo religioso. A parer mio non si sceglie una comunità in base ad un punteggio: X per la simpatia delle persone, X per l'allegria dei culti, X per l'aderenza della predicazione ai propri gusti in fatto di pensiero sociale o teologia…
Questo non significa che una chiesa valga l'altra,
significa
piuttosto che la presenza e il lavoro in una determinata
comunità, secondo me,
hanno a che vedere con la propria vocazione.
Si possono non condividere alcune o molte scelte della propria
famiglia, ma
rimane una solidarietà, un amore, un interesse per la sua sorte
che non
dipendono certamente dalla presenza fisica... ritengo giusto e naturale
pertanto
che persista un legame con la comunità in cui sono cresciuta
spiritualmente e
penso che ciò non dipenda tanto da "scelte" quanto dalla mia
stessa
identità di "credente".
Se la vocazione non è un interruttore che si accende e si spegne una cesura c'è comunque stata. E' doloroso parlarne perchè ricorda un fallimento, il linguaggio biblico che condividiamo lo chiama peccato, infatti la chiesa dovrebbe essere proprio lo spazio dove si compongono le diversità e le divergenze nella comunione in Cristo.
A questo punto però, c'è la parte
gioiosa della vicenda.
La grazia del Signore apre sempre nuove vie ed è certamente
più importante dei
nostri limiti.
Ringrazio il Signore per questo: può continuare l'avventura di partecipare a costruire un pezzetto di Chiesa insieme ad altre
sorelle e altri fratelli.
Sono grata dell'accoglienza ricevuta dalla
comunità valdese
e del grande dono di avere dei compagni di strada con i quali
condividere un
percorso di fede, nell'impegnativo tentativo di essere corpo di
Cristo,
ovvero di dare corpo ai suoi insegnamenti e dare spazio allo
Spirito
costituendo il vero Tempio.
Assolutamente conscia di tutti i miei, e nostri limiti, ma altrettanto
certa che
la Parola di Dio non cade nel vuoto, non si disperde, ma porta frutto.
Non ostante ne sia appassionata non è il
blasone della
storia valdese l'aspetto che trovo più interessante: quella
storia mi
apparteneva già, come quella di Francesco di Assisi, e di tanti
altri che non
possono essere "rivendicati" da una parte, ma appartengono alla
Chiesa.Una delle cose più promettenti ed incoraggianti della
Chiesa Valdese,
dal mio punto di vista, è il senso che ha della sua crisi.
Trovo positiva la sua volontà di rimettersi in discussione a
tutto campo con
umiltà, davanti a Dio.
I momenti di pericolo, quando la paura lascia il
posto alla
fede, possono portarci a riflettere su ciò che è davvero
essenziale.
Riscoprendolo potremo proporlo anche agli altri con parole efficaci.
Sono certa che il nostro Padre ama questa Chiesa, ed è questa la
sua forza, e
non la abbandonerà.
Se sapremo ancorarci alla sua Parola, proprio questo momento di debolezza potrà diventare l'alba di una stagione ricca di benedizioni per noi e per tanti altri.
Il grande bagaglio di idee ed esperienze passate non sarà un orpello o una zavorra, ma potrà essere riutilizzato ed offrire stimoli nuovi, nuovi strumenti e nuovi linguaggi.
E' un compito da assumere molto seriamente e sono lieta di
intraprenderlo
insieme a voi, con l'aiuto di Dio.
Firenze, 9/5/05
Avevo sete
di Enrica Degli Innocenti
Avevo sete. Scesi alla fonte di Dio:
nel cavo delle mani non riconobbi il mio volto,
ma vidi me qual ero, totalmente nuovo.
Ripresi il cammino del mondo,
riconobbero il mio volto, ma nessuno vide me,
qual ero dentro, totalmente nuovo.
Fratello, osservami, il mio passato
non condizioni il tuo sguardo,
il colore della pelle è solo esterno,
ché in tutto siamo uguali.
Uguale è il colore dell’anima e del sangue
e l’infinito piccolo creato,
l’iter segnato dal disegno eterno,
l’avvicendarsi dei comuni dì
e poi la forza e la voce, queI prorompente anelito di vita,
il sentimento, il gemito, il dolore, la gioia.
La fame tua di nuovi spazi crescendo
è la stessa al mio cuore. Tu ami?
Amo anch ‘io. Se qualcuno ti ferisce
la tua ferita è simile alla mia.
...
il prezzo del riscatto uguale al tuo è
il mio diritto all’essere....
se per divin volere lo stesso sole illumina,
la stessa fonte ci disseta,
stessa è la terra ai passi nostri, uguali sono
gli orizzonti al mare.
E l’infinito cielo che tu vedi luminoso
al mattino anch ‘io lo vedo...
Il Padre Nostro a puntate
Venga il tuo Regno
di Elsa Woods
Che richiesta pericolosa! Riflettendo su quel Regno mi sono chiesta: “Ma sei onesta con te stessa Elsa, pronunciando queste parole?” Alcuni di voi sanno come negli ultimi anni sono diventata quasi ossessionata dal desiderio di sconfiggere l’ipocrisia in me stessa e quando la vedo a giro nel mondo cosiddetto cristiano. Vi spiego i miei pensieri che mi fanno tremare un po’ davanti a questa richiesta: Venga il tuo Regno!
Comincia tutto bene: il Regno di Dio è una bella cosa. Lì regna la giustizia, l’amore, la libertà e la gioia. Sì, anch’io voglio far parte di quel Regno! Il Regno di Dio è sempre al centro della predicazione di Gesù. Tantissime parabole lo illustrano. Imparo da lui che il Regno di Dio è di grandissimo valore, come una perla che vale più di ogni altra cosa.
Proprio all’inizio del ministero di Gesù c’è questa lotta di valorizzazione dei regni. “Facciamo uno scambio – gli suggerisce il diavolo – Tutti i regni di questo mondo (e non mentiva questa volta) contro un gesto di sottomissione alla mia sovranità”. Un buono scambio: tutti i regni contro quel Regno di Dio, quella cosa vaga detta anche “Regno dei cieli”, quel Regno che non si vede in ogni caso. “No – ha detto Gesù – il Regno del quale io sono l’Inviato, ha valore supremo, no e ancora no!”
Imparo da lui che il Regno di Dio è una cosa che si muove, a volte anche senza che noi ce ne accorgiamo, come la crescita di un albero. Non è statico.
Imparo da Gesù che nel Regno di Dio i valori di questo mondo sono radicalmente rovesciati, lui dice delle assurdità scandalose come: “i pubblicani (disonesti, venali) e le prostitute vanno davanti a voi nel Regno di Dio!” Poi dice: “Beati i poveri in ispirito, perché di loro è il regno dei cieli!” Assurdità ancora più grossa!
Imparo da Gesù che il Regno deve venire: “Venga il tuo Regno” è la richiesta che possa venire. E’ roba del futuro, prossimo o lontano che sia, ma poi mi insegna anche che il Regno è già vicino (Mc.11,15). Con la venuta di Cristo è già in mezzo a noi (Lc.17,21). E’ presente. Gesù credeva nel Regno vicino. E io devo non solo credere in Gesù, ma devo anche credere come Gesù.
Vedo che Gesù cercava di aprire gli occhi e gli orecchi di quelli che gli stavano intorno a cogliere i segni del Regno che era già in mezzo a loro. Lui dava segni forti e chiari di quel Regno. I segni erano principalmente guarigioni, guarigioni dai mali fisici, mali mentali e mali spirituali. E quanto abbiamo bisogno anche oggi di queste guarigioni! (Anche oggi ci sono i demoni in giro!)
Allora devo chiedermi: voglio io cogliere quei segni? Adesso, nella mia vita di oggi? Voglio veramente lasciar fare al mio Re, rovesciare i miei valori? Voglio veramente farmi governare dalla sua legge di amore che da tutto di sé? E peggio: voglio credere in un Re sulla croce? Quel Re ridicolizzato con quella corona di spine e quel mantello? Quel Re accusato falsamente? Voglio anch’io rischiare una croce piccola o grande che sia?
Sì, io desidero giustizia, amore, libertà, ma voglio anche seguire le orme di quel Re sulla croce? O cerco di più l’amore e la lode di altri esseri umani e forse sono più pronta ad obbedire alla legge del buon senso umano? In ultima analisi voglio io essere sovrana o voglio che lo sia lui?
Allora l’unica soluzione che ho trovato al mio problema di pregare sinceramente è di anteporre una piccola frase, una pre-preghiera: “Spirito di Dio, aiutami a dire questa frase senza ipocrisia!”
“Venga il tuo Regno
anche dentro di me!”
Il naso tra i libri
a cura di Sara Pasqui Rivedi
Théodor Monod, L’avventura umana
Bollati Boringhieri
2004, pp. 152, € 16
Théodor Monod (1902 – 2000) nasce da una famiglia protestante, il padre Wilfred era pastore e teologo, ma soprattutto uomo molto sensibile ad ogni forma di violenza, in particolare a quella rivolta verso gli animali ed infatti in uno dei suoi scritti denuncia la millenaria sofferenza del mondo animale causata dall’uomo. Il figlio, educato a questa scuola di amore e di rispetto verso ogni creatura vivente e verso il creato intero, durante tutta la sua lunga vita ha combattuto opponendosi allo scempio della natura e delle specie animali perpetrato dall’uomo incurante delle sofferenze inflitte e dei danni procurati. Naturalista, botanico, geologo, oceanografo, filosofo, umanista e convinto pacifista nella accezione vera del vocabolo e non deviata e condizionata dalla politica, si è sempre impegnato contro ogni tipo di ingiustizia, di violenza e di barbarie, lottando con tutte le forze ed i mezzi a sua disposizione per il riconoscimento dei diritti degli animali e per il rispetto della natura.
Si identificava con un cristianesimo di gioia, di semplicità, di compassione e libertà, non coercitivo e punitivo, fondato solo su precetti, veti e castighi. Gli ispiratori della sua filosofia di vita sono stati due grandi studiosi: *Padre Teilhard de Chardin e Louis Massinion, gli amici che lo hanno incoraggiato a proseguire nella via intrapresa. T.M. è stato direttore de L’Institut Française d’Afrique Noire a Dakar, professore al Museo Nazionale di Storia Naturale e membro de l’Academie de Sciences de Paris, dunque uno studioso, uno scienziato apprezzato e stimato, ma soprattutto è stato un uomo coerente con i suoi principi etici il quale si è sempre schierato dalla parte delle vittime, degli indifesi, fossero questi uomini o animali, assumendosi in ogni circostanza la responsabilità delle proprie scelte.
Uomo di profonda sensibilità ma anche di enorme capacità di apprendimento resta ancora oggi misconosciuto in Italia, solo nei primi anni del nuovo millennio la casa editrice Bollati Boringhieri ha pubblicato alcuni dei suoi libri: Il viaggiatore delle Dune (2002), Lo smeraldo dei Garamanti (2003) e nel 2004 L’avventura umana che può considerasi il suo testamento spirituale perché comprende una serie di riflessioni sul rapporto fra l’uomo ed il resto della creazione. Il libro dato alle stampe per la prima volta nel 1991, è stato nuovamente pubblicato in Francia nel 2000 dopo che l’autore, alla soglia dei cento anni e poco prima di morire, lo aveva rivisitato ed attualizzato sostituendo il capitolo undicesimo con uno nuovo intitolato “L’animale nel pensiero e nella morale cristiana”.
Il filo conduttore di tutta l’opera è il rimprovero che T.M. muove alla tre religioni monoteiste ed in particolare al Cristianesimo di essere responsabili dell’affermarsi di un antropocentrismo trionfalistico e perfino arrogante in quanto non hanno suscitato nell’uomo la capacità e la responsabilità di rispettare, comprendere, amare la natura, ma solo l’aspirazione o piuttosto la volontà spregiudicata di assoggettarla per utilizzarla a suo vantaggio e più sovente saccheggiarla. A questo proposito l’autore fa riferimento a Genesi Cap.I vers.26 e Cap.IX vers.2 dove il testo parla di “dominio” dell’uomo sulla creazione intera e di “timore” che egli eserciterà su tutti gli animali affermando che il concetto dell’uomo inteso come re del creato è posto al centro della teologia cristiana la quale ha da sempre ignorato senza alcuna esitazione il problema della sofferenza degli animali e del rispetto di tutta quanta la natura.
Oggi notiamo con sgomento gli esiti di questo potere illimitato poiché nel corso di duemila anni l’uomo ha ritenuto la creazione un bene da sfruttare e non da tutelare e proteggere, quindi ne è stato padrone e non custode. Purtroppo, dichiara Monod, l’uomo si ostina a non uscire dalla preistoria, resta radicato al preumano, legato ancora all’indifferenza ed all’orgoglio, tuttavia confessa di avvertire dei segnali di presa di coscienza di fronte alla proprie responsabilità e si augura una riconciliazione con la natura ed il conseguente recupero di ciò che ancora non è stato distrutto. Solo così l’uomo sarà degno di chiamarsi Homo Sapiens e la pace fra tutti gli esseri viventi sarà possibile, gli animali non lo temeranno più ed il creato che Dio gli ha donato non subirà ulteriori devastazioni. Certamente il cammino da percorrere è ancora lungo ed arduo, prima che sorga “una religione di pietà ed un etica di simpatia”.
Nel libro Nature vivante Monod afferma che soltanto “quando il Cristianesimo osserverà la natura con lo sguardo di Cristo il resto del mondo vedrà che qualcosa di nuovo è accaduto nella vecchia Chiesa e si potrà contare sul suo aiuto per reggere il timone”, cioè egli auspica “una rivoluzione copernicana del pensiero teologico”. Lo scrittore ha una visione irenica ed al tempo stesso utopica di un futuro in cui il mondo sarà riconciliato, pacificato, infine “realmente civilizzato”, è la visione di un uomo già proiettato verso l’eternità, in marcia per ricongiungersi con il suo Signore e dunque il suo messaggio è una vera e propria eredità di valori spirituali di un credente certo che Dio è Amore ed è Padre di tutte le creature viventi.
Per meglio far comprendere al lettore quanto sia importante il rispetto per il creato nella sua totalità, T.M. propone un verso di Francis Thompson, poeta inglese della metà dell’ottocento, “Colui che coglie un fiore disturba una stella” ed un’affermazione tratta da I Miserabili di Victor Hugo “nessun pensatore oserebbe affermare che il profumo del biancospino è inutile alle costellazioni”.
A proposito della disattenzione dei teologi cristiani verso il mondo animale lo Scrittore ricorda e cita coloro, molto rari in verità, che egli chiama “illuminati” come San Francesco il quale purtroppo non trovò rispondenza tra i suoi successori (è solo del 1982 la Carta di Gubbio!), Albert Schweitzer che ha ritenuto la crudeltà verso un animale o l’inutile distruzione di un albero veri delitti contro la legge morale e che di conseguenza ha predicato sempre il rispetto di ogni vita, Karl Barth il quale nella Dogmatica Ecclesiastica ha esaminato anche il problema degli animali usando un linguaggio coraggioso in loro difesa ed infine Jacques Ellul che ne Le rapport de l’homme à la création selon la Bible afferma che “la questione di fondo è quella di un limite allo sfruttamento della creazione…”.
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*Teilhard de Chardin (1881-1955) gesuita francese, teologo, paleontologo e filosofo elaborò una filosofia assai audace per il suo tempo, tesa a conciliare i temi della scienza e della religione.
Louis Massinion (1883-1962) si avvicinò al mondo islamico soffermandosi specificatamente sulle opere dei mistici sufi ed ebbe un ruolo importante per avviare dei rapporti tra la Francia ed i vari stati arabi. Interessante la lettura de “La suprema guerra santa dell’Islam”, racconto pubblicato nel 2003 da Città Aperta, poiché offre l’opportunità di conoscere il giusto significato del jihād.
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Citazione:
“Il patto che Dio fa con Noè e, per suo tramite, con la nuova umanità del dopo diluvio, si struttura su sette grandi principi far i quali il perentorio divieto di tormentare gli animali. Mai precetto fu più disatteso. Del resto solo l’inutilità del primo Diluvio trattiene l’Onnipotente dal mandarne un secondo”.
Moni Ovadia da “L’etica finisce nel piatto”, articolo pubblicato su Avvenire del 4 gennaio 2005.
CENTRO SOCIALE EVANGELICO
ABBIAMO PERSO UN AMICO
di Mario Pizzi
Uno degli ultimo missionari laici, Paolo Rosa, ci ha lasciato.
Di ritorno dalla Sierra Leone in Febbraio per mantenere i contatti con i sostenitori dei suoi progetti ed effettuare un “tagliando”al suo corpo debilitato sia per l’età che per le condizioni di vita in Africa, gli è stato diagnosticato un tumore che, nel giro di tre mesi, lø ha portato alla morte. Lo abbiamo conosciuto più di trenta anni fa e ci ha sempre convinto la sua attività volta a sollevare persone meno fortunate non elargendo “carità” ma offrendo lavoro e mettendosi sullo stesso livello di sopravvivenza della popolazione cui è andato incontro.
Non potrò dimenticare il viaggio che ho fatto circa 3 anni fa in Sierra Leone per visitare e vedere di persona quello che realizzava.
Non siamo stati in grado di trovargli una persona che lo affiancasse e che avrebbe potuto prendere l’eredità della sua opera, ma gli siamo stati vicino sia contribuendo alla realizzazione dell’opera sia seguendo con costanza i suoi resoconti e dandogli suggerimenti.
Il Signore ha voluto che Paolo abbandonasse questa vita lontano dalla sua terra d’adozione anche se si dichiarava “cittadino del mondo”; noi lo ringraziamo per averci fatto incontrare una persona che ha saputo dare un significato alla sua esistenza
Notizie dalle chiese fiorentine
DALLA CHIESA BATTISTA
Il 10 aprile si è tenuta l’Assemblea ordinaria. Sono stati salutati con affetto i consiglieri uscenti: Giampaolo Ruffa, Ernesto Holzalpfel, Piero Mieli e Giuseppe Colbertaldo. Il nuovo consiglio è composto da: Mauro Galli, Serena Innocenti, Dunia Magherini, Clara Manfredi (cassiera), Carlo Mazzola, Renzo Ottaviani, Pasquale Iacobino, Past. Piero Bensi (collegio Anziani) e Past. Raffaele Volpe.
Il 1 maggio la comunità ha condiviso un’agape fraterna con conversazione pomeridiana sulle prospettive della chiesa riguardo all’Essere chiesa insieme: attualmente la chiesa battista di Firenze intrattiene rapporti molto stretti con una comunità rumena, una latinoamericana e una francofona della Costa d’Avorio. Ospita anche una nutrita comunità evangelica filippina
Si è costituito un gruppo di sorelle coordinate da Serena e Gloriana Innocenti per visitare e portare conforto a chi per motivi di salute o impedimenti vari non riesce a partecipare al culto domenicale.
L’8 maggio è stato celebrato il matrimonio tra Renzo Ottaviani e Susanna Enriques.
Il 15 maggio il fratello Samuele Pasqui ha presieduto il culto e tenuto la predicazione, sostituendo il past. Volpe impegnato in un giro di conferenze organizzato dalle chiese siciliane.
Sono proseguiti gli incontri di preghiera nelle case, sempre più interculturali, grazie alla partecipazione di sorelle brasiliane, africane e peruviane nel gruppo che si riunisce in casa Brandoli-Tonarelli.
Da venerdì 20 a domenica 22 maggio la comunità ha ospitato la riunione del Comitato Esecutivo dell’UCEBI. La predicazione della presidente Anna Maffei, i canti dei gruppi latinoamericani e degli africani della chiesa battista francofona hanno reso il culto domenicale del 22 davvero speciale.
Si sono conclusi a Maggio gli studi biblici sui Salmi con un ultima meditazione del pastore Raffaele Volpe sul tema “Dal malessere al benessere: guarire con i Salmi.”
Si avvia a conclusione anche l’anno di scuola domenicale: domenica 29 maggio bambini/e e monitrici, insieme ai genitori, come ogni anno, festeggeranno con un pic-nic alle Cascine!
DALLA CHIESA VALDESE
Il 30 aprile abbiamo celebrato il funerale del fratello Claudio Messina, spentosi ottantenne dopo una lunga malattia. Le cose solide da lui costruite resteranno a lungo dopo di lui!
Il culto dell’8 maggio era a cura dei giovani, che hanno conquistato tutti con la loro preparazione e semplicità. La predica era di Olivia Bertelli, la pubblicheremo in uno dei prossimi numeri.
Nella domenica di Pentecoste abbiamo accolto come membri della nostra chiesa Gian Luca Barbanotti e Patrizia Barbanotti De Cecco. Pubblichiamo in questo numero le loro dichiarazioni. Li abbiamo già anche per Diaspora come predicatori; accoglieremo con gratitudine altri loro contributi.
Abbiamo ospitato in Via Manzoni le assemblee annuali de “Il Sassolino Bianco” e del Centro di Cultura Protestante “P.M. Vermigli” che hanno rieletto i loro organismi e si sono rilanciati nei programmi per l’anno prossimo. Restano ancora le “feste” delle Opere, ma poi si trarrà un po’ di respiro! Intanto il 29 maggio ci aspetta il Circuito e giovedì 2 giugno (festivo) la Giornata Comunitaria a Pisa San Rossore.
Domenica 15 maggio, oltre il culto di Pentecoste, c’è stata anche l’Assemblea di chiesa. La Conferenza Distrettuale avrà luogo, come di consueto a Velletri, il 11-12 giugno: sono stati eletti deputati a parteciparvi Rosetta Naso e Valdo Pasqui. Per il Sinodo è stata eletta Brunarosa Sabatini, supplente Maja Koenig.
Il 17 maggio abbiamo celebrato nella nostra chiesa il funerale del fratello Raffaele Ippolito, che abitava a Montemurlo ed è stato sepolto a Genova dove abitano sua figlia e sua sorella.