Diaspora evangelica

Mensile di collegamento

informazione ed edificazione

Anno XLIV – numero 4 – aprile 2011

 

Egli fiorisce come il fiore del campo… (salmo 103,15)

Franco Calvetti*

 

Gesù fatti guardare

nel volto di mille e mille fratelli

nelle rughe degli anziani abbandonati

nel ventre a palla dei malnutriti

nel pianto dei bimbi senza mamma

nelle piaghe di chi vive l’Aids

nei vomiti dei morenti.

 

Sì, fatti guardare

perché il mio sguardo

incontri il Tuo

perché la Tua occhiata

mi sfiori

e mi vivifichi.

*Nato nel 1939 a Perosa Argentina, valdese, dirigente scolastico in pensione. Vive tra Pinerolo e la Penisola Sorrentina.

In questo fascicolo:

·                        Meditazione biblica di Paolo Ricca

·                        Dossier: la moschea a Firenze

·                        Dalle opere e dalle chiese evangeliche fiorentine

·                        Ecumenicamente(s)corretto di R. D. Papini

 

Editoriale

 

Pubblichiamo su questo numero la predicazione di Paolo Ricca pronunciata a Firenze in occasione della Settimana della Libertà. Il testo è stato richiesto da diverse persone che ricevono la nostra circolare.

Una parte di questo fascicolo è occupato dall’argomento “La moschea a Firenze”. Credo che questo argomento andrebbe collocato in una prospettiva assai più ampia: quella dell’accoglienza dell’altro e della diversità riconciliata. Ha ragione l’arcivescovo Betori chiedendosi se la nostra società fiorentina è abbastanza matura per compiere un gesto simbolico di accoglienza. Credo tuttavia che il compito di tutte le chiese cristiane sia quello di educare all’accoglienza degli altri proprio a motivo della loro diversità rispetto ai nostri modelli religiosi e culturali.

L’ultima domenica di aprile celebreremo la Pasqua della Risurrezione. La risurrezione di Cristo Gesù è un gioioso annuncio di una trasformazione radicale della storia umana. Auguro a tutte le lettrici e a tutti i lettori di DIASPORA EVANGELICA di poter sperimentare continuamente la forza di tale trasformazione.

 

(p.g.)

 

 

 

 

 

 

 

Lux lucet in tenebris (Giovanni 8,12)

Paolo Ricca*

 

Il 17 marzo 2011, abbiamo celebrato i 150 anni dell’unità d’Italia, fu proclamata a Torino il 17 marzo 1861. Tredici anni prima, il 17 febbraio 1848, i Valdesi – piccola comunità cristiana protestante miracolosamente sopravvissuta a sette secoli di persecuzioni - avevano celebrato non già l’unità d’Italia, che non esisteva ancora, bensì la loro unità all’Italia, rappresentata per loro dallo Stato sabaudo. Ricordo che quando ero bambino, più di 60 anni fa, a Bobbio Pellice dove vivevo, nelle Valli Valdesi, la mattina del 17 Febbraio, con gli alunni delle scuole formavamo un corteo e percorrevamo la via principale del paese con un nastro tricolore o una coccarda sul petto, e in mano una bandierina tricolore che sventolavamo al grido di “Viva l’Italia!”, “Viva il 17 Febbraio!”. Credo che questi cortei abbiano ancora luogo, ogni 17 Febbraio, nelle Chiese delle Valli. Che cosa celebravano i Valdesi, celebrando la loro unità all’Italia? Celebravano la fine del loro ghetto secolare e la conquista, dopo sette secoli di lotte, di un «permesso di soggiorno» nel nostro paese, nel quale abitavano nientemeno che dal Duecento, il secolo di Dante Alighieri, ma sempre come comunità vietata, negata, repressa, cacciata, esiliata, costretta a vivere nelle catacombe della storia. Per sette secoli il «permesso di soggiorno» ci era stato rifiutato. Il 17 Febbraio 1848 l’abbiamo conquistato, abbiamo cioè conquistato il diritto che ci era sempre stato negato, quello di essere protestanti e italiani. Ci avevano sempre detto: «Se sei protestante, non puoi essere italiano; se sei italiano, non puoi essere protestante». Ora finalmente, dopo sette secoli di patimenti, potevamo essere protestanti al 100% e italiani al 100%, cioè avevamo il diritto di essere italiani come protestanti e di essere protestanti come italiani.

Ma ci chiedemmo allora e ci chiediamo oggi: per fare che cosa abbiamo ottenuto, dopo tanti sacrifici, questo «permesso di soggiorno» sospirato per sette secoli? La risposta a questa domanda l’ho trovata nello stemma della Chiesa Valdese che forse conoscete: si vede una lampada accesa posata su un libro, che è la Bibbia, circondata da sette stelle – forse le sette Chiese dell’Apocalisse – e tutt’intorno una scritta in latino «Lux lucet in tenebris», «la luce splende nelle tenebre». Ecco il senso della nostra esistenza, ecco la ragione della nostra «unità all’Italia» avvenuta nel lontano 1848: essere una comunità al servizio di questa parola: «la luce splende nelle tenebre». E ho pensato che l’ascolto di questa parola potesse essere un bel modo di celebrare quest’anno il 17 Febbraio, la nostra unità all’Italia, e, un mese dopo, il 17 marzo, con gli altri Italiani, l’unità d’Italia.

Lux lucet in tenebris, «la luce splende nelle tenebre», è, come sapete,una parola dell’evangelo di Giovanni, capitolo 1, versetto 5, mentre al capitolo 8, versetto 12, si spiega che cos’è questa luce. È Gesù che dice: «Io sono la luce del mondo; chi mi seguita non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Vogliamo considerare questa parola prima, per così dire, da fuori, e poi da dentro.

I

Da fuori

1. Gesù dice: «Io sono la luce del mondo». Non dice: «Vorrei essere»,cioè non esprime un desiderio. Non dice neppure: «Cercherò di essere», cioè non esprime un proposito, una volontà. Dice: « Io sono», cioè esprime un fatto. Non dice neppure (con una punta di nostalgia): «Io sono stato la luce del mondo», o almeno d’Europa, in tempi lontani, nel Medioevo ad esempio, al tempo della cosiddetta «Europa cristiana» (chissà se è mai esistita ?). No, dice «Io sono» oggi «la luce del mondo», in questo tempo, in questa Europa secolarizzata, multireligiosa e alquanto paganeggiante. E neppure dice: «Io sarò la luce del mondo», quando il mondo finalmente mi riconoscerà come la sua luce. No, dice: «Io sono ora la luce del mondo», anche se il mondo non mi riconosce. E infine Gesù non dice: «io sono una luce del mondo», che però ne ha tante altre. No, dice: «Io sono la luce del mondo», come per dire: l’unica.

2. «Io sono la luce del mondo» dice Gesù. Di tutto il mondo ?  Sì, di tutto il mondo. Che esagerazione ! vien da pensare. Impossibile ! Il mondo è troppo grande per una luce sola! E poi, come puoi essere proprio tu «la luce del mondo», tu, piccolo ebreo di Nazareth in Galilea, tu, piccolo provinciale che non hai mai messo il naso fuori dalla Palestina, non hai mai visto Roma, non hai visto Atene, non sai nulla del mondo, non immagini neppure quanto sia grande e vario, con tutte le sue culture, le sue religioni, le sue tradizioni, le sue lingue, e, oggi, i suoi sei miliardi di abitanti – come può uno solo, Gesù di Nazareth, essere la luce di  tutto questo ! È vero, il mondo è molto grande, ma è anche molto piccolo. Ogni uomo, a qualunque popolo, razza, cultura o religione appartenga, è un microcosmo nel quale si trova riassunto il macrocosmo, cioè i problemi, le speranze, le gioie, le pene, l’attesa e la ricerca del mondo intero. In ogni singolo uomo è come racchiuso e presente tutto il mondo. Se Gesù è la luce di un solo uomo, è anche la luce del mondo; se può illuminare uno, può illuminare tutti.

Finora abbiamo considerato questa parola da fuori, ora cerchiamo di entrare dentro. Lo faremo in quattro brevi tappe, che chiameremo così: la luce – la luce di Gesù – la luce delle luci – la luce nelle tenebre.

II

Da dentro

1. La luce. La prima parola in assoluto che Dio ha pronunciato all’inizio della storia dell’universo, all’inizio di tutto, prima che il mondo fosse, quando ancora non c’era nulla tranne Lui, la parola originaria che precede e fonda tutte le altre e tutto ciò che esiste, è: «Sia la luce!» (Genesi 1,3), «e la luce fu». La luce è la prima creatura di Dio, la sua primogenita. È la cosa più essenziale di tutte. Senza luce, anche ciò che esiste è come se non esistesse, perché è cancellato dal buio, il buio inghiotte tutto, nel buio tutto scompare, è come essere nel vuoto, se chiudete gli occhi non c’è più nulla intorno a voi. Il buio ha questo potere impressionante di annullare in un certo senso la realtà, che la luce invece rivela. Solo con la luce il mondo esiste realmente. Ma c’è di più: la luce è la condizione della vita; c’è vita, dove c’è luce; senza luce, non c’è vita. Non per nulla si dice di un bambino che nasce che è «venuto alla luce». Venire alla luce significa cominciare a vivere. Perciò, quando Gesù dice: «Io sono la luce del mondo» non adopera solo una metafora. La luce è più di una metafora, più di un’immagine. È la condizione di tutto il resto.

Ora la luce  naturale ha due caratteristiche molto significative. [a] La prima è che la luce non si vede, ma fa vedere. È una cosa misteriosa, ma è così: noi vediamo il filo incandescente della lampada, cioè la fonte della luce, vediamo il sole e i suoi raggi, ma la luce non la vediamo, benché vediamo grazie alla luce. La luce è l’invisibile che fa vedere. Proprio così è Dio: è invisibile, nessuno l’ha mai visto, ma fa vedere. Non per niente la Bibbia dice che «Dio è luce» (I Giovanni 1,5): perché è l?invisibile che fa vedere, che apre gli occhi. «Per la tua luce, noi vediamo la luce» (Salmo 36,9).  [b] La seconda caratteristica è che la luce non fa rumore. Tutto fa qualche rumore, il vento, l’acqua, il fuoco, ma la luce no, è completamente silenziosa. Ricordate il passo straordinario dell’Antico Testamento, nel quale Dio manifesta la sua presenza al profeta Elia che si era rifugiato in una spelonca sul monte Sinai: il testo dice che soffiò un vento impetuoso che quasi spezzava le rocce, ma Dio non era nel vento; poi venne un terremoto, ma Dio non era nel terremoto; poi un incendio, ma Dio non era nel fuoco; poi venne «un suono dolce e sommesso» che quasi non si sentiva, un sussurro appena, e Dio era nel sussurro. Anche Dio, come la luce, non fa rumore: non strilla, non urla come i nostri politici nei talk-show televisivi; entra silenzioso nella tua anima e la illumina.

2. La luce di Gesù. In che senso e in che modo Gesù è «luce»? Qual è la luce di Gesù? Non è difficile rispondere a questa domanda: la luce di Gesù è la sua storia, che noi troviamo scritta nei 4 evangeli. La luce è la sua vita, il suo insegnamento, la sua predicazione del regno di Dio vicino. Le parabole del Regno: ogni parabola è una luce, pensate solo alla parabola del Figliuol prodigo: quale luce eterna emana da quella parabola! I segni del Regno: le guarigioni, ogni guarigione è una luce; le risurrezioni. Quale luce stupenda si sprigiona dal sepolcro vuoto! La moltiplicazione dei pani e dei pesci per sfamare la folla: anche il pane è luce per l’affamato! La vita del Regno: le Beatitudini, ogni beatitudine è una luce, la luce di un nuovo mondo; il Sermone sul Monte, ogni parola di questo Sermone è una luce che non tramonta! La legge del Regno: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano…»: nessuno l’aveva mai detto su questa terra; che luce immensa, veramente divina, proviene da questa parola, la più alta di tutta la Bibbia e di tutta la storia umana. La giustizia del Regno, che non è più quella delle opere, ma quella della fede, per la quale il peccatore non è condannato ma salvato, la giustizia non più della legge, ma della grazia: Una giustizia nuova, destabilizzante, che capovolge le gerarchie del mondo: i primi saranno ultimi e gli ultimi primi. Che smacco per i primi, che festa per gli ultimi! Una giustizia nuova, sorprendente, per la quale i bambini entrano prima di noi grandi nel Regno di Dio, e se non diventiamo come loro, non entreremo mai in questo regno! E infine il Re di questo Regno – un re che non si era mai visto prima nella storia del mondo: un re con in testa una corona di spine e in mano, al posto dello scettro, una canna di bambù; un re che non è venuto per comandare, ma per servire e dare la vita per il popolo; di solito succede il contrario: è il popolo che dà la vita per il re, qui è il re che dà la vita per il popolo. Non s’era mai visto un re come questo, perché non s’era mai visto un regno come quello di cui Gesù è re, un regno non di questo mondo, ma in questo mondo e per questo mondo. Ecco, è questa la luce del mondo: la storia di Gesù. La sua vita, il suo regno, la sua morte, la sua risurrezione. E allora, immergiamoci in quella storia, che non è solo la storia di Gesù, ma è anche la nostra, quella di ciascuno di noi, la mia e la tua storia. Una storia luminosa, nella quale non ci sono tenebre, tranne quelle che, in pieno giorno, «si fecero per tutto il paese» (Marco 15,33) mentre Gesù moriva: quando si spegne la luce, ecco arrivare le tenebre. Ma la luce è ricomparsa la mattina di Pasqua, quando Dio ha risuscitato Gesù. Da allora «chi mi seguita – dice il Risorto – non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita», cioè saprà dove andare, come comportarsi, che scelte fare, che cosa fare della sua vita.

3. La luce delle luci. «Io sono la luce, e non una luce del mondo».  Davvero la luce? L’unica luce? Davvero nel mondo c’è solo buio, a parte Gesù ? Davvero non ci sono altre luci? Ma sì che ci sono altre luci. La bellezza è luce. La giustizia è luce. Il diritto è luce. La scienza è luce. L’arte è luce. La musica è luce. Potremmo continuare. La virtù è luce. L’onestà è luce. La verità è luce (anche quando fa male). L’amicizia è luce. L’intelligenza è luce. Non a caso si parla dei «lumi della Ragione» e proprio l’Europa ha avuto una fase importantissima della sua storia chiamata «Illuminismo». Ci sono veramente tante luci. E allora la domanda sorge: in che rapporto stanno tutte queste luci con Gesù che si presenta come la luce del mondo? Direi che il rapporto è questo: Gesù è la luce delle luci. In che senso? Facciamo un esempio: l’intelligenza è luce, indubbiamente. Ma constatiamo ogni giorno che l’intelligenza può essere adoperata sia per fare il bene sia per fare il male. E sembra addirittura che la si adoperi di più per fare il male che per fare il bene. Conoscete la frase famosa: «Il sonno della ragione – e quindi dell’intelligenza – genera mostri». Ma vediamo continuamente che anche quando è sveglia la ragione genera mostri: quanti ne ha generati, da sveglia, nel secolo scorso! Ecco allora in che senso Gesù è la luce della luce dell’intelligenza: nel senso che la mette al servizio solo del bene, e non del male. Facciamo un altro esempio: la Legge, è anch’essa una luce. Pensiamo ai Dieci Comandamenti, o alla Dichiarazione universale dei Diritti umani, o alla Costituzione della nostra Repubblica. La legge è una luce. Dove non c’è legge, c’è l’arbitrio, la legge del più forte, la legge della giungla. La legge è una luce. Ma pensate un po’ che cosa sarebbe successo all’adultera nell’episodio famoso raccontato dall’evangelo (Giovanni 8,1-11) se si fosse applicata la legge: la donna sarebbe stata lapidata. Gesù l’ha salvata, applicando un’altra legge, quella della grazia. È vero, la legge è una luce, ma Gesù è venuto a portare la luce della luce della legge, che è la grazia. Un terzo esempio. La bellezza, ho detto, è una luce. Beato chi è in grado di apprezzarla e di goderne. Che cos’è la bellezza ? È l’armonia della forma. Ma accanto alla bellezza della forma, c’è la bellezza del contenuto. Gesù «non aveva né forma né bellezza da attirare i nostri sguardi» (Isaia 53,2). La sua bellezza è quella del contenuto, che è l’evangelo. Non c’è al mondo nulla di più bello dell’evangelo. Gesù, luce delle luci, nel senso che le genera, oppure le orienta, oppure le corregge, o anche le giudica. Il cristiano ama tutte le luci e le apprezza, ma è felice di conoscere la luce delle luci, che è Gesù.

4. La luce nelle tenebre. È la quarta tappa del nostro viaggio dentro la parola dello stemma valdese: «La luce splende nelle tenebre». Non accanto, sopra o sotto, ma nel cuore delle tenebre, lì splende la luce di Gesù. Perché le tenebre ci sono, eccome, e sono tante, e sono fitte, erano fitte anche allora, tanto che non hanno ricevuto la luce, l’hanno respinta, ma non l’hanno spenta, non sono riuscite a spegnerla, la luce splende continua splendere nelle tenebre. Se splendesse solo in cielo, e non sulla terra, non ci riguarderebbe; se splendesse solo fuori delle tenebre, e non dentro, non saremmo ci consolerebbe. Ma splende dentro le tenebre nel buio profondo del mondo e nel buio dell’anima. Il buio è sempre più grande della luce. Immaginate questo tempio completamente immerso nel buio, e solo una piccola luce che risplende da qualche parte: basta la piccola luce a vincere il grande buio, perché la luce, anche se piccola, basta ad accendere la speranza. Nel buio della sofferenza, Gesù è luce con la sua com-passione. Nel buio della solitudine, Gesù è luce con la sua compagnia. Nel buio del peccato, Gesù è luce con il suo perdono. Nel buio della menzogna, Gesù è luce con la verità. Nel buio della morte, Gesù è luce con la vita eterna. Lux lucet in tenebris! Che bell’Evangelo! Che felice intuizione hanno avuto i nostri padri e le nostre madri a scegliere questo versetto per lo stemma della nostra Chiesa! Che bella festa può celebrare una comunità che si riconosce nel suo stemma, si riconosce cioè come comunità al servizio di Gesù luce del mondo, luce delle luci, luce che splende nelle tenebre. Amen.

 

 

dossier: La moschea a firenze

Il 9 marzo nell’auditorium dell’Istituto Stensen si è tenuta la tavola rotonda promossa dall’Associazione “Dialoghi” e intitolata “Una moschea per la città”. Il dibattito è stato ripreso (e in parte anticipato) dai principali quotidiani fiorentini. Abbiamo ritenuto necessario pubblicare alcuni documenti, relativi al dibattito, anche per onorare la promessa che fatta ai nostri lettori nell’autunno 2010.

Dalla Costituzione della Repubblica Italiana (art. 19)

Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

Lettera alla comunità islamica di firenze

concistoro valdese

 

Cari Amici, Care Amiche,

Il tempo solenne del Ramadan 1431 sta per terminare. Desideriamo quindi esprimervi il nostro affetto e la nostra solidarietà alla fine di questo sacro mese di digiuno e di rinnovamento.

Pochi giorni fa a Torre Pellice (Torino) si è concluso il Sinodo valdese e metodista in cui la nostra chiesa riconosce la sua massima autorità umana.

Con grande gioia vi trasmettiamo il seguente atto sinodale:

Il Sinodo,

preso atto che quest'anno la sua sessione europea coincide con il periodo in cui i credenti e le credenti musulmani stanno vivendo il tempo solenne del Ramadan,

rivolge a tutte le comunità islamiche in Italia un affettuoso saluto e auspica che esse possano godere pienamente della libertà religiosa sancita dall'articolo 8 della Costituzione e trovare per le loro attività istituzionali sedi idonee e dignitose. (Approvato il 27 agosto 2010)

 

Dal canto nostro, come Chiesa locale di Firenze desideriamo esprimervi il pieno sostegno per il vostro progetto di costruire a Firenze una moschea degna di questo nome dal punto di vista architettonico. L’intensità spirituale e l’atmosfera di accoglienza che si percepisce in Borgo Allegri sono già oggi un’importante testimonianza di fede resa davanti alla Città di Firenze. Auspichiamo che tali qualità possano trovare presto un luogo in grado di contribuire alla crescita del patrimonio spirituale e materiale del nostro capoluogo.

Fraterni saluti,

 

Debora Spini, presidente del Concistoro

Pawel Gajewski, pastore

 

Firenze 6 settembre 2010

 

 

la Moschea a Firenze

Pawel Gajewski*

 

Ho l’impressione che il dibattito sulla moschea a Firenze abbia superato la fase del “se” per entrare in quella del “dove”. La mia risposta è: la moschea deve trovarsi nel centro storico. Credo che questa risposta interpreti correttamente il pronunciamento del Sinodo nazionale delle chiese valdesi e metodiste, il quale in agosto 2010 auspicava non solo la costruzione delle moschee ma anche la necessità di instaurare una relazione di scambio e di collaborazione con le comunità islamiche in Italia.

La moschea nel centro storico di Firenze in due dimensioni complementari. La prima è la dimensione simbolica. L’impatto simbolico di una moschea costruita nel cuore di una città riconosciuta come Patrimonio dell’umanità supera facilmente ogni confine amministrativo e politico. Il messaggio che trasmette questa dimensione parla della convivenza dell’interazione della comunità islamica con il ricchissimo patrimonio di una città considerata, a ragione, una delle capitali culturali del mondo. Una moschea costruita in periferia non potrebbe trasmettere mai un messaggio del genere.

La seconda dimensione è quella estetica. Il centro storico di Firenze sotto questo aspetto rasenta la perfezione. Per mantenere, anzi per arricchire lo skyline della città la progettazione della moschea dovrebbe seguire la logica dell’innesto. Esempi di questo genere vediamo in tante capitali europee, basta pensare a Berlino o a Parigi. Sulla base di un edificio preesistente si innesta una costruzione nuova corrispondente alla realtà dell’islam italiano vissuto e condiviso nella capitale della cultura italiana.

* Testo pubblicato su LA NAZIONE del 12 marzo 2011.

 

Nel suo lungo colloquio con “La Nazione”, pubblicato il 19 marzo 2011l’arcivescovo Giuseppe Betori ha risposto alle domande del direttore de “La Nazione”, Giuseppe Mascambruno, del suo vice Marcello Mancini, del capocronista Luigi Caroppo e degli editorialisti Cosimo Ceccuti, Pier Francesco Listri, Giovanni Pallanti e Sandro Rogari.

 

NEL RAPPORTO CON L'ISLAM NON PREVALGANO LE IDEOLOGIE

La Nazione: Firenze deve affrontare, come altre città, un tema tutt’altro che secondario, che è la realizzazione di una moschea. La città è preparata a questa sfida?

Mi sembra che le posizioni che si possano assumere alla fine siano riducibili a due. Una è la visione simbolica, quella di chi dice in fondo che c’è un profilo della città nel quale manca un minareto, ma questa è una posizione di fatto ideologica, altro invece è un approccio al problema dal punto di vista realistico - risponde monsignor Betori - Quali sono i bisogni religiosi di quella parte dei cittadini che si rifà a un’esperienza diversa da quella cristiana? Credo che la prima scelta sia il modo di affrontare il problema, in modo simbolico o realistico? Io sono per la seconda scelta: vediamo quali sono i problemi concreti che dobbiamo risolvere. Devo prendere atto che le cose sono più complesse rispetto alla scelta moschea sì, moschea no, che si vorrebbe imporre nel dibattito. Che cosa dobbiamo assicurare? Un luogo di culto? Ma la moschea è soltanto un luogo di culto? E il culto può essere assicurato in ambito islamico da un altro luogo che non sia la moschea? Dal punto di vista dei principi so che non esiste il luogo di culto in cui per un musulmano è obbligatorio andare a pregare, perché si può pregare ovunque. In molte città la risposta che viene data concretamente è quella della musallah, cioè del piccolo luogo di culto all’interno di un edificio in cui una comunità trova vicino a casa sua uno spazio idoneo. Bisogna essere chiari: la moschea non è solo uno spazio per la preghiera è anche un luogo di cultura, d’istruzione. Non si può equiparare a una chiesa. Ci sono risposte molto articolate: per venire incontro al bisogno religioso non ho bisogno di una moschea, ma di più luoghi di culto proprio per favorire, non per ostacolare, l’interazione. Grazie a Dio non abbiamo fatto il ghetto, anzi noi ci vantiamo di aver fatto una scelta di disseminazione sul territorio, risolvendo il rapporto con il mondo cinese. Mi pongo anche un’altra problematica: una moschea? E perché una? C’è una sola comunità islamica? Per quanto ne so io ne esiste ben più di una: gli islamici senegalesi non andrebbero mai in una moschea gestita da islamici arabi. Dobbiamo essere pronti a bisogni di culto diversificati. Sarebbe come costringere noi cattolici ad andare in una chiesa di una confessione religiosa protestante. Mi sembra che nel dibattito attuale prevalga la dimensione simbolica, ideologica. Massima apertura, ma nella concretezza dei problemi.

 

  

 

dalle chiese evangeliche di firenze

 

Chiesa evangelica BATTISTA

http://chbattistaborgognissanti.interfree.it

Sabato 26 febbraio, si sono uniti in matrimonio Nicola Bossoletti e Meri Seto, la cerimonia e' stata celebrata dal Pastore Raffaele Volpe. La sua predicazione è stata tratta da Esodo 3 : 1-8. Preghiamo il Signore di porre la Sua potente mano su questa coppia, che possano camminare sempre nella Sua luce. Felicitazioni agli sposi e alle loro famiglie!

Martedì 15 marzo al Cimitero evangelico “Agli Allori” è stato celebrato il funerale di Maria Antonietta Bregato madre del nostro fratello Floriano D'Auria, al quale ci stringiamo nell'amore di Cristo.

Il mese è stato funestato dalla tragedia che ha colpito il Giappone. Tra le tante storie critiche, com'è noto, c'era la situazione dei lavoratori e gli artisti del Maggio Fiorentino impegnati nella tournée proprio a Tokyo: le nostre preghiere per il popolo giapponese hanno così abbracciato Anna Crabb, Cosetta Michelagnoli, i loro colleghi, e tutte le loro famiglie, così come per la famiglia di Meri Seto, neo-consuoceri di Rosita Tonarelli e Giorgio Brandoli.

Giorni in ospedale per la sorella Franca Biagioli e per il piccolo Gioele Violi: gli interventi subiti sono andati per il meglio. La comunità li ricorda nelle proprie preghiere insieme ai loro cari e alle sorelle e fratelli assenti per motivi di salute.

Sabato 19 marzo un numeroso e attento pubblico ha seguito la conferenza Gesù e i cristianesimi perduti: i Vangeli Apocrifi e la fede cristiana, con la partecipazione del pastore Eric Noffke e la moderatura di Samuele Del Carlo, a conferma che circola nella società una domanda di comprensione e di approfondimento sulle questioni intorno al Gesù storico e al primo cristianesimo. L'incontro era parte del programma “Pensare la fede, dire la speranza - Anno II” in collaborazione con il CCP Vermigli, RVS e Libreria Claudiana.

I culti del mese si sono svolti regolarmente, così come tutte le attività di Studio Biblico (mercoledì), Scuola Domenicale, Riunioni nelle case, Banco Alimentare, Tempio silente, Venerdì di preghiera. Da segnalare che Domenica 13 marzo, culto a cura del gruppo di catecumeni di Milano con predicazione delle pastore Eliana Briante e Dorothee Mack: una bella occasione di incontro e scambio in chiave BMV (apprezzamenti per il servizio Cucina), mentre Domenica 20 marzo, si è tenuta l'Assemblea finanziaria. Da qualche domenica a questa parte: riunione di preghiera '30 minuti prima del Culto delle 11:00.

 

Chiesa evangelica valdese

www.firenzevaldese.chiesavaldese.org

Esperienza di lutto. Tutta la comunità esprime la propria vicinanza alla Famiglia Mosca – Bendelier nel momento di lutto per la scomparsa di Reto Mosca. Un breve culto di commiato si è svolto in forma strettamente privata al Cimitero degli Allori e le spoglie mortali di Reto riposano in Svizzera nel suo villaggio di origine.

Convivialità e accoglienza. Il 10 marzo scorso abbiamo accolto nei nostri locali di via Manzoni un gruppo di 25 catecumeni provenienti dalle Chiese BMV di Milano, accompagnati nel loro soggiorno fiorentino dalle pastore: Eliana Briante, Dorotehee Mack e Kristin Markey. Dopo un incontro con la diacona Paola Reggiani dedicato alla nostra diaconia comunitaria e, in particolare, al servizio “Rifugiati Migranti” i nostri ospiti hanno partecipato a una serata conviviale con alcuni membri della nostra comunità.

Un caloroso ringraziamento giunga a Serena Iacobino della Chiesa Battista per l’organizzazione della splendida passeggiata storica prima della cena e a Sara Sansone, Maria e Roberto Rossi per la preparazione della cena.

Il 19 marzo i bambini e i genitori della Scuola Domenicale si sono incontrati in via Manzoni per un pranzo comunitario e in seguito per un laboratorio di ceramica organizzato e guidato da Anna Maria Barducci. Ricordiamo che si tratta della ripresa di un progetto che già in occasione del pranzo di Natale ha prodotto una notevole quantità di simpatici doni offerti dai bambini ai membri della nostra chiesa.

Il 27 marzo il pastore Gajewski ha accolto in via Manzoni un gruppo di 30 scout di Borgo San Lorenzo, i quali nel loro itinerario ecumenico e interreligioso hanno voluto conoscere la storia e la vita quotidiana della nostra chiesa.

Congratulazioni. Esprimiamo le nostre più sentite congratulazioni alla sorella Daniela Monreale che ha conseguito brillantemente presso la Facoltà Valdese di Teologia la laurea triennale in scienze bibliche e teologiche. Siamo certi che tutta la comunità potrà beneficiare ancora di più dei numerosi talenti di Daniela.

Esperienze di malattia. Tutta la comunità si stringe in un affettuoso abbraccio intorno a Mario Downie, a Pier Francesco Padelletti e alle loro famiglie. Preghiamo affinché il Signore voglia sostenere questi due fratelli in un momento di sofferenza.

 

Ecumenicamente (s)corretto

Una, cinque, trentamila moschee

Roberto Davide Papini

Anche nel dibattito sull’opportunità di realizzare una grande moschea a Firenze, la Chiesa cattolica romana mostra tutto il suo afflato verso la libertà di culto e, soprattutto, la sua simpatia nei confronti della comunità musulmana. Sparigliando le carte sulle discussioni ideologiche “minareto sì, minareto no”, l’arcivescovo Giuseppe Betori ha saggiamente detto: “No alla moschea e sì ai luoghi di culto”, che potrebbe sembrare un po’ come dire “No alla ferrovia, sì ai treni”, ma che in realtà è solo l’assaggio di un geniale piano al quale la curia sta lavorando e che presto presenterà. In effetti, perché accontentarsi di una sola moschea, per quanto grande, che poi oltretutto dà noia e sciupa la skyline alla quale i fiorentini tengono tanto (come dimostra lo splendido tribunale che è sorto a Novoli, la cui figura elegante e armonica completa alla perfezione il panorama che si vede da piazzale Michelangiolo)? Per ora Betori ha parlato di una soluzione con cinque piccoli (piccoli, mi raccomando!) luoghi di culto in varie zone della città. Ma l’idea geniale alla quale lavora l’arcivescovado è: trentamila moschee per trentamila musulmani. Insomma, ognuno si faccia la moschea a casa sua, si arredi la cameretta come meglio crede trasformandola in luogo di culto personale. Il tutto, ovviamente, previo referendum condominiale. Un risparmio non indifferente di costi (non c’è da costruire nulla), di tempo (non ci si deve spostare da casa alla moschea) e un sollievo per i fiorentini che così non si devono trovare a incrociare troppo spesso assembramenti di musulmani, oltretutto il venerdì che c’è da lavorare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Diaspora evangelica

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Tel.: 0552477800

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In redazione: Pawel Gajewski, Roberto Davide Papini, Roberto Rossi, Alessandro Sansone

 

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