“Perché ci avete fatti salire  fuori dall’Egitto per farci morire nel deserto? “

Numeri  21, 5-9

Quell’accozzaglia di schiavi che Iddio ha liberato dall’Egitto tramite Mosè  mormora nel deserto , anzi si rivolta e grida all’unisono: ”Perché ci avete fatti salire  fuori dall’Egitto per farci morire nel deserto? Perché qui non c’è pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo tanto leggero.”

Questo popolo ha poca memoria, si  è dimenticato la condizione della schiavitù, la mancanza di libertà, di una vita privata, del cibo, della tranquillità che viene solo dal sapere di potersi costruire un futuro per sé, per i figli, per la famiglia

 Questo popolo non si ricorda più la schiavitù, il dover dipendere dagli ordini del padrone egiziano per tutto, non si ricorda più della fatica di costruire mattoni per le case degli altri, non si ricorda delle mille vessazioni quotidiane che ha subito.

Questo popolo non  ricorda più.

Eppure siamo in un epoca, in una storia, forse a tratti leggendaria, dove Iddio, il misericordioso, è intervenuto, lo ha fatto con opere potenti che rimarranno nella storia e nel ricordo collettivo non solo degli ebrei, ma di tutti noi.

Le sette piaghe di Egitto, La pasqua, il passaggio del mar rosso non si possono dimenticare.

Eppure questo popolo grida contro Mosè e contro Dio; Si è dimenticato che da schiavi  sono diventati un’altra cosa, hanno avuto mille segni per cambiare, nel procedere del viaggio sono cresciuti , hanno doni imperituri come i dieci comandamenti, hanno regole e consuetudini, feste e ricorrenze, forse una sola lingua che rendono questo popolo di schiavi qualcosa di diverso, di speciale anche da tutti gli altri popoli del mondo. Eppure sono sempre scontenti.

Vogliono  un dio visibile, toccabile, di metallo come tutti gli altri, vogliono essere come tutti gli altri popoli, poi vorranno come tutti gli altri un re che decida per loro, vogliono essere in fondo simili ai loro oppressori egiziani.  Non si accorgono invece di essere già lì nel deserto benedetti.

Se ci pesate bene la loro condizione è già di per sé invidiabile all’epoca ed anche ai giorni nostri; facciamo un esempio, hanno fame e raccolgono senza fatica il cibo che Dio manda loro, i nemici che incontrano nel loro cammino verso la terra promessa vengono sconfitti facilmente…..insomma chi di noi può dirsi così fortunato da non dover lavorare per vivere…chi ha la stessa certezza della presenza di Dio nella propria vita che gli indica la via della speranza, chi di noi  ha di fronte la terra del latte e del miele?

Non conosco né popoli , né singole persone così benedette.  Conosco invece popoli e persone che anche con tutta la fatica del lavoro non riescono a sfamare né loro stessi, né le loro famiglie.

Ma allora perché questa miopia ? Perché questa lamentazione continua ? Ma perché tanto poca riconoscenza a una condizione simile a quella di Adamo ed Eva ? Perché  non accettare gioiosi la grazia che Iddio ha fatto per loro???  Ma lasciamo per un attimo questa domanda e torniamo alla nostra storia.

Come per la storia di Adamo ed Eva anche questa volta rispunta il serpente.

Leggiamo: “Allora il Signore mandò dei serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero di Israeliti morirono.”

Questa umanità irriconoscente per gli innumerevoli doni ricevuti   ha fatto proprio arrabbiare il Signore.

Iddio è un Dio fedele, rispetta i patti, ma si sente in questi pochi versetti tutta la sua profonda tristezza  e forse la voglia di scatenare un nuovo diluvio, quello definitivo, ma non può, egli liberamente ha stipulato un patto di vita dopo il diluvio, lo testimonia l’arcobaleno nel cielo e allora  manda solo i serpenti velenosi.

Il popolo di Israele allora e solo allora ricorda e corre da Mosè: abbiamo peccato perché abbiamo  parlato contro il Signore: prega tu il Signore che allontani da noi questi serpenti.

Il Signore non allontanerà i serpenti, ma indicherà a Mosè cosa fare: un serpente di rame da mettere sopra un’asta. Chi sarà morso e lo guarderà rimarrà in vita.

E’ un finale e una storia che non ci saremmo aspettata.

Potremmo dire  che da ora in poi i serpenti velenosi saranno fra di noi e ci salveremo dalla morte del morso solo guardando verso  questo oggetto evocativo che ci ricorda il Signore?

Forse l’umanità ha proprio bisogno per ricordare e credere di essere nel pericolo costante e di una immagine di salvezza rassicurante e a portata di sguardo?

Iddio ancora una volta comprende il bisogno di sicurezze tangibili dell’umanità, la nostra poca fede e tutte le nostre angosce esistenziali e le nostre incoerenze e si adegua per amor nostro .

Può essere una risposta, fra le tante.

Una cosa è certa però in questa storia che quando l’umanità (di cui il popolo di Israele è solo il simbolo) si dimentica dei doni di Dio,  della vita, della pace, del pane quotidiano, dell’amore, della solidarietà, dell’amicizia, della libertà, vi è solo la morte e l’angoscia.

Gli uomini allora costruiranno nuove babeli, nuove regole ripudiando la storia della loro liberazione voluta da Dio. Saranno regole e logiche egoistiche e terribili, saranno le guerre e la fame, l’oppressione e la carestia in un mondo popolato di serpenti velenosi. Sarà un mondo dominato dalle logiche di potere dove ogni uomo sarà pronto a guardare dall’alto e da lontano i propri simili, ogni uomo avrà paura del proprio simile e nasconderà il pane  per paura che qualcuno glielo sottragga.  Sì, è una logica terribile quella umana, talmente ovvia e forte che anche i discepoli di Gesù applicheranno le regole umane del potere chiedendo un posto di preminenza e di potere accanto a lui.

Ma la risposta del PADRE la conosciamo, la risposta del Figlio la conosciamo: Cambiare il punto di vista , la direzione e la logica della nostra esistenza e ricordare che tutti, anche noi che siamo molto più fortunati di tanti altri, siamo stati schiavi in Egitto.

Assumere quindi in ogni nostra scelta il punto di vista del più debole, le sue angosce, le sue paure, le sue speranze è accettare il punto di vista di Dio.

E’ un Dio  che ha scelto di farsi uomo per comprendere appieno la condizione umana, si è fatto uomo in una famiglia forse anche un po’ irregolare, una famiglia di un popolo schiacciato dall’impero romano: Egli  ha visto e misurato su una pelle uguale alla nostra la fame, la sete , la paura , la solitudine, il tradimento, le torture e la morte.

E’ Gesù che è venuto fra di noi  per ricordare che il suo punto di vista è quello del padre che ci ama nonostante la nostra imperfettissima condizione umana, è un padre che darebbe e ha dato  la propria vita per noi. E’ venuto a spiegarci che l’amore riconoscente per Dio che ci ha dato vita e per il prossimo sono come un pane dove lievito farina e acqua sono indistinguibili.

Fratelli e sorelle, è difficile per noi essere diversi da quel popolo di schiavi smemorati che tanto ci assomigliano, la nostra memoria è corta come la loro, vorremmo da una parte essere degni del Dio che ci ha resi liberi, dall’altro essere omologati al mondo e alle sue logiche.

Questi sono giorni particolari nella vita sociale e politica del nostro paese: tutti si ergono a tutori delle nostre coscienze, magisteri di vario tipo vogliono imporci scelte che sono le loro.

Noi non ci vogliamo stare a questo gioco, il Dio che ci ha salvati in Gesù Cristo ci ha resi liberi ed adulti ed in grado di scegliere autonomamente da tutti questi pseudo padri putativi.

Andremo a votare come sempre con una coscienza tranquilla e serena, potremo anche sbagliare, voteremo liberamente ognuno come ci pare , ma cercheremo anche in questo caso, per quanto ci è possibile, di  accettare il punto di vista di DIO.

Guardare il mondo, le persone, gli animali e  le cose nella logica di Dio in fondo è la missione a noi affidata da Gesù, è la speciale benedizione del popolo di Israele e nostra.

Siamo benedetti non per meriti e per opere, ma per  essere testimoni che in ogni scelta e circostanza della vita di tutti i giorni la soluzione diversa, anche se è o può essere la più difficile, c’è, ed è colma di amore.

Fratelli e sorelle, benedire tutti  è il nostro gioioso compito.

Amen

 

Predicazione di David Buttitta, Comunità Valdese di Firenze, presso la  Chiesa della Trinità

 Domenica 2 aprile 2006