“Mettiti il mantello e seguimi”

Atti 12,1-10

 

Siamo in piena persecuzione contro i primi cristiani, Erode, piccolo vassallo dell’impero romano, per  niente amato dal popolo ebraico per le sue origini non giudaiche si appoggia per riuscire a governare alla casta sacerdotale e oligarchica del tempio di Gerusalemme. Deve dimostrare ai padroni Romani e a costoro che egli è in grado di governare, mantenendo l’ordine e combattendo tutti coloro che volenti o nolenti possono incrinare il rapporto di sudditanza fra oligarchia e il popolo.

Questi primi cristiani, una cerchia intorno agli apostoli che stava crescendo e moltiplicandosi, sono perfetti per lo scopo; sono contemporaneamente odiati dalla casta del tempio e da chi, nazionalista, pensa alla liberazione del popolo di Israele attraverso una sollevazione popolare contro i romani. Il messaggio di Gesù non può essere addomesticato né al mantenimento del potere romano, né al suo abbattimento. I cristiani quindi sono destabilizzanti per tutti e sono perfetti capri espiatori per tutte le contraddizioni della situazione politica e sociale della Palestina. Queste contraddizioni e il profondo odio per i cristiani dei gruppi emergenti del popolo ebraico sono le cause della crocifissione di Gesù, poi dell’uccisione di Stefano ed ora di una nuova persecuzione.  Ed eccoci al brano di oggi.

Erode si scatena, fa arrestare alcuni cristiani, fa uccidere l’Apostolo Giacomo, fratello di Giovanni, e prepara, dulcis in fundo, lo spettacolo dell’uccisione dell’Apostolo più eminente del movimento, Pietro, appena arrestato.

La  morte di Pietro dovrà avvenire subito dopo la Pasqua ( la festa degli azzimi) per aver il massimo clamore possibile; Erode  da buon monarca ellenistico  e di scuola romana prepara lo spettacolo, niente sarà lasciato al caso. Lo attestano alcune brevi sottolineature del testo e la cura maniacale con la quale si organizza la carcerazione di Pietro.

Quattro picchetti di quattro uomini  ciascuno, due soldati legati direttamente a Pietro, oltre alle guardie di sorveglianza del carcere (una imprendibile torre delle mura esterne di Gerusalemme) sono l’apparato di sorveglianza.

Sopraggiunge la notte che precede il giorno in cui Pietro dovrà comparire  per uno processo di cui tutti sanno il finale, la condanna e l’esecuzione. E’ una notte particolare, mentre la chiesa di Gerusalemme è raccolta in preghiera per Pietro, ecco che qualcosa accade che rovina i piani di Erode.

Rileggiamo questi pochi versetti e i fatti che accadono, senza che la nostra logica realistica sappia spiegarli:

Pietro stava dormendo in mezzo a due soldati, legato con due catene; e le sentinelle davanti alla porta custodivano il carcere.  Ed ecco, un angelo del Signore sopraggiunse e una luce risplendette nella cella. L'angelo, battendo il fianco a Pietro, lo svegliò, dicendo: «Àlzati, presto!» E le catene gli caddero dalle mani.  L'angelo disse: «Vèstiti, e mettiti i sandali». E Pietro fece così. Poi gli disse ancora: «Mettiti il mantello e seguimi».  Ed egli, uscito, lo seguiva, non sapendo che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva infatti di avere una visione.  Com'ebbero oltrepassata la prima e la seconda guardia, giunsero alla porta di ferro che immette in città, la quale si aprì da sé davanti a loro; uscirono e s'inoltrarono per una strada; e, all'improvviso, l'angelo si allontanò da lui.

Stavo dicendo che la nostra logica non sa comprendere questo fatto, questa, come tante altre storie di liberazione narrate nella bibbia, ci disturba per il modo in cui avviene; non riusciamo ad accettare questa storia senza far riferimento alla categoria del mito, della favola o del modo agiografico di narrare i fatti di quell’epoca.

Anche Pietro ha la nostra stessa percezione di quello che gli sta accadendo, pensa di avere una visione e come al solito non si capacita che è REALTÀ ciò che sta accadendo. Pietro non si smentisce, è l’uomo delle contraddizioni, è il primo discepolo che scopre e afferma che Gesù è il Messia, è il pauroso che lo rinnega tre volte, è l’uomo attaccato alla terra e alle consuetudini del suo popolo che viene redarguito da Paolo per il suo timore a far entrare a pieno titolo i pagani nella chiesa, è in questo caso l’uomo che pur essendo stato salvato dall’angelo di Dio pensa fino all’ultimo di avere una visione.

Pietro ci somiglia e ci piace, le sue contraddizioni sono le nostre perché anche noi non riusciamo appieno a comprendere che la nostra salvezza, la salvezza e la liberazione dell’umanità sono frutto non delle nostre opere, ma della Grazia di Dio, che come un angelo di luce è entrato nella nostra storia.

Anche nella storia della chiesa questa comprensione a volte si è persa, c’è voluto Agostino e poi i riformatori a ricordarci che siamo salvati per Grazia.

E allora a noi cosa compete? Cosa dobbiamo fare?

Per prima cosa ci è affidata la memoria, si proprio la memoria , la sola scriptura dei riformatori diventa per noi fonte della testimonianza che Iddio ha fatto grandi cose per noi, dagli inizi dei tempi egli ci sostiene e ci indica la via, a noi tocca il gioioso compito di narrare queste storie antiche e sempre attuali ai nostri figli, ai nostri conoscenti, a tutti coloro che incontriamo.

Senza la memoria  senza la memoria collettiva e individuale non saremmo niente, pensate per un attimo alle persone che per malattia perdono la propria memoria, rifletteteci.

Senza memoria e la capacità di trasmissione della stessa noi non saremo, ma questa memoria è strettamente intrecciata con la fede, con la fiducia e la speranza.

Oggi, fra pochi minuti, celebreremo la cena del Signore, cioè ricorderemo con parole e con gesti un fatto che è avvenuto più di 2000 anni fa, un’ultima cena di un condannato a morte insieme ai suoi compagni, questi gesti che compiremo non avrebbero senso senza il dono della fede che è la fiducia nelle cose che avverranno.

Questi gesti non avrebbero senso senza la speranza che un giorno berremo vino e mangeremo pane insieme a Gesù. Quando noi ci avviciniamo al tavolo della cena facciamo nostre le promesse di Gesù, del Padre e dello Spirito Santo; quelle cose che noi chiamiamo visioni non appartengono più alla sfera del fantastico, ma sono solo anticipazioni, squarci sul ciò che avverrà.

Sorelle e fratelli, Iddio ha fatto grandi cose per noi, torniamo a raccontare quello che è stato e quello che sarà secondo le promesse. Amen

 

Davide Buttitta, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze Predicazione di Domenica 1 Ottobre 2006