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"Temi etici"


Corte di Giustizia UE stabilisce la nozione di "embrione umano"

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea (UE) ieri si è espressa in merito a come debba essere intesa la nozione di "embrione umano", interpellata in via pregiudiziale in merito all'interpretazione della Direttiva 98/44/EC sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, disposizione che considera non brevettabili le utilizzazioni di embrioni umani a fini industriali o commerciali.

Nello specifico la Corte ha stabilito che costituisce un "embrione umano" qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione, qualunque ovulo umano non fecondato in cui sia stato impiantato il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo umano non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia stato indotto a dividersi e a svilupparsi. Inoltre, la Corte ha affermato che non può essere oggetto di brevetto l’utilizzazione di embrioni a fini di ricerca scientifica, ma solo l’utilizzazione per finalità terapeutiche o diagnostiche che si applichi all’embrione umano e sia utile a quest’ultimo.

"Come Commissione bioetica della Tavola valdese crediamo di dover esprimere la nostra preoccupazione per una simile presa di posizione, che intendendo la nozione di 'embrione umano' in modo estensivo, come ente umano con potenzialità di sviluppo, a prescindere dalla fecondazione gametica, e accordando a tale entità protezione giuridica, rischia di avere pesanti ricadute sulla ricerca biomedica su cellule staminali embrionali, creando inoltre un crescente divario tra i Paesi europei e le altre nazioni in questo settore", ha dichiarato oggi la giurista Silvia Rostain, membro della Commissione bioetica della Tavola valdese.

La Commissione della Tavola valdese per i problemi etici posti dalla scienza (Commissione Bioetica) è composta da una dozzina di teologi, giuristi, medici, scienziati e ricercatori valdesi, metodisti e battisti. Ne è il coordinatore il filosofo Luca Savarino.

Roma (NEV), 19 ottobre 2011


 

Cellule Staminali

CELLULE STAMINALI Aspetti scientifici e questioni etiche (formato pdf).
Documento prodotto dalla Commisione della Tavol Valdese per i problemi etici posti dalla scienza (Commissione Bioetica, Luglio 2009

Il documento costituirà la base per un dibattito in assemblea duranteil Sinodo 2009. Precisiamo che si tratta di un documento di studio che introduce il dibattito e non di una presa di posizione dell'assemblea sinodale e pertanto riflette esclusivamente l'opinione dei membri della commissione


La presenza del corpo nella Bibbia e nella Riforma

di Federica Tourn

Nel principio era il corpo. Paolo Ricca, invitato a parlare del corpo nella tradizione protestante il 21 settembre al Teatro Gobetti, ha tenuto una lezione sui punti fondamentali che differenziano la Riforma dalla tradizione cristiana precedente. Innanzitutto, di quale corpo si parla? – ha esordito. Del corpo dell’essere umano, del corpo di Cristo, del corpo nella celebrazione della Cena e della chiesa come corpo di Cristo.

«Anche se nella Bibbia non troviamo mai che Dio è corpo o ha un corpo, a parte quando ne assume uno in Gesù di Nazaret, possiamo senz’altro affermare che il corpo nella religione cristiana ha lo stesso peso dello spirito», ha detto Ricca. Proprio nel suo farsi corpo Dio esprime la sua umanità. Nel protestantesimo, lo spazio fra Dio e gli esseri umani non è occupato da altri corpi, a differenza di quel che accade nel cattolicesimo o nel cristianesimo ortodosso. Non c’è Maria, non ci sono i santi; e anche nella definizione di chiesa come corpo di Cristo, Lutero insiste sulla comunità spirituale, quindi sulla chiesa come corpo sociale organizzato. La chiesa non è il clero, viene contestato l’ubi episcopus ibi ecclesia: è un’assemblea di uomini e donne credenti, dove l’Evangelo è rettamente predicato e i sacramenti amministrati secondo l’insegnamento di Cristo.

Riguardo al corpo di Cristo nell’eucaristia, Paolo Ricca ha spiegato la differenza fra consustanziazione (vero pane e vero corpo), transunstanziazione (il pane resta pane in apparenza ma la sostanza diventa corpo) e presenza simbolica (il pane è un segno del corpo ma il corpo non è lì), soffermandosi sulla disputa fra Lutero e Zwingli. Alla cena come «memoria della resurrezione» e non «croce in atto» di Zwingli, Lutero oppone l’«inconcepibile ma non per questo assurda» incarnazione di Cristo nella Cena. Se per Zwingli è «sconveniente che lo Spirito si materializzi in pane», per Lutero «il vero onore di Dio è proprio il suo abbassamento: Dio è tanto più divino, quanto più diventa umano».

La Riforma innova anche sulla visione della sessualità, prendendo le distanze da una tradizione secolare che vedeva nel corpo la «prigione dell’anima», come pensava san Francesco. Il sesso non è più identificato con il peccato e la verginità non costituisce affatto un livello di vita morale e spirituale superiore a quello delle persone sposate. La polemica all’epoca è scottante: molti gridano allo scandalo, giudicando queste affermazioni un incentivo alla licenza sessuale. I protestanti rispondono come sempre con la Bibbia: Dio ha creato la donna e ha detto che non è bene per l’uomo stare da solo. «Dio ha voluto la condizione coniugale e non ha mai esortato alla verginità – ha sottolineato Paolo Ricca –, è un artista che con le sue mani modella il capolavoro della creazione, il corpo dell’uomo e della donna». E l’omosessualità? Una domanda del pubblico ha anticipato il tema controverso che sarà affrontato nella prossima Assemblea/Sinodo. «L’omosessualità è un fatto – si è limitato a rispondere il teologo –: è vero che nella Bibbia la si condanna ma nel Regno dei Cieli non ci sarà più né maschio né femmina. La nostra sessualità è provvisoria e questa consapevolezza dovrebbe aiutarci ad alleggerire i toni che abbiamo quando affrontiamo certe questioni».

Nel principio, quindi, era il corpo. E il corpo sarà anche nella fine, al momento della resurrezione. Come? «Non lo sappiamo – ha detto Paolo Ricca rispondendo a un’altra domanda – ma non siamo tante gocce destinate a diventare mare: l’io è unico e la resurrezione riguarderà i nostri singoli corpi».

Tratto da Riforma del 5 ottobre 2007


L'etica cristiana si ferma all'etica sessuale ?

Una polemica estiva innestata da un'intervista di Romano Prodi a "Famiglia Cristiana" su chiesa, fisco e etica cristiana. Ne parliamo con Davide Buttitta, presidente del Concistoro della Chiesa valdese di Firenze: una intervista del 14 Agosto realizzata da Radio Voce della Speranza [scarica l'intervista in MP3]



Maria Bonafede risponde a Giuseppe Betori


"Dobbiamo testimoniare il mandato evangelico dell’amore, dell’accoglienza e del dialogo"

La pastora Maria Bonafede, moderatore della Tavola valdese (organo esecutivo dell’Unione delle chiese valdesi e metodiste in Italia), ha rilasciato la seguente dichiarazione, in risposta alle affermazioni di ieri del vescovo Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, sui responsabili dei mali del mondo:

"Siamo seriamente e fraternamente preoccupati per le parole di alcuni autorevoli esponenti della Chiesa cattolica italiana che descrivono un paese assediato e minacciato dall’aborto, dall’eutanasia, dall’omosessualità e dal relativismo etico. Da questo giudizio sull’Italia e sul mondo, per i vertici della Conferenza episcopale consegue una strategia dettata dalla paura e dalla sindrome della cittadella assediata.

A noi protestanti italiani pare invece di dover testimoniare il mandato evangelico dell’amore, dell’accoglienza e del dialogo. Se la fede in Cristo è la nostra forza morale e spirituale, non dobbiamo lanciare messaggi di paura e di battaglia contro la modernità. Siamo ben consapevoli della deriva della secolarizzazione che colpisce tutta l’Europa ma non l’argineremo guardando al medioevo, alimentando il pregiudizio ed alzando i muri della cittadella cristiana. Noi valdesi e metodisti intendiamo farlo predicando l’amore di Cristo che può cambiare il cuore delle donne e degli uomini del nostro tempo. E per questo continueremo ad aprire le porte delle nostre chiese a chi cerca conforto, a chi ha dubbi nel proprio cammino di fede, a chi cerca una novità nella propria vita. Senza discriminare nessuno in base alla sua identità sessuale o ai suoi orientamenti etici".

Tratto dal comunicato stampa dell'Agenzia NEV - Notizie evangeliche del 17 maggio 2007


Etica: spazio per il dialogo?

di Fulvio Ferrario

Alla carica. Contro i Dico, per ora. Ma certo, se l’offensiva dovesse «sfondare», per la Conferenza episcopale italiana, ben appoggiata dal pontefice, si aprirebbero orizzonti promettenti: con tutto quello che bolle in pentola sulle questioni della bioetica, un trionfo della linea Ruini non lascerebbe le cose come stanno e, già ora, non è che stiano benissimo, dal punto di vista di chi vorrebbe una società laica e plurale. Ma poi c’è tutto il resto, la legge sulla libertà religiosa, la sempiterna questione dell’insegnamento religioso non confessionale e chissà che, sotto sotto, qualcuno non sogni anche di riaprire la discussione sulla legge194 sull’interruzione della gravidanza. L’esito dei referendum sulla procreazioni assistita ha evidentemente suscitato l’impressione che il momento sia favorevole. Adesso o mai più: dunque, appunto, alla carica. Che ha da dire, in proposito, una chiesa evangelica? Tre cose, per cominciare.

La prima è che, a mio giudizio, essa non dovrebbe unirsi al coro che strilla contro le «ingerenze clericali». La chiesa cattolico-romana ha tutto il diritto di dire quello che crede. Non so se l’intenzione sia di lanciare crociate ideologiche: sembrerebbe di sì. Se così sarà non me ne rallegrerò come cristiano, ma come cittadino non mi metterò a gridare «al lupo!» né «al prete!». Il tentativo di imporre un bavaglio laicista al frastuono mediatico orchestrato dalla gerarchia cattolica mi appare discutibile e, anche, controproducente. Già si sono levate voci di intrepidi paladini del diritto di parola dei vescovi, che sarebbe minacciato da oscure trame giacobine e massoniche. Almeno il vittimismo, risparmiamocelo: chi vuole parlare lo faccia tranquillamente, nessuno glielo impedisce. Naturalmente, ci piacerebbe che l’informazione pubblica fosse meno a senso unico; naturalmente, ci intristisce che chi dovrebbe porre l’opinione pubblica in condizione di valutare si trasformi in un’appendice della sala stampa vaticana (la quale, anzi, spesso è più misurata di certi suoi zelanti servitori); naturalmente, è deludente constatare che sia scoccata l’ora di quelli che il gesuita Bartolomeo Sorge chiama i «cattolicanti», cioè la versione di bassa cucina politica, largamente bipartisan, degli «atei devoti». Ma insomma, siamo grandicelli e sappiamo come va il mondo, inutile stracciarsi le vesti. Inoltre qualcuno, anche tra i cattolici impegnati in politica, cerca di mantenere un atteggiamento critico e responsabile. Certo, che le sorti della laicità in Italia siano affidate a cattolici di ferro come Rosy Bindi, Oscar Luigi Scalfaro e lo stesso Romano Prodi può apparire un’ironia della cronaca, ma è anche un bel segno e, con l’aria che tira, di qualcosa bisogna pur rallegrarsi. Nessuno scandalo, quindi, se i vescovi e l’Avvenire si scatenano. Discutiamo i loro argomenti.

Con ciò siamo al secondo punto. Tali argomenti, per quel che posso vedere, sono riconducibili a uno: c’è una legge naturale, che la chiesa cattolica, a suo dire, interpreta meglio di ogni altro, ma che vale per tutti. È quella che vieta la procreazione assistita, che impedisce l’autodeterminazione di chi soffre, che certifica lo status dell’embrione e, anche, che ci dice quale sia la «vera» famiglia, fondata sulla coppia eterosessuale unita dal matrimonio monogamico e indissolubile. Personalmente sono convinto che una «natura» astrattamente separata dalla cultura e dalla storia, cioè da quello che donne e uomini sono e vivono in un dato tempo, sia una costruzione ideologica. Trovo anche abbastanza singolare che proprio la chiesa cattolica, quando si tratta, a esempio, di bioetica, diventi improvvisamente materialista e faccia propria una visione, come dire, «biologistica» dell’essere umano. D’altra parte, qualcosa di importante, nell’idea parecchio confusa di «natura», c’è senz’altro. Non credo si debba desiderare un’etica fondata semplicemente sul consenso. Ci sono state epoche in cui si era d’accordo sul fatto che i neri, o gli ebrei, non fossero umani come gli «ariani». La contrapposizione brutale, che un certo modo di impostare il dibattito tende a imporre, tra il partito dell’«etica naturale» e quello del puro e semplice «consenso sociale», mi appare scellerata. Mi chiedo se, molto semplicemente, non si potrebbe discutere un poco serenamente di questa «natura». Certo, la politica ha tempi più rapidi della filosofia e in ogni caso, sul piano legislativo, è importante rendersi conto del fatto che senza compromessi non si va avanti. Un compromesso nutrito di pensiero e di dialogo è meglio di uno interessato soltanto a raccattare un pacchetto di voti nelle parrocchie. Se non vedo male, alcune prese di posizione di Carlo Maria Martini, molto felpate nella forma, ma piuttosto controcorrente nel clima attuale della sua chiesa, vanno in tale direzione. Piuttosto che prendermela con la Cei in nome della laicità, preferirei dire: spiegatemi bene i vostri argomenti e accettate di discuterli e di giungere a un accordo.

Terzo punto, il dialogo ecumenico. In Italia, certo, i vescovi hanno ora altro da fare che parlare con noialtri quattro gatti. Ci vedremo a Sibiu, ci diremo alcune cose belle e anche vere, poi però, quando si fa sul serio, i rapporti di forza sono quelli che sono. Tuttavia, io credo, un dialogo ecumenico sull’etica non farebbe male. O meglio: un poco doloroso lo sarebbe, perché su molti punti i dissensi sono radicali, ma proprio per questo sarebbe bene iniziare a discuterli. Può essere più comodo compiacersi del fatto che alcune chiese evangeliche (molte delle quali, peraltro, non sembrano avere una grande opinione dell’ecumenismo) la pensino, in etica, come Roma. Il cardinale Kasper lo ripete spesso con soddisfazione: e così insegue un rapporto privilegiato con gli ortodossi, discute un po’ di teologia (al momento, sembra, senza grande convinzione, tranne che sul «primato petrino», che è un tema gradito) con i protestanti, e addita a questi ultimi gli evangelical come esempio di rigore morale. Non sono sicuro che sia l’ideale per una prassi ecumenica.

Summa summarum: a) non agitiamoci troppo, come evangelici e come cittadini, se i vescovi fanno un po’ di baccano; b) se però dicessero qualcosa che si presta non solo a essere ingoiato o, per quanto ci riguarda, respinto, ma anche discusso, sarebbe meglio per tutti; c) infine, vediamo se questo dialogo ecumenico è coreografia, oppure confronto spregiudicato intorno alla Bibbia e alle sue esigenze per l’oggi. Se, invece, la valenza pubblica della parola di Dio deve passare dagli accordi trasversali tra Casini e Mastella, ditecelo subito e risparmiamo tutti un po’ di tempo.

Tratto da Riforma del 2 marzo 2007


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Ultimo aggiornamento: 7 Agosto 2009
© Chiesa Evangelica Valdese di Firenze