Preghiera

di Oretta Nutini

 

 

Signore, ci portasti la Parola,

Che ci guidasse al bene nella vita,

Insegnaci che la tua voce sola

È quella che ammaestra e che ci addita

 

L’unica via che noi dobbiam seguire.

Insegnaci l’amore ed il perdono,

L’umiltà senza farci insuperbire

Per ciò che abbiamo e siamo; tutto è dono

 

Della tua gran bontà, del tuo costante

Dimenticar le nostre indegnità,

Continua a cancellar le grevi, tante,

Volute, ripetute infedeltà.

 

Correggici Signor, ma la tua mano,

Nel punirci del male sia leggera,

Abbi pietà del nostro corpo umano,

La nostra morte sia una breve sera.

 

Dacci un cuore che in te si affida e spera,

Dacci un’anima intrisa di preghiera.

 

Salmo 90

di Gabriele De Cecco

 

Che effetto ci fa leggere questo salmo l'ultimo giorno dell'anno?

Sembra ieri ed è già di nuovo capodanno. Finiamo i nostri anni come in un soffio. Davvero gli anni passano come giorni, come in una piena, come in un sogno. L'erba è falciata e inaridisce, ci tocca poco più che un turno di guardia, poi si vola via e si lascia ad altri.

Dal punto di vista di Dio invece le cose sono diverse. Lui va di eternità in eternità. C'era prima. Prima di cosa? Prima e basta. E anche dopo, dopo e basta.

Molti filosofi si sono dati un gran da fare per capire cos'è il tempo. Una specie di spazio che si muove, come un film? Un cerchio, quasi una spirale? Un modo di percepire del nostro cervello? Una specie di valanga che rotola e diventa sempre più grande e più forte? E' un trucco di Dio per crescere e completarsi? E' uno scherzo per costringerci, diceva un cantautore, a viaggiare una vita da scemi? A parte che tutti questi filosofi son morti (purtroppo anche il cantautore), non credo che noi si farà mai in tempo a capire cosa è il tempo. Forse è il modo migliore di perdere tempo.

Quello che si fa fatica a capire,  è come mai ad un Dio che viaggia di eternità in eternità,  importi qualcosa di noi e del nostro breve turno di guardia.

Molti teologi si sono dati un gran da fare per capirlo. Dagli scrittori dei testi biblici, attraverso concetti ormai classici (il giardino dell'Eden, la caduta, l'essere immagine di Dio, il sacrificio sostitutivo del Cristo, il ritorno di Cristo, nuovi cieli e nuova terra), fino ai concetti moderni a volte sofisticati, a volte semplicemente arresi alle mode culturali, per cui Dio si interessa a noi perché Dio è l'universo, tutto è Dio, c'è l'armonia, noi siamo Dio, Dio è morto e comunque un po' di religiosità non fa male.

Son morti anche i teologi. E a noi resta comunque l'idea che passare il nostro turno di guardia a chiederci perché, non è poi il modo più interessante di passare le nostre giornate.

Il Salmo 90 ci dice forse tutto quello che ci occorre sapere. Dio è sempre stato il nostro rifugio. I nostri peccati sono veramente tanti da suscitare ira (e per capire questo non c'è bisogno di filosofi e neanche di psichiatri, basta uno specchio). Dio, per motivi ovvi, non è particolarmente felice di come razzoliamo (e davvero lo si può capire, se ad ogni telegiornale avrebbe motivo di far piovere querele come grandine). Non ci sono davvero le condizioni oggettive per un indulto generalizzato che ci porti a diventare eterni... Brutto augurarsi la morte di qualcuno, ma anche pensare che alcune persone possano diventare eterne, francamente non sarebbe un bel regalo a questo mondo disastrato.

Ma il salmista, anziché chiedersi il perché, pone la domanda giusta: fino a quando?

Ed è esattamente questo che sappiamo e dobbiamo sapere del tempo, che è temporaneo. Come temporaneo, per fortuna, è tutto quello che in esso nasce e perciò morirà ( non solo noi, il che è difficile negare che ci dispiaccia, ma anche i pensieri unici, le potenze e i poteri, i prigionieri, i giusti e i puri di tutte le razze, e soprattutto le guerre infinite).

E il salmista sa anche a cosa è legato quel “fino a quando”. Ritorna Signore, muoviti a pietà, saziaci della tua grazia, manifesta la tua opera. Ecco quando le cose cambieranno, il tempo smetterà di essere il nostro limite e il nostro orizzonte troppo ristretto.

Se fossimo filosofi o teologi si  potrebbe dire che non sarà il tempo a raggiungere l'eternità, ma l'eternità a tornare per riprendersi il tempo. Ma ad essere sinceri, una frase così non la capisco nemmeno io che l'ho scritta. Basta allora restare alle parole del salmo e ci accorgiamo che la lettura di questo salmo 90, oggi, ultimo giorno dell'anno, prende una connotazione diversa. Ci sentiamo, per così dire un po'  meno di passaggio. Ci tocca sempre un turno, ma è un turno nel quale ci è dato di guardare l'orizzonte e chiedere con forza che il giorno venga. Indubbiamente è già più interessante che vagabondare persi tra i perché. Ma c'è dell'altro.

Mentre leggiamo quelle parole (ai versetti 13-16) abbiamo ancora l'eco del precedente versetto 12 che magari ci ha dato una prima speranza, ma non ci ha distolto dai perché: “Insegnaci dunque a contare bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio”. Ottimo insegnamento di vita per chiunque, ma se  tutto passa presto e ce ne voliamo via... che ci facciamo di un cuore saggio? E che li contiamo a fare i giorni della nostra vita se svaniscono come un soffio? E' così intelligente passare la vita contando i giorni e i perché? Certo a fronte della odierna onnipotenza da cui ciascuno sembra avvolto, che porta a nascondere non solo la morte, ma persino la prima ruga o il primo capello bianco... appunto un buon insegnamento di vita. Ma si diventa saggi in questo modo? E comunque ci sono diversi pareri anche su cosa sia la saggezza o su come sia preferibile spendere la propria vita. Siamo costretti a restare sul piano di una disputa filosofica, forse etica... oggi che sembra un dogma il fatto che tutti i pareri hanno lo stesso valore e che ogni persona è un meraviglioso vulcano di  principi etici.

No, perché questo è frutto del tempo, della piena che scorre e se ne vola via.

E' solo se diciamo “ritorna Signore” che quelle parole del salmo assumono improvvisamente un senso preciso, prendono vita, si trasformano nel gioire tutti i nostri giorni. Allora contarli (saper contare i nostri giorni) significa piuttosto accorgersi che i nostri giorni contano, che la grazia li riempe di significato senza aver bisogno di mutarne la normale durata di 24 ore. Di nuovo, anche se non si capisce, è l'eternità che entra nel tempo, comincia a filtrare, come la luce del giorno che attendiamo e che siamo chiamati a invocare. Anche la saggezza entra dentro, quando il tempo molla la sua presa e riusciamo a guardare oltre. Oltre il tempo che viviamo, oltre gli anni, pochi o tanti che ci restano (e che differenza fa?). Oltre il tempo, ricordando all'indietro e scorgendo in avanti (se mai c'è un dietro e un avanti), il Dio che è nostro rifugio d'età in età . Già, d'età in età, questo il salmista lo ha scritto fin dalla prima riga, ma è difficile tenerlo a mente quando si legge la parte centrale del salmo e ci si trova nudi e messi di fronte alla nostra fragilità).

Ma c'è ancora dell'altro, davvero questo salmo finisce in gloria, anzi in grazia. C'è una possibilità , quasi contraddittoria rispetto alla piena che ci porta via. Possiamo chiedere a Dio che l'opera delle nostre mani sia resa stabile. Dunque se, nonostante la piena che scorre veloce, siamo capaci di valutare che i nostri giorni sono contati, ma possono contare, e diveniamo abbastanza saggi da non essere travolti dal tempo, dalla nostra epoca, dalla nostra età, dalla nostra frenetica tempistica quotidiana, può addirittura succedere che le nostre mani costruiscano qualcosa di stabile.

Ma attenzione, dicevo che il salmo finisce in grazia, e non certo in giustificazione per le nostre opere. Il salmista non si aspetta dalla propria saggezza che le opere delle mani siano rese stabili, lo chiede a Dio e lo chiede come grazia. E probabilmente la saggezza sta proprio in questo, nel non fidarsi della propria saggezza che è comunque legata al tempo e al suo veloce divenire, lasciando a Dio i nostri piccoli sforzi perché sia lui a plasmarli, a renderli durevoli e utili al nostro prossimo.

Avvertenza finale: non sempre Dio farà dei nostri sforzi ciò che immaginiamo, non sempre i nostri obiettivi assomiglieranno ai suoi, non sempre ci sarà dato di vedere i frutti. Noi si semina. Dio non è al nostro servizio, né possiamo portarlo a giustificazione di ciò che facciamo. Grazia non è complicità e confessarsi cristiani non ci rende superiori a niente e a nessuno... proprio come i nostri giorni dureranno 24 ore e l'anno 2007 che ci attende, come servitori svegli e  saggi, durerà 365 giorni.

 

 

Documento sull’omosessualità

a cura del G.L.Om.

 

Preambolo

 

Il G.l.Om è il gruppo di lavoro sull’omosessualità nominato, in seguito all’atto N/00 dell’Assemblea-Sinodo 2000, dalla Tavola Valdese e dal Comitato Esecutivo dell’UCEBI il 18 novembre 2000, composto da 3 membri battisti, Claudia Angeletti, Giorgio Rainelli e Silvia Rapisarda, da un membro metodista, Bruno Giaccone, e da due membri valdesi,. Daniele Bouchard e Letizia Tomassone (che ha sostituito nel 2004 Monica Michelin-Salomon).

Il gruppo ha ritenuto inizialmente di svolgere il compito affidatogli di rilanciare il dibattito nelle chiese a proposito dell’omosessualità non redigendo un documento sistematico (come richiesto dall’atto N/00), bensì producendo quattro agili schede su temi propedeutici: 1) chi sono gli/le omosessuali?; 2) la Bibbia e l’omosessualità; 3) come accogliere e valorizzare le diversità; 4) le relazioni d’amore al di là degli schematismi. Tali schede sono state pubblicate in un inserto sul settimanale delle nostre chiese “Riforma” n. 44 del 15/11/2002 con l’invito alle chiese, alle associazioni regionali, etc. ad invitarci per poterne insieme discutere. E’ stata questa una scelta tesa ad attivare un autentico dialogo dal basso, che ha effettivamente provocato una ripresa del dibattito sull’argomento.

In questi termini: le nostre schede proponevano l’idea che le persone omosessuali altro non sono che persone come tutte le altre, che i pochi passi biblici inerenti l’omosessualità devono essere interpretati non letteralisticamente, ma nel loro contesto storico-culturale ed alla luce dell’Evangelo, che pertanto è necessario che le chiese si dispongano ad accettare le diversità di ciascuna/o senza discriminazioni né pregiudizi, infine che qualsiasi relazione d’amore dev’essere valorizzata come espressione dell’amore di Dio.

Le prime reazioni che si sono avute, sotto forma di articoli su “Riforma”, nonché di alcune lettere indirizzate alla coordinatrice, hanno mostrato come questo tipo di argomentazione non è facilmente accettabile, dal momento che nell’immaginario collettivo di una parte (quanto ampia?) della popolazione delle nostre chiese è invece stampata l’idea che l’omosessualità sia o “un peccato” o “un difetto di costruzione dell’individuo”, alquanto “pericoloso per la società”, che solo “un’acrobazia ermeneutica” (che screditerebbe la Scrittura) può indurre a considerare altrimenti  (cfr. articolo “Letteralismo: il rischio opposto è l’acrobazia” di Luca Baschera su Riforma n. 2 del 10 gen. 2003 p. 15).

Al contrario, altre corrispondenze, soprattutto dall’esterno delle chiese, hanno dimostrato un interesse per il nostro modo di proporre questa tematica e per la tematica in sé del rapporto tra fede e omosessualità, rapporto che specialmente le persone omosessuali vorrebbero meno conflittuale; perciò l’attenzione e 1’apertura all’accoglienza delle persone omosessuali in gran parte delle nostre chiese (o almeno l’assenza di un giudizio esplicito di condanna del loro vissuto) sono recepite con favore (si vedano per esempio gli appelli che il movimento omosessuale ha lanciato affinché l’otto per mille fosse destinato alle chiese valdo-metodiste). Questa situazione ha creato I’ attesa di una presa di posizione ufficiale che, più chiaramente di quanto non sia finora avvenuto, esprima un orientamento condiviso dalle chiese. In particolare, questa richiesta ci è pervenuta in occasione di alcuni attacchi delle gerarchie vaticane alle minoranze sessuali ed alle loro richieste di riconoscimento e tutela legaliUna prima volta nel 2002, quando il Pontificio Istituto per la Famiglia, presiseduto dal card. Alfonso Lopez Truijllo ha emanato il Lexicon, Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche” dove alla voce “omosessualità” si ripropone la definizione di “tendenza sessuale che si fissa sulla base di un conflitto psichico irrisolto” nettamente stigmatizzata come “contraria al vincolo sociale”; poi nel 2003 quando la Congregazione per la Dottrina della Fede, presieduta dal card. J. Ratzinger (attuale Papa Benedetto XVI) ha emanato le “Considerazioni circa i progetti di riconoscimento

legale delle unioni tra persone omosessuali”con le quali si ribadisce la disapprovazione del comportamento omosessuale e si invitano i politici cattolici a votare contro i progetti di legge favorevoli al riconoscimento di tali unioni in quanto” nocive per il retto sviluppo della società umana”.

 

Il nostro gruppo non è intervenuto pubblicamente sui documenti cattolico-romani citati, pur avendone presa visione, essendo il suo compito rivolto alle nostre chiese, ma ritiene opportuno che gli organismi competenti (ovvero gli esecutivi) in simili circostanze abbiano alle loro spalle una delibera/atto che permetta loro di esprimersi al riguardo con coraggio e con l’autorevolezza delle chiese che rappresentano, per difendere non solo la laicità dello stato, bensì anche e soprattutto le persone fatte segno di attacchi portati in nome di Dio e fortemente lesivi della loro dignità (oltre che della loro libertà). Ciò ci sembra tanto più necessario in questo momento storico in cui si stanno chiudendo gli spazi dei diritti civili e tornano fortemente caratterizzate le discriminazioni nei confronti di quegli uomini e quelle donne che rivendicano la positività delle differenze, siano esse legate alla appartenenza etnica, al sesso, alla religione o all’orientamento sessuale.

 

La situazione delle nostre chiese è invece per ora “a metà del guado” e perciò piuttosto problematica e rischiosa a motivo della sua indefinitezza, determinata non solo dalla nostra struttura ecclesiale, ma anche dal permanere al nostro interno sia di diffidenze moralistiche verso l’omosessualità, sia di timori circa i rischi di divisioni e di scissioni che si corrono, come dimostra il disaccordo delle chiese anglicane dell’Africa sull’ordinazione di persone dichiaratamente omosessuali (caso Gene Robinson), o la recente fuoriuscita della Southern Baptist Convention dall’Alleanza Battista Mondiale (BWA), accusata di “liberalismo teologico inaccettabile” anche per le aperture sull’omosessualità.

 

In parte, la difficoltà di misurarsi serenamente con questo argomento è emersa anche in alcuni momenti durante i pochi incontri cui siamo stati invitati nell’ordine, all’Assemblea del 6° Circuito Valdo-metodista ad Omegna (11 maggio 2002), dove abbiamo attivato una breve animazione sulla presenza delle persone omosessuali nelle chiese, ad un incontro con i giovani delle Valli Valdesi (22 febbraio 2003) a Pinerolo; ad un pomeriggio con l’ACEBT (Associazione delle Chiese Evangeliche Battiste della Toscana) a Firenze (18 ottobre 2003) sul tema della diversità  ad un momento di studio biblico con la Chiesa Battista di Roma Centocelle (27 aprile 2004).

D’altronde, proprio in questi momenti di incontro e confronto non poche sorelle e alcuni fratelli si sono dimostrate/i capaci di mettersi davvero in dialogo spinte/i dal desiderio di capire le ragioni dell’altro/a, le sue esigenze, i suoi problemi per imparare ad amarlo/a come fratello o sorella in Cristo. Infatti se un rammarico ha il nostro gruppo è quello di aver potuto incontrare poche realtà ecclesiali; un dato questo che, se in alcuni casi corrisponde ad un’acquisita consapevolezza della realtà omosessuale accettata senza preclusioni, può essere interpretato, in altri casi probabilmente più numerosi, come un inespresso desiderio di non affrontare un argomento scomodo e controverso.

 

Esistenza lesbica e omosessuale maschile: creazione, giudizio e riconciliazione nelle Scritture ebraico-cristiane

 

Il nostro rapporto con la Scrittura non è di tipo letteralistico. Non andiamo a cercare nella Scrittura indicazioni etiche precise e risposte a domande che si pongono oggi in termini diversi rispetto al tempo in cui la Scrittura è stata composta. Cercare quel tipo di risposte sarebbe un po’ come usare la Bibbia per trarre oracoli, cosa che probabilmente rimanda a una valenza magica interessante per certa cultura del nostro tempo. Non è tuttavia la pratica di chiese come le nostre, che si pongono di fronte alla Parola con due atteggiamenti principali e preziosi:

 

· l’ascolto che scuote le convinzioni già formate, perché è ascolto di una Parola che converte e trasforma l’umanità;

 

legale delle unioni tra persone omosessuali”con le quali si ribadisce la disapprovazione del comportamento omosessuale e si invitano i politici cattolici a votare contro i progetti di legge favorevoli al riconoscimento di tali unioni in quanto” nocive per il retto sviluppo della società umana”.

 

Il nostro gruppo non è intervenuto pubblicamente sui documenti cattolico-romani citati, pur avendone presa visione, essendo il suo compito rivolto alle nostre chiese, ma ritiene opportuno che gli organismi competenti (ovvero gli esecutivi) in simili circostanze abbiano alle loro spalle una delibera/atto che permetta loro di esprimersi al riguardo con coraggio e con l’autorevolezza delle chiese che rappresentano, per difendere non solo la laicità dello stato, bensì anche e soprattutto le persone fatte segno di attacchi portati in nome di Dio e fortemente lesivi della loro dignità (oltre che della loro libertà). Ciò ci sembra tanto più necessario in questo momento storico in cui si stanno chiudendo gli spazi dei diritti civili e tornano fortemente caratterizzate le discriminazioni nei confronti di quegli uomini e quelle donne che rivendicano la positività delle differenze, siano esse legate alla appartenenza etnica, al sesso, alla religione o all’orientamento sessuale.

 

La situazione delle nostre chiese è invece per ora “a metà del guado” e perciò piuttosto problematica e rischiosa a motivo della sua indefinitezza, determinata non solo dalla nostra struttura ecclesiale, ma anche dal permanere al nostro interno sia di diffidenze moralistiche verso l’omosessualità, sia di timori circa i rischi di divisioni e di scissioni che si corrono, come dimostra il disaccordo delle chiese anglicane dell’Africa sull’ordinazione di persone dichiaratamente omosessuali (caso Gene Robinson), o la recente fuoriuscita della Southern Baptist Convention dall’Alleanza Battista Mondiale (BWA), accusata di “liberalismo teologico inaccettabile” anche per le aperture sull’omosessualità.

 

In parte, la difficoltà di misurarsi serenamente con questo argomento è emersa anche in alcuni momenti durante i pochi incontri cui siamo stati invitati nell’ordine, all’Assemblea del 6° Circuito Valdo-metodista ad Omegna (11 maggio 2002), dove abbiamo attivato una breve animazione sulla presenza delle persone omosessuali nelle chiese, ad un incontro con i giovani delle Valli Valdesi (22 febbraio 2003) a Pinerolo; ad un pomeriggio con l’ACEBT (Associazione delle Chiese Evangeliche Battiste della Toscana) a Firenze (18 ottobre 2003) sul tema della diversità  ad un momento di studio biblico con la Chiesa Battista di Roma Centocelle (27 aprile 2004).

D’altronde, proprio in questi momenti di incontro e confronto non poche sorelle e alcuni fratelli si sono dimostrate/i capaci di mettersi davvero in dialogo spinte/i dal desiderio di capire le ragioni dell’altro/a, le sue esigenze, i suoi problemi per imparare ad amarlo/a come fratello o sorella in Cristo. Infatti se un rammarico ha il nostro gruppo è quello di aver potuto incontrare poche realtà ecclesiali; un dato questo che, se in alcuni casi corrisponde ad un’acquisita consapevolezza della realtà omosessuale accettata senza preclusioni, può essere interpretato, in altri casi probabilmente più numerosi, come un inespresso desiderio di non affrontare un argomento scomodo e controverso.

 

Esistenza lesbica e omosessuale maschile: creazione, giudizio e riconciliazione nelle Scritture ebraico-cristiane

 

Il nostro rapporto con la Scrittura non è di tipo letteralistico. Non andiamo a cercare nella Scrittura indicazioni etiche precise e risposte a domande che si pongono oggi in termini diversi rispetto al tempo in cui la Scrittura è stata composta. Cercare quel tipo di risposte sarebbe un po’ come usare la Bibbia per trarre oracoli, cosa che probabilmente rimanda a una valenza magica interessante per certa cultura del nostro tempo. Non è tuttavia la pratica di chiese come le nostre, che si pongono di fronte alla Parola con due atteggiamenti principali e preziosi:

 

· l’ascolto che scuote le convinzioni già formate, perché è ascolto di una Parola che converte e trasforma l’umanità;

 

legale delle unioni tra persone omosessuali”con le quali si ribadisce la disapprovazione del comportamento omosessuale e si invitano i politici cattolici a votare contro i progetti di legge favorevoli al riconoscimento di tali unioni in quanto” nocive per il retto sviluppo della società umana”.

 

Il nostro gruppo non è intervenuto pubblicamente sui documenti cattolico-romani citati, pur avendone presa visione, essendo il suo compito rivolto alle nostre chiese, ma ritiene opportuno che gli organismi competenti (ovvero gli esecutivi) in simili circostanze abbiano alle loro spalle una delibera/atto che permetta loro di esprimersi al riguardo con coraggio e con l’autorevolezza delle chiese che rappresentano, per difendere non solo la laicità dello stato, bensì anche e soprattutto le persone fatte segno di attacchi portati in nome di Dio e fortemente lesivi della loro dignità (oltre che della loro libertà). Ciò ci sembra tanto più necessario in questo momento storico in cui si stanno chiudendo gli spazi dei diritti civili e tornano fortemente caratterizzate le discriminazioni nei confronti di quegli uomini e quelle donne che rivendicano la positività delle differenze, siano esse legate alla appartenenza etnica, al sesso, alla religione o all’orientamento sessuale.

 

La situazione delle nostre chiese è invece per ora “a metà del guado” e perciò piuttosto problematica e rischiosa a motivo della sua indefinitezza, determinata non solo dalla nostra struttura ecclesiale, ma anche dal permanere al nostro interno sia di diffidenze moralistiche verso l’omosessualità, sia di timori circa i rischi di divisioni e di scissioni che si corrono, come dimostra il disaccordo delle chiese anglicane dell’Africa sull’ordinazione di persone dichiaratamente omosessuali (caso Gene Robinson), o la recente fuoriuscita della Southern Baptist Convention dall’Alleanza Battista Mondiale (BWA), accusata di “liberalismo teologico inaccettabile” anche per le aperture sull’omosessualità.

 

In parte, la difficoltà di misurarsi serenamente con questo argomento è emersa anche in alcuni momenti durante i pochi incontri cui siamo stati invitati nell’ordine, all’Assemblea del 6° Circuito Valdo-metodista ad Omegna (11 maggio 2002), dove abbiamo attivato una breve animazione sulla presenza delle persone omosessuali nelle chiese, ad un incontro con i giovani delle Valli Valdesi (22 febbraio 2003) a Pinerolo; ad un pomeriggio con l’ACEBT (Associazione delle Chiese Evangeliche Battiste della Toscana) a Firenze (18 ottobre 2003) sul tema della diversità  ad un momento di studio biblico con la Chiesa Battista di Roma Centocelle (27 aprile 2004).

D’altronde, proprio in questi momenti di incontro e confronto non poche sorelle e alcuni fratelli si sono dimostrate/i capaci di mettersi davvero in dialogo spinte/i dal desiderio di capire le ragioni dell’altro/a, le sue esigenze, i suoi problemi per imparare ad amarlo/a come fratello o sorella in Cristo. Infatti se un rammarico ha il nostro gruppo è quello di aver potuto incontrare poche realtà ecclesiali; un dato questo che, se in alcuni casi corrisponde ad un’acquisita consapevolezza della realtà omosessuale accettata senza preclusioni, può essere interpretato, in altri casi probabilmente più numerosi, come un inespresso desiderio di non affrontare un argomento scomodo e controverso.

 

Esistenza lesbica e omosessuale maschile: creazione, giudizio e riconciliazione nelle Scritture ebraico-cristiane

 

Il nostro rapporto con la Scrittura non è di tipo letteralistico. Non andiamo a cercare nella Scrittura indicazioni etiche precise e risposte a domande che si pongono oggi in termini diversi rispetto al tempo in cui la Scrittura è stata composta. Cercare quel tipo di risposte sarebbe un po’ come usare la Bibbia per trarre oracoli, cosa che probabilmente rimanda a una valenza magica interessante per certa cultura del nostro tempo. Non è tuttavia la pratica di chiese come le nostre, che si pongono di fronte alla Parola con due atteggiamenti principali e preziosi:

 

· l’ascolto che scuote le convinzioni già formate, perché è ascolto di una Parola che converte e trasforma l’umanità;

· lo studio serio dei contesti in cui si sono formate le testimonianze portate in quei testi, studio che attraversa anche la comprensione che i testi hanno avuto nel corso della storia, e l’impatto sulle vite concrete di uomini e donne.

 

Per questo quando pensiamo alle nostre domande sullo statuto delle persone lesbiche e omosessuali, possiamo accostarci alle Scritture solo con grande attenzione e cautela. I pochi testi classici utilizzano l’immagine dell’omosessualità, così come quelle della prostituzione e dell’adulterio, come metafore della lontananza da Dio. Non tutte le metafore di idolatria e peccato nascono da questo linguaggio sessuato, e le donne, che insieme agli omosessuali hanno patito di più sulla propria pelle questo linguaggio del disprezzo, stanno ridando valore ai linguaggi altri. Il peccato può essere detto con categorie diverse dall’infedeltà della “sposa” umana al suo Dio padrone, usando per esempio l’incapacità di fare il bene (Rom. 7:19), la paura che prevale sulla fiducia (I Giov. 4:2), l’albero che non porta frutti (Mat. 21:18s.), etc. Liberare il nostro linguaggio dalle metafore sessuate ci aiuta ad uscire da un ordine del mondo patriarcale, che crea gerarchie e produce oppressioni.

 

Al contrario, le nostre parole, anche nei momenti liturgici, e la Parola di Dio ci sono date perché producano vita e gioia, per la forza dello Spirito Santo.

 

Così i classici testi che vengono proposti per condannare l’omosessualità vanno ricollocati nel loro contesto, ma allo stesso tempo vanno letti con attenzione alla nostra domanda: perché chiediamo alla Scrittura di legittimare le nostre posizioni etiche? Perché la forza dello Spirito non è tale da permetterci di accogliere la parzialità delle nostre posizioni, e quindi di riconoscere la presenza di Dio nel cammino dell’altro, dell’altra?

Il Glom fornisce in appendice delle schede esegetiche sui diversi testi di condanna della pratica omosessuale nella Scrittura (Gen 19:1-11; Lev 18:22; 20:13; Ro 1:27). Quello che ci preme qui è dare alcune indicazioni generali e lasciar lavorare i testi biblici come fonte di speranza in mezzo a noi.

1. Rispetto ai testi di condanna rileviamo che in nessuno dei casi citati si parla di una relazione d’amore: in Genesi è in atto una situazione di violenza sessuale, simile a quella raccontata in Giudici 19:22s; in Levitico e Romani si parla di “atti omosessuali”.

Per noi invece è importante sottolineare la dimensione relazionale dell’amore e della sessualità, e questo è un cammino che riguarda tanto la sessualità eterosessuale quanto quella omosessuale.

2. Inoltre c’è da tener conto di una cultura come quella ebraica che dava grande priorità al concepimento di figli/e e non poteva quindi accettare unioni non fertili (cosa che portava a situazioni di violenza e ripudio anche nei confronti di donne sterili)

Per noi oggi è invece prioritaria in un’unione la capacità di produrre società, e, nonostante gli allarmismi “etnici”sul basso tasso di natalità in Italia, non abbiamo bisogno di spingere per maggiori nascite di esseri umani al mondo.

3. Quella scala di valori si inseriva poi in un codice che classificava il mondo secondo i criteri del puro e dell’impuro, della separazione e della non mescolanza.

Per noi il mondo si esprime invece proprio nella complessità e nella condivisione di differenze che creano ricchezze umane e naturali.

Ma vorremmo anche sottolineare come la Scrittura sia una fonte potente di speranza e aiuti a costruire la vita delle persone, in qualunque situazione esse si trovino. Va avanti ormai da decenni una rilettura della Bibbia da parte dei gruppi omosessuali cristiani, ed è una lettura fatta insieme per scoprire in che modo scaturisce la grazia di Dio nei confronti di ogni sua figlia e figlio.

Così vengono letti testi che riguardano relazioni fra persone dello stesso sesso, ma anche testi che parlano della buona creazione di Dio, della guarigione delle ferite inflitte dalla violenza e dalle logiche del disprezzo umano, dell’amore che scaturisce dal sentirsi accolti da Dio e reintegrati nella propria pelle.

 

Testi che parlano di amore fra uomini sono rintracciabili nelle due parti della Scrittura: la vicenda nota di David e Gionatan (I Sam 18:1 s.;20: 17-41; II Sam 1:26) ma anche il rapporto fra il centurione romano e il suo “ragazzo” (Matteo 8:5-13). Più difficile è trovare relazioni d’amore fra due donne, se non, in senso ampio, quella fra Rut e Noemi; è tuttavia notevole il fatto che ancora oggi percepiamo la promessa fatta dalla giovane alla donna anziana come una promessa matrimoniale (Rut 1:l6 s.).

Appunto in questo senso più ampio è bello che la Scrittura affermi che nel viso dell’altro, dell’altra, possiamo rintracciare la presenza stessa di Dio: “Io ho visto il tuo volto come uno vede il volto di Dio” (Gen. 33:10). Tutto lo sviluppo di una teologia contemporanea del volto dell’altro, come ad esempio ce lo propone Levinas, ci richiama a queste radici ebraiche nelle quali Dio si manifesta attraverso la presenza gioiosa, riconciliata, amorosa dell’altro/a.

 

Che l’evangelo sia una richiesta esigente di trasformazione della vita, consapevolezza di peccato e annuncio di una grazia che passa attraverso la rinascita, è un messaggio che può essere accolto senza riserve da lesbiche e omosessuali solo in quanto, proprio come gli/le eterosessuali, acquisiscono la fiducia di essere figli/e amati/e di Dio e di essere pienamente accolti da Dio in Gesù Cristo.

Anche qui, trasformare la richiesta di conversione in una richiesta che riguarda la sessualità significherebbe subordinare ancora l’evangelo che libera ad un codice culturale di eterosessualità obbligatoria.

 

Infine sappiamo, come chiese, di dover riprendere l’esame di quella narrazione (Gen 1:27) che indica la differenza sessuale come categoria originaria e positiva della creazione operata da Dio. Ma non possiamo confondere i dati creazionali o quelli biologici con l’etica. Conosciamo la fatica, nella storia della cristianità, di riconoscere piena soggettività di creatura completa alla donna di fronte a Dio. Se siamo usciti da quell’impasse è perché abbiamo ascoltato la voce delle ultime e delle oppresse. Oggi, per uscire da un’oppressione altrettanto pesante quale quella esercitata nei confronti delle persone omosessuali, che cancella la fiducia nella bontà della propria esistenza e non permette di maturare nel proprio cammino spirituale, possiamo sottolineare la dimensione diretta e personale del rapporto di Dio con ogni essere umano, uomo o donna, in ogni età della vita e in ogni condizione.

Consideriamo come messaggio di questo evangelo inclusivo della grazia di Dio la parola sugli eunuchi che si credono esclusi dall’appartenenza al popolo che Dio abbraccia come suo, l’umanità riconciliata in Gesù Cristo: “Io darò loronella mia casa e dentro le mie mura, un posto e un nome, che avranno più valore di figli e figlie; darò loro un nome eterno, che non perirà più.. .e li rallegrerò nella mia casa di preghiera.” (Isa 56:5,7). “Perché il regno di Dio è giustizia, pace e gioia, nello Spirito Santo” (Ro 14:18).

 

 

Alcuni dati scientifici

 

Omosessualità è termine di recente formazione, coniato nel 1869 dal medico ungherese Karoly M. Benkert; dall’aggettivo greco omoios stesso, uguale indica l’attrazione sessuale per una persona del proprio stesso sesso, a differenza della parola eterosessualità che indica l’attrazione sessuale per persona di sesso opposto al proprio, dal greco eteros altro, diverso.

 

Il concetto di omosessualità o eterosessualità è in relazione con il concetto di identità sessuale, cioè la descrizione della dimensione soggettiva del proprio essere sessuati. Tale descrizione, pur cercando di rispondere ad un’esigenza di stabilità, contiene spesso elementi di incertezza ed imprevedibilità, essendo l’esito di processi di formazione in cui interagiscono in modo complesso aspetti biologici, culturali ed educativi.

 

Le attuali teorie della sessuologia considerano l’identità sessuale una costruzione con  4 distinte componenti:

 

 

·        Il sesso biologico, cioè l’appartenenza al sesso femminile o maschile determinato dai cromosomi sessuali

· L’identità di genere, cioè la convinzione individuale di base, l’identificazione primaria della persona come femmina o come maschio che si stabilisce nella prima infanzia; l’identità di genere coincide spesso (ad esclusione dei transessuali e dei transgender) con il proprio sesso biologico a motivo sia dell’influenza delle predisposizioni biologiche ma anche dell’apprendimento sociale

· Il ruolo di genere, ovverosia l’insieme delle aspettative su come uomini e donne debbano comportarsi in una data cultura ed in un dato periodo storico; il ruolo di genere consiste spesso in stereotipi, modelli prefissati spesso pregiudiziali che definiscono ciò che è appropriato per una femmina o per un maschio come apparenza fisica, personalità, gesti.

 

· L’orientamento sessuale, cioè l’indirizzo prevalente dell’attrazione affettiva/sentimentale e fisico/erotica insieme per persone o di entrambi i sessi (bisessuale), o dello stesso sesso (omosessuale) o del sesso opposto (eterosessuale) .

 

· L’orientamento sessuale emerge in ogni persona come un insieme di sensazioni e preferenze spontanee e naturali del tutto personalizzato ed unico; esso esiste come condizione, alla stessa stregua dell’impronta digitale, in qualche modo data prima dell’inevitabile percorso di riflessione sul proprio sé, sulla base della propria esperienza affettiva (di chi mi innamoro?) e della scelta conseguente di un determinato comportamento sessuale (con chi faccio l’amore?) in cui si esplicita il proprio desiderio.

 

In conclusione, omosessualità è da intendersi come una dimensione possibile dell’identità personale orientata affettivamente ed eroticamente verso persone del proprio stesso sesso biologico. L’omosessualità si esplicita nelle umane dinamiche relazionali come l’innamoramento, le fantasie, il desiderio, la costruzione di percorsi di vita in comune con l’amato/a, i litigi, il rapporto sessuale, la cura reciproca, la convivenza, talvolta la separazione e il tradimento, talvolta la gelosia, la procreazione di prole o l’adozione, l’allevamento e l’educazione dei figli e delle figlie.

 

La consacrazione ai ministeri di persone omosessuali e la benedizione delle convivenze delle coppie omosessuali.

 

Qualche anno fa la Tavola Valdese ha chiesto al Corpo pastorale valdese e metodista se riteneva potessero esservi degli ostacoli alla consacrazione al ministero pastorale di una persona che si dichiarava pubblicamente omosessuale. Il dibattito fu unanime nel non vedere il problema, mentre segnalò che sarebbe stato opportuno occuparsi della questione della benedizione di unioni omosessuali. Il nostro gruppo di lavoro condivide quella posizione. Riteniamo che l’orientamento sessuale, in quanto è una delle caratteristiche che costituiscono la particolarità di ogni persona (insieme al genere, al carattere, ai doni e difficoltà particolari etc.), concorra a definire le potenzialità ed i limiti della particolare persona nell’esercizio concreto del ministero che la chiesa le affida, ma non abbia alcuna rilevanza quanto alle condizioni di ammissione a qualunque ministero nella chiesa. Ci auguriamo quindi che non vi sia da proseguire la discussione sull’argomento.

 

Viceversa, la questione della benedizione delle unioni di fatto, omosessuali ed eterosessuali, ci pare meriti un approfondimento. Il gruppo è convinto che, laddove due persone si ritengano unite in matrimonio o in un progetto di vita comune e chiedano la benedizione di questa unione, le chiese dovrebbero accogliere la richiesta, indipendentemente dalle forme che la coppia ha scelto o ha avuto la possibilità di adottare per certificare pubblicamente il proprio matrimonio o la propria unione.

 

Se l’origine della benedizione è in Dio, le chiese non possono accampare alcun potere su di essa, ma sono semplicemente chiamate al servizio di trasmettere tramite la loro parola umana il sì di Dio a tutta la sua creazione, senza distinzione alcuna.

 

La benedizione (berakhah) in tutta la Bibbia, in particolare nell’Antico Testamento, si configura come la promessa di una vicinanza amorevole e solidale di Dio pronunciata in una situazione specifica della vita delle persone. E’ una parola di grazia, alla quale si congiunge da una parte l’impegno della comunità benedicente a pregare per sostenere la/le persone benedette nel loro specifico progetto di vita, dall’altra la confessione di fede delle persone che, chiedendo la benedizione, manifestano il bisogno dell’aiuto di Dio nella loro esistenza e la fiducia nel Signore.

 

Nelle Chiese protestanti storiche le benedizioni sono pronunciate non solo in occasione dei matrimoni, ma anche di battesimi e presentazioni dei bambini, confermazioni, anniversari, consacrazioni pastorali, diaconali e dei ministeri locali, nella fiducia della disposizione benevolente di Dio di fronte a tutte queste situazioni.

 

Le coppie omosessuali come le coppie eterosessuali desiderano condividere la loro vita con la persona amata, a tutti i livelli, da quello spirituale, a quello materiale, da quello affettivo, a quello erotico-sessuale. Il desiderio di essere riconosciuti come coppia a livello ecclesiale e sociale, oltre a manifestare una volontà di continuità nel progetto di vita, produce l’espansione dell’amore nel mondo, al pari delle coppie eterosessuali. Come afferma Desmond Tutu, “che un uomo ami una donna o un altro uomo, o che una donna ami un uomo o un’altra donna, a Dio sempre amore appare, e si rallegra ogni volta che riconosciamo di avere bisogno degli altri”.

 

L’unica differenza è nel fatto che le coppie omosessuali non richiedono la benedizione per la procreazione. D’altronde, la maggior parte delle liturgie nuziali protestanti non parlano della procreazione, bensì sottolineano fortemente che la vita di coppia si configura come uno spazio creativo in senso lato.

 

Infine, nelle liturgie nuziali protestanti si dà prova di una grande libertà liturgica e pertanto auspichiamo che nella revisione delle liturgie per matrimoni e benedizioni di matrimonio possano essere inseriti elementi adatti anche per le coppie omosessuali.

 

In conclusione, il nostro gruppo di lavoro ritiene che la richiesta di benedizione delle coppie omosessuali chiama le chiese locali (prima della decisione in Assemblea-Sinodo BMV) a ri-avviare il dibattito sull’argomento, in vista della maturazione di una posizione consapevole, che, sola, permetterà la piena partecipazione dei membri omosessuali alla vita della comunità.

 

 

 

                                              

 

 

 

Cammina !

 

Dietro a ogni linea d'arrivo

c'è una linea di partenza.

Insisti, anche se tutti aspettano

che tu desista.

Non lasciare che si arrugginisca

il ferro  che è in te.

Fa' in modo che, invece di compassione,

ti portino rispetto.

Quando non puoi più correre,

cammina veloce.

Quando non puoi più camminare veloce,

cammina.

Quando non puoi più camminare,

usa il bastone.

Però non trattenerti mai!

 Teresa di Calcutta


 

 

 

 

21 gennaio 2007

Io, Welby e la morte

di Carlo Maria Martini

           Con la festa dell'Epifania 2007 sono entrato nel ventisettesimo anno di episcopato e sto per entrare, a Dio piacendo, anche nell'ottantesimo anno di età. Pur essendo vissuto in un periodo storico tanto travagliato (si pensi alla Seconda guerra mondiale, al Concilio e postconcilio, al  terrorismo eccetera), non posso non guardare con gratitudine a tutti questi anni e a quanti mi hanno aiutato a viverli con sufficiente serenità e fiducia. Tra di essi debbo annoverare anche i medici e gli infermieri di cui, soprattutto a partire da un certo tempo, ho avuto bisogno per reggere alla fatica quotidiana e per prevenire malanni debilitanti. Di questi medici e infermieri ho sempre apprezzato la dedizione, la competenza e lo spirito di sacrificio. Mi rendo conto però,con qualche vergogna e imbarazzo, che non a tutti è stata concessa la stessa prontezza e completezza nelle cure. Mentre si parla giustamente di evitare ogni forma di "accanimento terapeutico" ,mi pare che in Italia siamo ancora non di rado al contrario, cioè a una sorta di "negligenza terapeutica " e di "troppo lunga attesa terapeutica". Si tratta in particolare di quei casi in cui le persone devono attendere troppo a lungo prima di avere un esame che pure sarebbe necessario o abbastanza urgente, oppure di altri casi in cui le persone non vengono accolte negli ospedali per mancanza di posto o vengono comunque trascurate. È un aspetto specifico di quella che viene talvolta definita come "malasanità" e che segnala una discriminazione nell'accesso ai servizi sanitari che per legge devono essere a disposizione di tutti allo stesso modo.
Poiché, come ho detto sopra, infermieri e medici fanno spesso il loro dovere con grande dedizione e cortesia, si tratta perciò probabilmente di problemi di struttura e di sistemi organizzativi. Sarebbe quindi importante trovare assetti anche istituzionali, svincolati dalle sole dinamiche del mercato, che spingono la sanità a privilegiare gli interventi medici più remunerativi e non quelli più necessari per i pazienti, che consentano di accelerare le azioni terapeutiche come pure l'esecuzione degli esami necessari.
Tutto questo ci aiuta a orientarci rispetto a recenti casi di cronaca che hanno attirato la nostra attenzione sulla crescente difficoltà che accompagna le decisioni da prendere al termine di una malattia grave. Il recente caso di P.G. Welby, che con lucidità ha chiesto la sospensione delle terapie di sostegno respiratorio, costituite negli ultimi nove anni da una tracheotomia e da un ventilatore automatico, senza alcuna possibilità di miglioramento, ha avuto una particolare risonanza. Questo in particolare per l'evidente intenzione di alcune parti politiche di esercitare una pressione in vista di una legge a favore dell'eutanasia. Ma situazioni simili saranno sempre più frequenti e la Chiesa stessa dovrà darvi più attenta considerazione anche pastorale.

La crescente capacità terapeutica della medicina consente di protrarre la vita pure in condizioni un tempo impensabili. Senz'altro il progresso medico è assai positivo. Ma nello stesso tempo le nuove tecnologie che permettono interventi sempre più efficaci sul corpo umano richiedono un supplemento di saggezza per non prolungare i trattamenti quando ormai non giovano più alla persona.
È di grandissima importanza in questo contesto distinguere tra eutanasia e astensione dall'accanimento terapeutico, due termini spesso confusi. La prima si riferisce a un gesto che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte; la seconda consiste nella «rinuncia ... all'utilizzo di procedure mediche sproporzionate e senza ragionevole speranza di esito positivo» (Compendio Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 471). Evitando l'accanimento terapeutico «non si vuole ... procurare la morte: si accetta di non poterla impedire» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.2.278) assumendo così i limiti propri della condizione umana mortale.
Il punto delicato è che per stabilire se un intervento medico è appropriato non ci si può richiamare a una regola generale quasi matematica, da cui dedurre il comportamento adeguato, ma occorre un attento discernimento che consideri le condizioni concrete, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. In particolare non può essere trascurata la volontà del malato, in quanto a lui compete — anche dal punto di vista giuridico, salvo eccezioni ben definite — di valutare se le cure che gli vengono proposte, in tali casi di eccezionale gravità, sono effettivamente proporzionate.
Del resto questo non deve equivalere a lasciare il malato in condizione di isolamento nelle sue valutazioni e nelle sue decisioni, secondo una concezione del principio di autonomia che tende erroneamente a considerarla come assoluta. Anzi è responsabilità di tutti accompagnare chi soffre, soprattutto quando il momento della morte si avvicina. Forse sarebbe più corretto parlare non di «sospensione dei trattamenti» (e ancor meno di «staccare la spina»), ma di limitazione dei trattamenti. Risulterebbe così più chiaro che l'assistenza deve continuare, commisurandosi alle effettive esigenze della persona, assicurando per esempio la sedazione del dolore e le cure infermieristiche. Proprio in questa linea si muove la medicina palliativa, che riveste quindi una grande importanza.

Dal punto di vista giuridico, rimane aperta l'esigenza di elaborare una normativa che, da una parte, consenta di riconoscere la possibilità del rifiuto (informato) delle cure — in quanto ritenute sproporzionate dal paziente — , dall'altra protegga il medico da eventuali accuse (come omicidio del consenziente o aiuto al suicidio), senza che questo implichi in alcun modo la legalizzazione dell'eutanasia. Un'impresa difficile, ma non impossibile: mi dicono che ad esempio la recente legge francese in questa materia sembri aver trovato un equilibrio se non perfetto, almeno capace di realizzare un sufficiente consenso in una società pluralista. L'insistenza sull'accanimento da evitare e su temi affini (che hanno un alto impatto emotivo anche perché riguardano la grande questione di come vivere in modo umano la morte) non deve però lasciare nell'ombra il primo problema che ho voluto sottolineare, anche in riferimento alla mia personale esperienza. È soltanto guardando più in alto e più oltre che è possibile valutare l'insieme della nostra esistenza e di giudicarla alla luce non di criteri puramente terreni, bensì sotto il mistero della misericordia di Dio e della promessa della vita eterna.

 

Animali al Gignoro

di Esther Amrein

 

           Pochi di noi ricordano come e quando Giacomina è arrivata al Gignoro, centro servizi, residenza e centro diurno per anziani del quartiere di Coverciano. Certo è, che il fatto risale ad almeno 10 anni fa.

Giacomina era una gatta bianca e nera. Di lei, come di Musetta, la gattina che l’ha seguita di lì a poco, se ne prendevano cura alcuni operatori e, almeno fino a quando hanno potuto farlo, un paio di residenti. Giacomina è morta un anno fa, dopo aver offerto compagnia a tutti quelli che lo desideravano.

Lo stesso anno, a marzo del 2005, abbiamo avviato il progetto “Animali al Gignoro”. 

Abbiamo avviato la sperimentazione in collaborazione con un veterinario della ASL e due operatori tecnici del canile, organizzando delle visite con gli anziani presso due canili comunali.

Poi abbiamo invitato al Gignoro due cani, Herta e Zigo, che si alternavano nelle visite ai nostri anziani. Herta veniva il lunedì e Zigo il venerdì, a conclusione della settimana. Queste visite, semplici momenti di socializzazione, si sono protratte per tutto l’inverno e parte della primavera.

A maggio del 2005 abbiamo accolto in struttura due orsetti russi, Boris e Vladimir, seguiti poco dopo da Nuvola, un coniglio nano di razza ariete.

Nel frattempo il gruppo promotore del progetto, costituito da cinque operatori del Gignoro, ha iniziato un percorso di formazione seguendo prima un seminario organizzato dalla provincia di Modena, poi dei corsi specifici promossi dall’AIUCA.

L’AIUCA, associazione italiana uso cani da assistenza, è una associazione non a scopo di lucro, persegue finalità di solidarietà sociale per il miglioramento delle condizioni psicofisiche di persone con disabilità o disagio tramite l’impiego e/o affidamento di animali idonei ed è l'unico ente europeo affiliato alla Delta Society Pet Partners. Per questo affida e addestra animali, partecipa a programmi di attività e terapia assistita dall’animale (AAA/AAT) , organizza corsi di formazione e valuta l’idoneità della coppia uomo-animale che si presta a lavorare nelle attività di cui sopra.

Nuvola, il coniglio nano, ha superato insieme al suo conduttore la valutazione dell’AIUCA e al momento si stanno preparando per questa prova altri due cani, Liquirizia, un meticcio di taglia piccola di cinque anni, e Perla, un cucciolo di golden retriever. I due cani lo scorso marzo sono andati in provincia di Como per prendere parte ad un corso di apprendimento proposto sempre dall’AIUCA. Per familiarizzare con l’ambiente, Liquirizia e Perla stanno già frequentando la struttura, ma non possono ancora essere impegnati nelle attività con gli anziani. La loro presenza in ogni modo non passa inosservata!

Nuvola, il coniglio nano, è  impegnato in attività di gruppo e percorsi individuali, finalizzati alla socializzazione, alla riattivazione motoria e a quella cognitiva.

Le attività fino ad oggi proposte sono ancora poche. L’obiettivo è quello non solo di aumentarle, ma  di renderle una costante nella vita della casa di riposo. Siamo in attesa che cresca il numero degli animali pronti a lavorare e che il resto del personale abbia partecipato alla formazione.

In ogni modo, in oltre un anno di sperimentazione, le attività proposte hanno riscontrato molto successo. I nostri ospiti hanno dimostrato soddisfazione e benefici. I parenti hanno espresso in gran parte  pareri favorevoli e incitazione a proseguire. Gli operatori non direttamente coinvolti  hanno dimostrato entusiasmo e voglia di collaborazione.

Per la prima metà di settembre abbiamo programmato un corso di formazione con l’AIUCA aperto a tutto il personale, perché siamo convinti che solo la conoscenza e la condivisione dei principi, degli obiettivi e delle tecniche sono garanzia di interventi corretti.             

 

 

 

 

Il naso tra i libri

a cura di Sara Rivedi Pasqui

 

Luisa Muraro

La Signora del gioco

La Tartaruga edizioni, 2006, pp.344 € 16.50

 

Profilo biografico


         Luisa Muraro nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza) è ritenuta una delle filosofe contemporanee più importanti e significative. Laureatasi all’Università Cattolica di Milano dal 1976  è docente di Filosofia presso l’Università di Verona, ma i suoi rapporti con il mondo accademico non sono mai stati facili. Essendo una persona versatile e piena d’interessi il suo percorso di studiosa si rivela assai vario e movimentato, infatti inizialmente si dedica alla filosofia della scienza per passare poi alla ricerca storica ed in seguito alla linguistica. Coinvolta nel movimento studentesco del sessantotto perde la borsa di studio e va ad insegnare nella scuola dell’obbligo interrompendo la sua carriera universitaria per un certo periodo di tempo. L’incontro con il femminismo suscita in lei un profondo interesse da cui scaturisce un attento studio del fenomeno. Collabora alla formazione della Libreria delle Donne a Milano (1975) ed è una delle fondatrici della Comunità filosofica Diotima (1984) che raccoglie filosofi di tutto il mondo ed è un punto di riferimento per gli studi del pensiero femminile. A lei va il merito di aver elaborato il pensiero della differenza sessuale che si è potuto diffondere ed affermare così ampiamente da essere una realtà della filosofia contemporanea. Oggi Luisa Muraro dedica la sua attenzione ai testi della mistica femminile dal Medio Evo ai nostri giorni. La sua bibliografia comprende centinaia di titoli poiché è autrice di saggi, articoli, interventi pubblicati su riviste accademiche e di carattere divulgativo. Tra i suoi libri sono da ricordare «Guglielma e Manfreda. Storia di un’eresia femminile», «L’ordine simbolico della madre», «Le amiche di Dio.Scritti di mistica femminile», «Il Dio delle donne».

 

La Signora del gioco

 

Questo libro, pubblicato per la prima volta nel 1976, è una indagine attenta ed accurata sulla caccia alle streghe presentata da Luisa Muraro con l’intento di dimostrare che le donne accusate di stregheria sono state vittime dei rigori e della miopia del sistema giudiziario dell’epoca, nel caso specifico dei tribunali dell’Inquisizione. Nella prefazione alla nuova edizione uscita nel 2006 l’Autrice spiega che il testo non vuole offrire una nuova chiave di lettura, ma è una riproposta emendata da alcune inesattezze ed arricchita da un’appendice costituita da una sua conferenza del 1997 e da un brano tratto da Il Dio delle donne pubblicato nel 2002.

Il volume,sottotitolato La caccia alle streghe interpretata dalle sue vittime, prende in esame i processi per stregheria istruiti a Poschiavo ed in Val di Fiemme nel Cinquecento e nel Seicento. La studiosa ha compulsato una vasta documentazione archivistica, cioè gli atti di quei processi che con acribia encomiabile riporta nel suo libro (in effetti rappresentano il corpus dell’elaborato) e li collega fra loro mediante un’interpretazione che purtroppo non ha trovato voce nella nostra cultura e non è stata condivisa dagli studiosi della materia in questione. Luisa Muraro sostiene che le streghe furono processate e giustiziate con la condanna al rogo nel momento in cui, tra la fine del Medio Evo e l’inizio dell’Età Moderna, si apre un conflitto culturale, sociale, ma anche simbolico. La caccia alle streghe è consequenziale al cedimento del confine tra fantasia e realtà e così, fra il XIV e il XV secolo, si avvia a perseguitare soggetti accusati di misfatti che in epoca precedente le autorità inquisitorie stimavano solamente fantasie inspirate dal maligno. L’età moderna non accetterà la coesistenza del “certo” e del “fantastico” e così “si passa alla repressione realistica di certe credenze realisticamente intese”. L’Autrice reputa catastrofica la perdita di tale confine e giudica negativamente non aver saputo accettare la coesistenza del mondo reale con quello

fantastico. Le donne, raramente si accenna ad un uomo, che sperimentavano questa duplice dimensione venivano inquisite e costrette a subire torture atroci e disumane ai fini di estorcere loro la confessione ed infine venivano condannate ad essere arse vive. Dagli atti dei processi riportati nel testo si evince che le sciagurate, quasi tutte di umili origini, sovente sole perché vedove o nubili, appaiono fin dall’inizio delle perdenti per la loro inferiorità sociale e culturale rispetto agli inquisitori che si rivelano dei veri carnefici in nome delle loro credenze religiose condizionate dalla demonofobia. Tuttavia tutte queste donne, accusate di connivenza con Satana, si difendono con   disperata e caparbia ostinazione ricorrendo ad ogni mezzo: la fuga, la religione (tutte si professano buone cristiane), la menzogna, l’invenzione e qualche volta la simulazione (si fingono pazze). La violenza della tortura è tale e tanta che pur di sottrarvisi le poverette sono pronte a confessare azioni orrende e ripugnanti e così la condanna al rogo è inevitabile, atto estremo e terribile che servirà a ripristinare l’ordine ed il fuoco avrà funzione catartica cioè di purificazione producendo il superamento della colpa.

Nei processi di stregheria si parte sempre dalla testimonianza di una o più persone che dichiarano di essere state vittime di qualche sortilegio: una mucca senza latte, un raccolto andato male, una gravidanza non portata a buon termine, un bambino affetto da malattia sconosciuta. L’ignoranza, la superstizione, la suggestione stanno all’origine di queste convinzioni, ma a volte la testimonianza scaturisce dal desiderio di vendetta, da antipatia, da invidia. Sovente le donne accusate di stregheria e maleficio praticano la divinazione e la medicina, raccolgono erbe dalle proprietà terapeutiche, preparano unguenti e pozioni e dunque sono avvicinate dal popolo, specialmente da quello radicato nel tessuto rurale, ma sono anche esposte ad ogni genere di pregiudizi e di sospetti proprio per le loro ‘doti magiche’.

Il periodo storico più intransigente e spietato si estende per lo spazio di tre secoli, l’accanimento è suggerito e provocato dalla certezza da parte delle autorità ecclesiastiche dell’implicazione del diavolo, una vera ossessione che si acuisce con il procedere del tempo fino a diventare parossistica. Il 1390 è l’anno che segna l’inizio della caccia alle streghe con la condanna al rogo di due donne, Sibilla e Pierina, riconosciute dal Tribunale  dell’Inquisizione «eretiche relapse» cioè ricadute nell’eresia, ancora non era usato il termine streghe. Esse confessano di far parte di una società guidata dalla Signora del gioco (domina ludi) che incontravano una volta la settimana tra il giovedì e il venerdì. La Signora era assai dotta ed esperta, le istruiva in molte cose, anche come prendersi cura della propria casa, ed è affascinante il loro racconto così sospeso tra sogno e realtà. Luisa Muraro spiega che le due donne sono le rappresentanti di una cultura arcaica ancora talmente viva da intrecciarsi strettamente con quella popolare, purtroppo i giudici non seppero cogliere questa peculiarità essendo resi sordi e ciechi dalle loro certezze. Le credenze e le fantasie a cui si abbandonano le donne accusate di stregheria traggono origine dalla insoddisfazione della propria condizione sociale e dalla ricerca disperata di evasione da una vita di fatiche di rinunce, di umiliazioni, di solitudine affettiva, di mancanza di spazio in una società che le emarginava proprio in quanto donne. In un’epoca antica le streghe erano ritenute anche fate dunque creature dal duplice potere non solo negativo, ma anche benefico. Con l’avvento dell’età moderna, resta solo il maleficio, il danno e la strega è tale perché strumento del demonio a cui si è votata e proprio per questo motivo deve essere punita con la massima pena cioè il rogo.

L’accanimento contro le donne sospettate ed accusate di connivenza con Satana perdura per quasi tre secoli, poi avviene un cambiamento che ne segnerà la fine: le donne processate e torturate cessano di autoaccusarsi e di enfatizzare le confessioni sulle loro esperienze demoniache (sabba, malefici, violenze, banchetti repellenti e profanazioni di simboli sacri), anzi cominciano a ritrattare e a denunciare di essere state costrette a confessare tutta una serie di nefandezze per sottrarsi alle atrocità delle torture. A loro volta gli accusatori cominciano a manifestare dei dubbi a proposito delle loro certezze. È una svolta determinante, nel XVII si avverte un mutamento in atto, ma ancora una volta dalla disamina di Luisa Muraro

traspare quanto sia stato facile vedere nella donna il veicolo giusto per l’affermarsi del male.

Perché presentare questo libro? Perché parlare oggi di stregheria? Fu un fenomeno molto diffuso e rilevante in tutto il continente europeo che interessò ogni stato, ogni realtà culturale, ogni confessione religiosa, una pagina scabrosa e scomoda della nostra storia. Un po’ dovunque si innalzarono roghi e poiché ancora oggi troppe donne vengono accusate di colpe che non hanno commesso e caricate di pesi insostenibili è bene soffermarsi, guardare indietro e prendere coscienza di ciò che è avvenuto tanto tempo fa per meglio capire e conoscere la realtà femminile. Ancora oggi, sebbene per motivi diversi, molte donne esperimentano il dramma di essere penalizzate ed emarginate in quanto donne.

 

 

 

Segnalazioni Claudiana

 

Victor Frankl - Pichas Lapide, Ricerca di Dio e domanda di senso. Dialogo tra un teologo e uno psicologo. Edizione italiana a cura di Eugenio Fizzotti

Nel 1984, a Vienna, lo psichiatra e neurologo Victor E. Frankl e il teologo Pinchas Lapide - entrambi ebrei, entrambi sopravvissuti alla Shoah avviarono un dialogo sul senso della vita e sull'esperienza religiosa tentando di aprirsi reciprocamente fino in fondo alla prospettiva dell'altro.

Un intenso discorso interdisciplinare sulla guarigione e la salvezza, tra psicoterapia e teologia, scienza e fede, percorsi spesso in contrasto, qui ravvicinati all'interno di un medesimo, forte, desiderio di ricerca della verità. Un dialogare prezioso sulla sofferenza e la colpa, ma anche sull'amore e il senso della vita, per comprendere i limiti del proprio sapere e aprirsi alla vera tolleranza.
 

Adolf von Harnack, Storia del dogma. Un compedio, pp. 480, euro 39,00

Questo compendio è una riuscita sintesi della sua opera principale in tre volumi di cui mantiene l'impianto e il rigore metodologico.

IL LIBRO:

Massimo storico del cristianesimo nel primo Novecento, Harnack ha legato il suo nome a un particolare metodo di analisi storica, la storia del dogma, la cui principale espressione è l'omonimo manuale in tre volumi pubblicato in Germania negli anni 1886-1890. Secondo Harnack, la nozione di dogma, assente nell'insegnamento di Gesù e nel Nuovo Testamento, è legata a uno specifico percorso storico, caratterizzato da forme di pensiero e schemi argomentativi ellenistici, al cui interno la chiesa delle origini ha formulato le proprie espressioni dogmatiche. Per Harnack, la teologia cristiana non deve quindi considerare alla stregua del dato biblico tali formulazioni.

Redatto negli anni 1889-1891, questo compendio è una felice sintesi di metodo, tesi e argomentazioni di uno dei più grandi intellettuali cristiani dell'età contemporanea.
 

N.T. WRIGHT, Risurrezione, Strumenti 28, pp. 976, euro 65,00

Certamente si tratta di un volume importante, sia come mole, sia come prezzo, ma si tratta di un'opera destinata a diventare un punto fermo nelle prossime discussioni sul tema centrale della risurrezione. Grande successo di vendita e di critica nel mondo anglofono, dove il libro si è imposto in brevissimo tempo, malgrado la mole, come «Il Libro» sulla risurrezione.
IL LIBRO

In questo volume Wright ci guida in un viaggio affascinante tra le antiche concezioni sulla vita dopo la morte, dalle ombre dell'Ade omerico, attraverso la speranza platonica in un'immortalità di beatitudine, fino al I secolo a.C., in cui il mondo greco e romano negava ogni possibilità di risurrezione. Segue l'esame delle antiche credenze ebraiche, dalla Bibbia fino ai rotoli del Mar Morto e oltre.

L'analisi fornisce il contesto per un approfondito esame delle concezioni del cristianesimo delle origini sulla risurrezione

in generale e quella di Gesù in particolare, da Paolo agli inizi del III secolo.  Nella parte successiva, l'autore si interroga sul perché tali pensatori cristiani introducano tutti gli stessi significativi cambiamenti alla concezione ebraica della risurrezione che pure sostanzialmente condividono. La risposta conduce agli straordinari ed evocativi racconti pasquali dei vangeli e all'interrogativo se costituiscano o meno invenzioni tardive.

Vagliate le migliori spiegazioni storiche sulla tomba vuota e sulla credenza che Gesù sia davvero risorto corporalmente, Wright riconosce che è stata questa convinzione a indurre i primi cristiani a chiamare Gesù «Figlio di Dio». Ciò facendo, essi lanciarono una sfida, tanto politica quanto teologica, che è tuttora viva e stimolante.


Nuovi incontri. Percorsi di arte e cultura, di scienza e di fede, di Piera Egidi BOUCHARD, pp. 264, euro 14,50
Tra gli intervistati segnalo: Margherita Hack, Younis Tawfik, Giorgina Arian Levi, Rossana Rossanda, Liliano Frattini, Jean Baubérot, Massimo L. Salvadori e Bruno Segre. Quaranta percorsi di fede o ricerche di senso, quaranta storie raccontate intelligentemente dalla penna dell'autrice e impreziosite dalla bella introduzione di Antonio Di Grado.
Il Libro:
In quaranta ampie interviste che sono altrettanti felici incontri, Piera Egidi Bouchard racconta ed evoca storie e Storia, delineando una narrazione dalle forti valenze politiche, civili e religiose. Questi molteplici percorsi di vita, queste storie parallele di donne e uomini «contro» costruiscono così un vero e proprio romanzo corale, che abbraccia più di mezzo secolo, rappresentando un’Italia che avrebbe potuto essere.

 

   

 

 

Festa della Libertà

Il prossimo 17 febbraio

A Casa Cares (Reggello)

 

Arrivi nel corso del pomeriggio

Ore 17: Conversazione con la past. Gianna Sciclone

“A che servono i Valdesi?”

 

Ore 19 Cena

Ore 20 Falò e canti attorno al fuoco

Domenica 18 culto con Cena del Signore

Alle 13 agape e incontro pomeridiano

 

 

 

 

Notizie dalle chiese fiorentine

 

         Dalla Chiesa Metodista

Abbiamo iniziato il 2007 con un concerto che ha avuto luogo giovedì 18 gennaio. Questo concerto aveva due scopi: 1. celebrare la conclusione del corso ALFA, 2. far partecipare il quartiere a questa celebrazione. Nel corso delle settimane precedenti abbiamo distribuito volantini a tutti. Alla celebrazione hanno partecipato 52 persone. Crediamo che dopo questa manifestazione si uniranno al corso tre nuove persone. Ringraziamo il Signore per la sua benedizione.

Il 14 febbraio avrà luogo un altro concerto che comincerà alle ore 20.00. Saranno eseguiti brani gospel a cura del Florence Gospel Choir e alla fine del concerto ci sarà una cena per coppie.

Lo scopo di questa attività è di proseguire con la testimonianza di Gesù Cristo. Preghiamo il Signore per il successo della serata e ringraziamo voi per le vostre preghiere.

Augusto Giron

 

Dalla Chiesa Valdese

Domenica 7 gennaio ha presieduto il culto lo studente in teologia Fabio Traversari, che dopo è ripartito per Roma dove continua gli studi alla nostra Facoltà. Ora attendiamo che torni per il 17 febbraio.

Domenica 14 è stato ricordato al culto il fratello prof. Giorgio Spini a un anno della sua scomparsa alla presenza della sua famiglia. Più che come storico egli è stato ricordato come appassionato predicatore e “tessitore di rapporti” fra le chiese evangeliche in vista della loro collaborazione e della creazione di un movimento evangelico unitario nel nostro paese. Come storico sarà ricordato all’occasione di un convegno in primavera (11-12 maggio) organizzato dai nostri centri culturali Guicciardini (Genova) e Vermigli (Firenze).

Abbiamo celebrato il funerale del fratello Pierino Fresa, che ha subito un’importante operazione verso la fine di agosto e non si è più ripreso da allora passando da un ospedale all’altro. Esprimiamo tutta la nostra simpatia alla sua famiglia e in particolare a sua moglie, Laura Miscia, che lo ha assistito con tutto il suo amore di 50 anni, da poco compiuti, fino alla fine.

Un periodo di ricovero in ospedale ha avuto anche la sorella Rosetta Naso Canonizzo, ora in fase di miglioramento a casa.

Al momento in cui scriviamo proseguono positivi gli incontri della Settimana Ecumenica coi suoi ritmi: molto positivo e brillante è stato l’intervento del prof. Fulvio Ferrario allo Stensen sui movimenti e denominazioni evangeliche; speriamo di pubblicarlo presto sulla nostra Diaspora. Potrebbe essere utile per il nostro dibattito interno all’Evangelismo italiano e fiorentino in particolare.

Il prossimo incontro del Concistoro è stato fissato al 13 febbraio alle ore 18.

 

Dalla Chiesa battista di Firenze

 

Le attività sono riprese regolarmente. La novità è lo spostamento dell'orario del culto domenicale alle ore 11:00

L'anno si è aperto col Concerto di Capodanno del Duo Boccaccio.

Il 7 gennaio liturgia del culto e predicazione sono stati curati da Dunia Magherini, la Cena del Signore è stata presieduta     da Renzo Ottaviani.

Il consiglio di chiesa si è riunito il 14 gennaio. Proseguono i lavori di ristrutturazione del tetto e della facciata.

Venerdì 19 gennaio in Borgo Ognissanti si è tenuto l'incontro ecumenico con la vicina Parrocchia di Santa Lucia al Prato.

Prosegue l'offerta d'Amore a sostegno delle Missione battiste della Federazione Battista Europea

Si riuniscono ormai 3 gruppi di preghiera: casa Brandoli-Tonarelli, casa Gloriana Innocenti, casa Baconi-Magherini.

 

 

Antica benedizione irlandese

 

 

Dio ti doni

Per ogni tempesta un arcobaleno,

per ogni lacrima un sorriso,

per ogni preoccupazione una visione

e un aiuto in ogni difficoltà.

Per ogni problema, che la vita ti manda,

un amico, un’amica per condividerlo,

per ogni sospiro un bel canto

e una risposta ad ogni preghiera.

 

 

                                     

 

Appuntamenti comuni in febbraio

 

Mercoledì 7 febbraio in Via Spaventa 4 : incontro interreligioso “Andare ai fondamenti”  Serata “Uomo-donna”, con la partecipazione di Shulamith Furstenberg e la past. Letizia Tomassone alle ore 21.

 

Sabato 10 febbraio in  Via Manzoni 21 alle ore 17: convegno sulle proposte di legge sui Patti civili di Solidarietà, con la partecipazione dell’avv. Pier Paolo Florio, del prof. Leonardo Bianchi, prof. di diritto pubblico dell’Università di Firenze, e del dr. Luca Pettini, consigliere comunale, organizzato dal C.C.P “P.M. Vermigli”.

 

Sabato 17 Febbraio presso Casa Cares conversazione sulla Festa della Libertà alle 17, seguita da Cena e Falò con canti intorno al fuoco, a Reggello, via di Pietrapiana 75.

 

Domenica 18 febbraio alle ore 21 presso la Chiesa Battista il Demidoff Ensemble (violino e pianoforte) eseguirà un concerto con musiche di Corelli, Beethoven, Prokoviev.

 

Mercoledì 28 febbraio presso la Chiesa Luterana, Via de’ Bardi 20 preparazione della Gionata Mondiale di Preghiera delle donne, con diapositive e informazioni sul Paraguay, paese che ha preparato la liturgia.

 

Venerdì 2 Marzo presso la Chiesa Luterana, Lungarno Torrigiani 12 : Giornata Mondiale di Preghiera, organizzata dalle donne ma aperta a tutti i credenti. Orario e programma in fase di definizione (probab. Ore 18)

 

Sabato 10 e dom. 11 marzo : convegno della Diaconia, sabato mattina seduta pubblica con la partecipazione del min. Paolo Ferrero.