Diaspora evangelica

Mensile di collegamento

informazione ed edificazione

Anno XLIII – numero 11 – novembre 2010

 

Dalle 95 tesi (31 ottobre 1517)

Martin Lutero*

 

Tesi 84

Qual è mai questa nuova pietà di Dio e del papa, per cui concedono per denaro ad un empio nemico di liberare un’anima pia ed amica di Dio, mentre non la liberano, con carità del tutto gratuita, per la sofferenza in cui quest’anima pia e diletta si venuta a trovare?

Tesi 85

Perché mai si redime ancora mediante il denaro, con la concessione di indulgenze, da canoni penitenziali che, di fatto, per essere caduti in desuetudine, sono già da tempo abrogati e morti, come se fossero ancora in pieno rigore?

 

*Quest’anno ricorrono cinque secoli dal viaggio di Martin Lutero a Roma (1510-2010).

 

In questo fascicolo:

·         Meditazione biblica di Mario Cignoni

·         Il naso tra i libri: Martin Bucer di Valdo Pasqui

·         Ricordando T.P. Rossetti di Valdo Spini

·         Premio internazionale alla Cooperativa “La Riforma” di Mirella Ricca

·         Servizi sociosanitari - Italia e Francia a confronto di Daniele Massa

·         Dalle opere e dalle chiese evangeliche fiorentine

·         Ecumenicamente (s)corretto di R. D. Papini

 

Editoriale

 

Il 31 ottobre 1517. Questa data segna per me l’inizio della Riforma della Chiesa di Gesù Cristo nella sua forma visibile. So benissimo che i movimenti di riforma sono nati nel seno della Chiesa già nel medioevo. La Riforma protestante tuttavia è unica nel senso di ricordare ai più la possibilità, anzi la necessità di una Chiesa al plurale che si esprime attraverso forme organizzative e sensibilità teologiche diverse.

Questo fascicolo di novembre è quindi quasi monografico. La Riforma vi domina indiscutibilmente. Questo vale anche per la Coop. Soc. “La Riforma” che rappresenta una testimonianza contemporanea della Riforma Cinquecentesca.

Per motivi di spazio il servizio dedicato alla moschea di Firenze sarà pubblica sul prossimo numero.

Vorrei però ritornare alla Domenica della Riforma 2010 e a un fatto per me piuttosto scoraggiante. Quest’anno a Firenze per la prima volta non è stato celebrato un unico culto della Riforma. Al di là dei problemi logistici che hanno portato alla decisione di sospendere l’intera manifestazione siamo tutte e tutti chiamati a riflettere sulle forme della nostra comune testimonianza evangelica nella città. Le sue forme possono e devono essere molteplici, la testimonianza in sé tuttavia non può che essere unitaria, limpida e fedele all’Unico Signore della Chiesa, Cristo Gesù. (p.g.)

 

Attenzione!

Il prossimo numero di DIASPORA EVENGELICA (dicembre 2010) uscirà domenica 5 dicembre. Tutti i contributi tuttavia devono essere consegnati entro lunedì 22 novembre.

 

 

Chi bada al vento non seminerà: Ecclesiaste 11,4

Mario Cignoni*

 

Ci sono dei momenti in cui il vento è propizio e dei momenti in cui il vento è contrario (vela: se il vento è a favore, se c’è vento in poppa vai bene, tutto sembra facile, minimo sforzo massimo rendimento, ma se il vento è di prua devi faticare molto e comunque c’è poco da fare). Qui il concetto è ripreso dalla vita dei campi ma il senso è simile. Ci sono dei momenti favorevoli, il vento soffia dove vuole, a volte soffia per noi il ‘selvaggio vento dell’Ovest’, effettivamente ci sono dei momenti da cogliere, ma, ammonisce l’Ecclesiaste, non badare al vento; per seminare non ti basare sul tempo che fa.

Come evangelici, chiesa, in Italia, a considerare bene la storia, si potrebbe osservare che abbiamo perso proprio nei momenti che potevano essere propizi, il Cinquecento e l’Ottocento. Nel Cinquecento la Riforma protestante non ha attecchito (per diversi motivi: perché è stata stroncata con la violenza diciamo noi, perché non interessava gli italiani dicono altri). A volte ripetiamo con orgoglio che nel 1532 la nostra chiesa ha aderito alla Riforma, appunto quattro gatti. Dobbiamo prendere atto che il momento era sì propizio, Lutero e Calvino erano vivi, in Italia si cominciava a prendere coscienza, la miccia era accesa, l’orizzonte era chiaro, il vento era in poppa, ma poi… la Riforma da noi non ha attecchito.

Lo stesso nell’Ottocento, nel Risorgimento al quale tanto dobbiamo e del quale tanto: parliamo, il tempo di Beckwith (‘o sarete missionari o non sarete nulla’ del Comitato di evangelizzazione, delle missioni straniere, dei fiumi di denaro, della costruzione templi). Però il successo delle nostre chiese è stato numericamente esiguo (4/5.000 ?).

Pensiamo a Porta Pia che doveva essere un “giudizio” sulla Chiesa Cattolica, che vide nel carretto con le Bibbie che entravano in Roma dopo i bersaglieri addirittura ‘l’artiglieria del Signore’. Ma poi… il nostro successo a 140 anni di distanza, è stato modesto.

La nostra consistenza riflette quel passato: siamo pochi perché nei XVI e XIX secoli, la Riforma e il Risveglio non hanno portato i frutti sperati (a differenza paesi del nord).

E oggi? La situazione non è propizia per la predicazione evangelica. Il Vaticano cerca di imporre a tutti la sua visione della chiesa, la sua morale, i suoi valori. E il governo gli va dietro ossequiente. Quant’è vero che il mondo gira, la situazione un giorno cambierà, ci ripetiamo. Ma esiste una situazione favorevole, una situazione perfetta?

Tre esempi tratti dalla Bibbia.

Nel giardino dell’Eden, nel giardino creato da Dio, dove l’uomo ancora senza peccato fu posto (possiamo immaginare un luogo più bello del paradiso terrestre?), c’era anche il serpente: nel mondo ‘buono’ di Dio c’era anche il male, non si sa perché, ma c’era, anche lui fin dal principio (o quasi): c’è sempre stato.

Giobbe racconta che un giorno Dio chiamò i suoi a raccolta. Tutti erano invitati a presentarsi alla corte celeste, un’immagine che ha ispirato fior di pittori nel corso della storia dell’arte cristiana (Roma: puttini paffuti del barocco). Si può immaginare qualcosa di più bello, di più puro, positivo, santo, perfetto, meraviglioso? Ma venne anche Satana in mezzo a loro: tra gli angeli si era infilato lo zampino del diavolo.

I vangeli riferiscono che nel momento cruciale, sacro, quando Gesù spezzò il pane e versò il vino per i suoi, segni del suo corpo e del suo sangue – questo sono io per voi - e annunciò che stava per dare la sua vita per loro, nell’atmosfera triste ma solenne in cui si stava compiendo la svolta finale, in quel momento tragico ma perfetto, proprio allora Satana entrò in Giuda, il cassiere del gruppo. Proprio fra i suoi si aprì una crepa. Un conto sarebbe stato affrontare Erode e Pilato tutti compatti a combattere per un ideale, ma ecco che il Signore venne tradito dal di dentro, lo zoccolo duro sul quale si sarebbe potuto appoggiare si sgretolava, la terra gli franava sotto i piedi ed egli rimase solo.

La coda del diavolo si insinua dappertutto, tra le commessure della vita, anche lì dove sembra impossibile. Basti pensare alle malattie e mali vari che a volte colpiscono nei momenti più impensabili e rovinano le nostre fragili esistenze.

Non esiste una situazione perfetta, non aspettiamola: la storia va avanti comunque, la vita va avanti comunque. Anni fa pensavo che si potesse – nella vita – arrivare sul crinale della collina, dove la vista spazia lontano e puoi vedere l’orizzonte e finalmente capire chi sei e dove vai, e valutare il tutto e decidere sereno. Pensavo che ci fosse un momento perfetto… e questa attesa mi ha fatto perdere del tempo.

Se vogliamo testimoniare la parola di Cristo nel nostro paese non aspettiamo di essere preparati o pronti (soprattutto noi sempre attenti a indire commissioni e seminari), perché non lo saremo mai – chiunque crede ha gli strumenti necessari (la Bibbia). Non aspettiamo di essere perfetti noi stessi: Dio si rivolge anche a chi ha compiuto qualcosa di sbagliato, a chi conosce l’errore, all’uomo peccatore e alla donna peccatrice, la Bibbia è piena di queste persone, come lo è anche la chiesa. Non aspettiamo che cambi il clima socio-politico, che passi la crisi, che l’ecumenismo faccia passi avanti, che ci invitino a parlare, che gli altri appoggino la nostra proposta.  L’evangelo deve essere annunziato e vissuto sia che risplenda il sole della libertà di coscienza o regni l’intolleranza della persecuzione; in tempi di laicità come di clericalismo; che l’opinione pubblica ci incoraggi o meno, è irrilevante. Non solo in tempo di pace e di pluralismo, non solo quando stai seduto in chiesa, ma anche se sei in pericolo, in carcere o in catene, come capitò all’apostolo Paolo, … anche quando vedremo avvicinarsi l’ultimo giorno, ricordiamoci di rendere testimonianza a Cristo e di far vivere la speranza che è in noi.

E non aspettiamo – fratelli e sorelle - di avere una risposta ai nostri perché. Spesso non c’è risposta. Nel deserto in cui viviamo non c’è risposta ad alcune domande, ma c’è il fiore del deserto. In questo deserto non c’è una risposta ma c’è una buona notizia, che con termine greco si dice ‘evangelo’. C’è, ci sarà l’evangelo di Dio: Cristo. Non aspettiamo un altro giorno per prendere sul serio la parola di Cristo, né di vedere gli angeli o di udire parole ineffabili per aiutare il prossimo, il grido dell’umanità sofferente è sufficiente per darsi una mossa subito. Non aspettiamo di avere tempo a sufficienza per dedicarci a visitare i malati, né di avere abbastanza soldi per sostenere un ideale: poco è meglio di niente.

E se è vero che nulla accade se non l’hai sognato prima; ricordiamoci che solo i sogni sono perfetti: non rimandiamo. Questo vale per la vita personale tanto quanto per la vita della chiesa. Che l’attesa non paralizzi l’azione. Se stiamo ad aspettare il momento opportuno, dovremo aspettare a lungo, molto a lungo; ci si può consumare nell’attesa e si rischia di arrivare logorati o di restare al palo. Mettiamo mano all’aratro ora. Il risultato deriverà dall’avere cominciato. Chi bada al vento non seminerà – dice l’Ecclesiaste - chi guarda alle nuvole non raccoglierà nulla, perché ci sarà sempre qualcosa di storto. Non esiste la situazione perfetta.

Apriamo gli occhi, oggi si decide il futuro. Oggi piove, ma domani ci sarà il sole. Domani sorgerà un nuovo giorno e quel che abbiamo piantato germoglierà. Domani sboccerà il vangelo, domani il vento soffierà propizio. Domani il deserto e la terra arida si rallegreranno, domani la solitudine gioirà e fiorirà come una rosa… Vorrei fosse già domani. E’ ancora oggi però: la situazione non è perfetta, tira una brutta aria, il vento è contrario e appaiono nuvole nere all’orizzonte, ma forse è questo il momento giusto per noi, e comunque questo è il nostro momento.

 

* Predicatore locale, filologo e biblista, docente universitario, collaboratore stabile della Società Biblica Britannica e Forestiera di Roma, presidente della CED del III distretto.

 

 

Martin Bucer: Un riformatore ecumenico

Valdo Pasqui

 

La figura del Riformatore di Strasbugo, decisamente meno noto rispetto a Lutero e Calvino è particolarmente legata alla storia valdese. Martin Bucer è colui da cui nel 1530 si recarono, su indicazione di Giovanni Ecolampadio incontrato a Basilea, i barba Morel e Masson, inviati dal capitolo generale dei Valdesi riunitosi a Mérindol in Provenza, per approfondire la conoscenza della Riforma protestante. Ma chi è stato e perché Martin Bucer?

Nato l’11 novembre 1491 da una famiglia di artigiani a Sélestat, tra Colmar e Strasburgo in Alsazia, a 15 anni entra nel convento dei domenicani per intraprendere gli studi e nel 1515-1516 riceve l’ordinazione sacerdotale a Magonza. Invitato nel 1517 a Heidleberg gli sarà fatale l’incontro con Lutero il 18 aprile 1518 la cui influenza, grazie al fermento generale di riforma della chiesa e della società civile di quegli anni, lo induce  a iniziare la pratica di scioglimento dall’ordine monastico da cui viene dimesso nel 1521. Dopo aver sposato nel 1522 Elisabeth Silbereisen, da cui avrà vari figli, si trasferisce a Strasburgo nel maggio del 1523 dove viene accolto nella casa dal predicatore della cattedrale Mathias Zell e questa città sarà il centro della sua attività di riformatore in campo teologico e civile.

Siamo nella prima metà del ‘500 in un’area geografica che comprende la Svizzera (Berna, Basilea, Costanza, Zurigo….), l’area del nord-est della Francia, l’Alsazia in cui è situata Strasburgo e le regioni collocate della Germania (Assia, Wurtemberg, Franconia, Turingia). Si tratta di un periodo ricco di avvenimenti contraddistinto dalle guerre per il predominio in Europa che hanno come protagonista Carlo V ed i vari re di Spagna, Francia ed Inghilterra, dalle scoperte geografiche che allargano i confini conosciuti e trasformano l’economia e da un grande fermento artistico culturale, il Rinascimento.

Strasburgo, città imperiale libera, alla fine del 1524 è, di fatto, una città riformata alleata con le città svizzere che si erano liberate dal giogo imperiale. In queste aree la Riforma è borghese, il consiglio della città riesce ad evitare la rivolta delle masse contadine e si i impadronisce del poter decisionale del clero conducendo un processo di riforma, il Magistrato nomina i pastori che dipendono dal consiglio della città.

Bucer opera in questo contesto e nella sua azione riformatrice aderisce pienamente ai due principi della Riforma: Sola Scritpura e Giustificazione per fede. Queste sono le tematiche affrontate nei suoi primi scritti del 1523: Che nessuno viva per sé ma per gli altri (la giustificazione per fede porta alla cooperazione ed all’amore) e Responsabilità cristiana. Ma Bucero è anche uomo di formazione erasmiana e umanistica. Così egli interpreta questi due capisaldi in chiave ecumenica, sempre alla ricerca dell’unità, costantemente ispirato dalla Parola di Dio:

       -       “Sta scritto: io farò perire la sapienza dei saggi e annienterò l’intelligenza degli intelligenti” (I Corinzi 1,18-25)

       -       “Senza amore….non siamo nulla” afferma Bucer riferendosi a Romani 13,8

(cfr. le due citazioni del testo di Ermanno Genre* a pag.35).

Amore, umiltà, tolleranza, unità sono le parole chiave con le quali si potrebbero etichettare il suo pensiero e il suo operato. Egli ha dedicato tutta la propria vita alla ricerca dell’unità nell’ambito dei processi di riforma in atto in quel periodo, vissuti come protagonista cercando di conciliare le divergenze tra i vari riformatori (ad esempio tra Zwingli e Lutero) e rivolgendo con altrettanta intensità la propria azione anche verso il cattolicesimo con vari tentativi di recuperare l’unità della chiesa tanto che può essere definito un pioniere dell’ecumenismo e un teologo al servizio dell’unità (cfr. Wikipedia vers. francese).

Dopo il fallimento del colloquio di Marburgo (1-4 ottobre 1529), indetto dal langravio Filippo d’Assia per tentare un accordo tra Lutero e Zwingli sulla natura della presenza di Cristo nella Cena del Signore, nel 1530 in vari scritti Bucer riprende il tema di quell’incontro con l’obiettivo di ricucire le relazioni interne tra i due schieramenti ed anche di riallacciare i rapporti con i cattolici (“honestas papistas”) in vista della Dieta di Augusta convocata dall’imperatore Carlo V (gennaio 1530) ispirandosi a I Corinzi cap.13, inno all’agape, principio fondante che orienta il Sola Scriptura. Ma durante la Dieta prevarrà la posizione luterana, interpretata da Melantone estensore della Confessio Augustana, mentre la Confessio Tetrapolitana, redatta da Bucero e sottoscritta da Strasburgo, Costanza, Lindau e Memmingen, non viene neppure presa in considerazione.

Nell’azione e nelle opere di Bucer sono costantemente presenti altre due tematiche:

       -      la separazione tra il potere temporale/civile e la sfera religiosa ovvero [la vocazione della] comunità cristiana 

       -      la disciplina ecclesiastica (senza disciplina non c’è chiesa)

La Confessio Tetrapolitana, presentata al Sinodo (1533-1535), viene accettata dal consiglio di Strasburgo come norma della fede e della disciplina delle chiesa. Rientrano in questo ambito il Breve Catechismo, il testo di teologia pastorale La vera cura d’anime (1538) e la redazione dell’ordinamento ecclesiastico per l’Assia (1939). Quest’ultimo scritto riveste una particolare importanza per il mondo protestante perché vede la nascita della “confermazione”, nata per cercare una conciliazione con gli anabattisti che non accettavano il battesimo dei bambini e accompagnata anche da un’apposita liturgia.

Bucer fu inoltre impegnato nel rafforzamento delle “comunità cristiane”, intese come riunioni cristiane e comunitarie in cui si pratica una disciplina fraterna per tradurre nella realtà di Strasburgo la dimensione confessante della chiesa, e nell’affermazione della loro autonomia dal potere temporale attraverso la formulazione di una specifica disciplina ecclesiastica, rivendicando l’importanza della predicazione della Parola e il diritto dei predicatori di convocare autonomamente i parrocchiani per questioni inerenti gli aspetti della vita comunitaria. Per Bucer la disciplina non è il legalistico rispetto di norme, ma la riconoscibilità dall’esterno dell’interiorità della fede riformata testimoniata attraverso un coerente comportamento morale. Da qui trae origine la creazione di ministeri laici e la visione di una chiesa collegiale, sinodale, aspetti che saranno successivamente sviluppati e formalizzati da Giovanni Calvino.

Mentre è in pieno svolgimento il consiglio di Trento (iniziato nel 1544) e lo scenario europeo è in rapida evoluzione (sul trono di Francia Enrico II ha preso il posto di Francesco I e in Inghilterra Enrico VIII è succeduto a Edoardo VI e l’arcivescovo Cranmer sta portando il regno verso le posizioni del protestantesimo svizzero e strasburghese) il 24  aprile 1547 a Mulberg Carlo V riporta la vittoria sulla Lega di Smalcalda (formata nel 1531 dai principi protestanti e dalle città libere), cattura i capi protestanti e mette in discussione l’esistenza stessa delle chiese protestanti nelle città imperiali attraverso l’Interim, convoca per il 1° settembre viene convocata la Dieta di Augusta. Il 30 marzo Bucer giunge ad Augusta per esaminare il testo dell’Interim che giudica ambiguo poiché, di fatto, impone riti e cerimonie cattoliche all’Impero, salvo poche concessioni ai protestanti, pertanto chiede di raccogliere il parere delle chiese locali. Posto agli arresti domiciliari e poi rilasciato, non è certo se dopo aver firmato il testo sotto pressione, evento da lui smentito, fa ritorno a Strasburgo e da qui lotta apertamente contro l’Interim. Il 1° marzo 1549 il Magistrato decide di allontanare da Strasburgo Bucer. Così il 23 marzo Bucer tiene l’ultima lezione alla Scuola superiore di Teologia e il 6 aprile lascia la città, accompagnato dalla seconda moglie, Wibrandis Rosenblatt vedova di Capitone, sposata nel 1545, e su invito dell’arcivescovo di Canterbury Thomas Cranmer si trasferisce in Inghilterra. Qui il riformatore trascorrerà gli ultimi anni di vita, prima di essere stroncato dalla tubercolosi il 28 febbraio 1551, dedicandosi allo studio e contribuendo con i propri scritti alla costruzione dei fondamenti della chiesa d’Inghilterra. In particolare, De Regno Christi (data alle stampe a Basilea nel 1557) può essere considerato il suo testamento spirituale, un testo in cui dedica una particolare attenzione anche ai diritti delle donne, tratta il ruolo dei diaconi, ammette il divorzio, tocca anche aspetti economici e relativi all’istruzione, modellando una società ideale autoritaria, con una forte enfasi sulla disciplina cristiana. Neppure da morto Bucer avrà pace, infatti, Maria la sanguinaria, salita al trono nel 1553, farà disseppellire i resti di Bucer e del suo amico e discepolo Fagius (morto prima di lui nel 1549) per farli dare alle fiamme insieme ai loro scritti. Occorrerà attendere il 22 luglio 1560 quando Elisabetta I (salita al trono nel 1558) riabiliterà i due riformatori con una festa pubblica in loro onore e memoria.

Bucero è stato un instancabile tessitore di relazioni e di rapporti volti alla conciliazione delle forze antagoniste del proprio tempo ed alla ricerca dell’unità della chiesa, ma anche un organizzatore della dimensione ecclesiastica e civile della società e comunque un teologo profondamente ancorato alla propria fede ed alla Parola di Dio come ben testimoniano le citazioni dai suoi scritti riportate nel testo di Ermanno Genre*, tra le quali ci piace riprendere la seguente tratta dalla Breve istruzione  motivazione in vista della creazione e del mantenimento della comunità cristiana:

«In questa unità e amore sta l’articolo della nostra fede: Io credo una chiesa santa, universale e la comunione dei santi, nella quale noi soltanto riceviamo il perdono dei peccati e lo Spirito santo con ogni protezione, ogni consolazione, aiuto e benedizione di Dio, senza scandalo alcuno».

 

* Ermanno Genre, Martin Bucer: un domenicano riformatore, Claudiana, Torino, 2010.

 

Ricordando Teodorico Pietrocola Rossetti

Valdo Spini

Valdo Spini che ha partecipato a Vasto, in Abruzzo alla manifestazione per la commemorazione di Teodorico Pietrocola Rossetti, nato proprio in quella città nel 1825, ci ha inviato questi pensieri che volentieri pubblichiamo. (red.)

 

Teodorico Pietrocola Rossetti, mazziniano e combattente del Risorgimento Italiano sia a Napoli (1848) sia a Livorno (1849), esiliato in Inghilterra si convertì alla Chiesa Evangelica. Tornato in Italia visse a Firenze, predicò nella Chiesa Evangelica dei Fratelli in Via della Vigna Vecchia e compose tanti inni evangelici. Morto nel 1883 è stato sepolto al Cimitero evangelico “Degli Allori”.

Rossetti è indubbiamente un testimone dell’intreccio tra l’aspirazione all’unità, la libertà e l’indipendenza d’Italia da un lato e, dall’altro, alla riforma religiosa anche nel nostro Paese. L’evangelismo italiano ebbe notevole influenza interna ed esterna a favore del Risorgimento Italiano, ricordiamo in questo senso il pensiero di Piero Gobetti relativo al limite del Risorgimento Italiano che consiste proprio nella mancata riforma religiosa (è del 1870 il dogma dell’infallibilità del Papa).

Oggi, apprestandoci a ricordare i 150 anni dell’Unità Italiana, cattolici e protestanti convergono nella difesa dell’Unità d’Italia e nella richiesta di un federalismo realmente solidale. Ma questo auspicio avrà successo solo se si affermerà in Italia, da un lato, una forte tensione etica e, dall’altro, un progetto politico credibile per lo sviluppo politico, economico e sociale dell’intero Paese. Le due cose sono strettamente connesse. Per questa presa di coscienza morale e per questo progetto politico dobbiamo lavorare oggi a 150 anni di distanza.

 

Cooperativa "La Riforma", premi ed emozioni per la creatività degli ospiti.

Mirella Ricca

 

E’ stato davvero un bel pomeriggio quello di giovedì 30 settembre, organizzato dalla cooperativa “La Riforma” nei locali di via Manzoni. L’occasione era importante: la premiazione dei suoi ospiti, che hanno partecipato con i loro lavori alla manifestazione “L’Europe c’est aussi nous” che si è svolta a Strasburgo nel maggio 2007. La presidente della cooperativa, Violetta Fraterrigo Sonelli, ha presentato al numeroso e interessato pubblico, un gruppo di persone impegnate nel sociale in Francia e venute a Firenze per consegnare i diplomi della premiazione. Primo fra tutti, Alain Mathieu, professore di sociologia all’Università di Strasburgo, membro fondatore ed ex presidente della Ssf (“Social sans frontières”). Mathieu ha presentato il lavoro dell’associazione e ha condotto il pubblico in un viaggio immaginario attraverso l’Europa al seguito degli elaborati degli ospiti della nostra cooperativa. I lavori sono stati esposti in Romania, in Ungheria, in Italia, in Polonia, in Albania e, naturalmente, in Francia. In particolare, a Strasburgo sono stati ospitati nella mediateca e in una delle sale del Parlamento europeo. Da sottolineare anche l’intervento di Bruno Orlandini (italo-francese), assistente sociale e membro volontario della Ssf, che si occupa di prevenzione dei rischi giovanili e svolge un lavoro molto impegnativo “sulla strada”. Orlandini è particolarmente legato a “La Riforma” perché qui ha fatto il suo tirocinio di assistente sociale. Fra i membri del gruppo francese c’erano anche il direttore di una casa di riposo ed un membro che lavora nell’accoglienza per i giovani. Tutto il gruppo, guidato da Violetta, ha potuto vedere come si opera al Gignoro e al Gould. Come detto, è stato un bel pomeriggio per le cose interessanti che abbiamo sentito, certo, ma soprattutto per l’atmosfera, a tratti anche commovente, che si è respirata e mi riferisco alla trepidazione alla gioia ed anche ad un giusto orgoglio con cui sono stati ritirati i diplomi da parte di chi ci ha tanto lavorato. E sono certa di avere avvertito anche, da parte del pubblico, un sentimento di affetto per i ragazzi e di profonda riconoscenza per chi li ha guidati, incoraggiati e accompagnati verso un traguardo così bello per tutti noi e che continua con perseveranza in questo compito tanto importante quanto difficile.

 

Servizi sociosanitari - Italia e Francia a confronto. In via Manzoni un incontro tra operatori delle due realtà

Daniele Massa

 

Accanto alla consegna dei premi agli ospiti della cooperativa “La Riforma”, l’incontro del 30 settembre in via Manzoni ha rappresentato un’occasione preziosa per scambiare esperienze con un gruppo di amici francesi e, in particolare, affrontare il tema dei servizi sociali e sanitari in Italia e a Firenze. La discussione si è subito orientata su temi di riflessione comune: servizi sanitari, servizi sociali, il significato e il ruolo del volontariato. E’ difficile riportare tutti gli spunti, gli interrogativi delle quasi 3 ore di discussione. Provando a fare una sintesi, direi che abbiamo constatato una situazione sostanzialmente simile fra Francia e Italia per quanto riguarda i servizi sanitari, i servizi sociali e le politiche di riduzione delle risorse pubbliche per questi settori. In particolare, i servizi sociali non hanno livelli essenziali e risorse omogenee né a livello statale né a livello locale. Abbiamo riflettuto su come “vedere” i servizi: con un’ottica caritatevole o con un’ottica di diritti di cittadinanza? La prima configura i servizi come erogatori di assistenza, molto spesso economica. La seconda promuove l’inclusione sociale, l’appropriatezza, l’universalità dell’accesso come diritto della persona: parole chiavi del welfare toscano. Dal punto di vista dell’utente, molto spesso, il bisogno sanitario e il bisogno sociale sono percepiti come una realtà unica: una persona anziana non distingue il suo bisogno fra la parte sanitaria, determinata dalle patologie, e quella del bisogno sociale che, proprio per le patologie, sovente si manifesta nell’incapacità di provvedere alla propria persona. Insomma, il bisogno “socio-sanitario” deve essere letto come “sociosanitario”, senza linea di separazione. E’ questa l’esperienza dell’integrazione sociosanitaria in Toscana, approdata alla Società della salute nella quale i servizi sanitario e sociale pubblico operano insieme, cercando di mettere al centro dell’attività il bisogno della persona. In questo quadro anche il ruolo del volontariato va riletto, compreso e reintepretato. Molto spesso le associazioni del volontariato sono istituzioni, con bilanci importanti, rigide nell’offerta di spazi e possibilità di svolgere attività, soprattutto per i giovani. Quegli stessi giovani che offrono tempo ed entusiasmo ad azioni di volontariato che i nostri occhi non riescono nemmeno a vedere e che, certamente, sono molto di rado intercettate dalle “istituzioni” del volontariato ufficiale.

Interesse è emerso per il modello toscano di assistenza agli anziani, soprattutto per la figura dell’assistente familiare (i cosiddetti “badanti”). Preoccupazione per il calo delle risorse pubbliche (sia in Francia che in Italia, ma in genere in tutta Europa) che richiede da una parte una riflessione sulle scelte economiche complessive e da un altro, nell’immediato, anche la capacità di trovare forme di finanziamento innovative. Forse, anche il volontariato deve ripensarsi per non chiedere soltanto risorse all’ente pubblico, ma anche offrirle all’interno di un patto di comunità, ridando senso anche alla parola dono?

Questa bella discussione è avvenuta in un luogo, la stanza del concistoro, piena di significati, di storia e di ricordi. Abbiamo ricordato agli amici francesi come in quei locali, dal 1882, si era trasferita la Chiesa valdese, originariamente francofona, che aveva cercato a Firenze il luogo per l’apprendimento della lingua italiana, sottolineando anche il ruolo di Paolo Geymonat. In quei locali, abbiamo ricordato, durante la guerra erano stati accolti alcuni ebrei per salvarli dalla persecuzione. Infine, mi permetto una riflessione: il ricordo di una storia di impegno e di “dono” che è molto attuale come dimostrano le riflessioni sulla situazione attuale, sulla necessità di ripensare il significato del “dono”. Siamo forse distratti su questi temi: sì, forse un po’ troppo.

 

dalle chiese evangeliche di firenze

 

Chiesa evangelica BATTISTA

In settembre il fratello Vittorio De Palo ha concluso il suo periodo di sostituzione pastorale: lo salutiamo con gratitudine e gli auguriamo ogni bene per il prosieguo dei suoi studi alla Facoltà Valdese di Teologia di Roma.

In ottobre ci ha raggiunto la notizia della scomparsa di Aldo Mazzola, papà di Carlo: a lui, a Sonia e Alice, i sentimenti di cristiana solidarietà nel dolore da parte di tutta la comunità. Così come un’incessante preghiera di intercessione è stata rivolta al Signore per il conforto a quelle sorelle e quei fratelli fiaccati da problemi di salute: pensiamo certo ad Anna Sansone, Mauro Galli, Gian Paolo Ruffa, Francesca D'Amico, ma anche a coloro di cui non abbiamo avuto notizia, così come per i più anziani e anziane della comunità di Firenze, in modo speciale al nostro fratello Anselmo Melega. Sabato 2 ottobre il pastore Raffaele Volpe ha celebrato il matrimonio di Lodovik Giergij e Katerina Holzerova: una bella e corale festa che ha coinvolto tutta la comunità stretta intorno alla giovane coppia. Nello stesso giorno in Spagna si sono uniti in matrimonio Giancarlo Mazzoni e Marisol Estrada Guerra. Attraverso la testimonianza di queste coppie ci piace ricordare il volto dell'Europa e del mondo che sogniamo: un mondo senza confini ed una umanità riconciliata. Domenica 3 ottobre è stato celebrato il culto della raccolta. Sabato 9 ottobre, ultimo appuntamento sui “Quattro elementi del creato” con merenda a Casa Boschi. Mentre, domenica 10 ottobre, culto e predicazione a cura di Renzo Ottaviani. Inizio della Scuola domenicale. Sabato 23 ottobre primo appuntamento del ciclo “Gesù, l'enigma ricorrente – Pensare la fede, dire la speranza Anno 2” con tavola rotonda sul tema “Domande su Gesù” con la partecipazione dei pastori Pawel Gajewski e Raffaele Volpe, di Laura Venturi e Roberto Vacca.

Serena Innocenti e Saverio Violi sono stati delegati all'Assemblea dell'Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia che si terrà a Chianciano dal 29 ottobre al 1 novembre.

 

Chiesa evangelica valdese

Bazar Comunitario. Ricordiamo che questo importanteappuntamento che raccoglie ogni anno un buon numero dei membri di chiesa, delle amiche e degli amici della nostra comunità si terrà sabato 20 novembre, dalle 12 alle 18.

Gruppo di Pistoia Nella splendida cornice del Convento di San Domenico a Pistoia, allietata da una bella giornata settembrina, domenica 26 settembre, ha avuto luogo un incontro dell’associazione Koinonia che grazie alla sensibile attenzione del suo promotore Alberto Simoni OP è stato un bel momento di fraternità ecumenica e ha permesso di scoprire l’attualità del pensiero di Martin Bucer (1491-1551) introdotto da Valdo Pasqui. L’esaustiva e stimolante esposizione dei punti salienti dell’opera del riformatore alsaziano, poco noto anche a molti protestanti, è stata il tema dell’intervento di Ermanno Genre, professore ordinario di Teologia pratica alla Facoltà Valdese di Teologia a Roma e autore del testo Martin Bucer: un domenicano riformatore pubblicato dall’editrice Claudiana nel 2010.

Entrambe le relazioni hanno preparato la riflessione pomeridiana sulle implicazioni e l’attualità del principio Ecclesia semper reformanda, applicato non solo alle singole confessioni cristiane ma letto anche in una prospettiva ecumenica sull’intera Chiesa di Gesù Cristo nella sua forma visibile.

Pastore emerito Vincenzo Sciclone (1913-2010) Vincenzo Sciclone nato nel 1913 a Vittoria (Ragusa) pensava probabilmente di seguire nel corso la via del commercio e mettere a frutto il suo titolo di studio conseguito proprio in tale ambito. Nel 1947 Vincenzo Sciclone iniziò invecebil suo servizio di anziano evangelista nella diaspora di Carunchio e San Giacomo degli Schiavoni ove rimase fino al 1955. Quest’ampia diaspora ha disegnato in qualche modo la parabola della sua vita pastorale. Egli vi ritornò come pastore emerito dopo il 1983 insieme alla figlia Gianna cui fu affidata la cura della Chiesa e della diaspora vastese. Fino al 2000, l’anno di trasferimento di Gianna a Firenze, erano per Vincenzo anni di intensa predicazione e di un valido aiuto nel ministero pastorale della figlia (la prima donna pastora consacrata nella chiesa valdese nel 1967).

Dopo l’intenso impegno abruzzese Vincenzo Sciclone ritornò in Sicilia per servire le chiese Caltanissetta e poi di Riesi fino al 1970. Anche nel profondo cuore dell’entroterra siciliano il suo impegno si concentrò sulla cura della grande diaspora legata a queste due chiese. La sua intensa vita lavorativa si concluse con un lungo pastorato a Cosenza e Dipignano (1970-1983).

Gli ultimi dieci anni della sua vita sono legati a Firenze, sempre a seguito della figlia Gianna. Gravi problemi di salute resero necessario il suo ricovero nella Casa di riposo evangelica del Gignoro. Proprio nella sobria chiesetta romanica del Gignoro è stato celebrato lunedì 13 settembre un breve funerale predisposto soprattutto per le amiche e gli amici fiorentini di Vincenzo, di Gianna e di Gabriele. Dopo la cremazione della salma l’urna con le ceneri è stata trasferita a Vasto dove durante il culto domenicale del 19 settembre, presieduto dal pastore Giovanni Anziani, delegato della Tavola Valdese per il III Distretto tutta la diaspora vastese diede l’ultimo saluto all’uomo e pastore che in quella terra ha lasciato un’impronta indelebile.

Marta Villani ed Enrico Caldini Già nel precedente numero della nostra circolare abbiamo registrato la morte di Marta Villani. La sua presenza nella comunità è stata silenziosa ma attiva. Particolarmente sensibile all’impegno sociale dei credenti cristiani fu sostenitrice convinta delle opere diaconali delle Chiese fiorentine, in particolare della Casa di riposo del Gignoro.

Enrico Caldini appartenete a una famiglia evangelica di vecchia data, ha concluso il suo cammino in mezzo a noi il 16 ottobre scorso dopo una grave malattia durata esattamente due mesi. Piuttosto assente nei tempi recenti nella vita comunitaria della nostra chiesa, Caldini nel passato diede un notevole contributo di lavoro e di consulenza per la ristrutturazione della Casa di riposo del Gignoro collaborando intensamente con il pastore Santini.

Ringraziamento Il pastore Pawel Gajewski e la sua famiglia ringraziano per la partecipazione al lutto dopo la morte di Piotr Gajewski, spentosi in Polonia all’età di ottant’anni.

 

Ecumenicamente (s)corretto

Roberto Davide Papini

 

«Che soddisfazione per una valdese “Doc” come me sentire un prete che predica come un pastore». Da un certo punto di vista, don Roberto Breschi non poteva ricevere un complimento migliore da una delle nostre sorelle di chiesa (valdese “Doc”, appunto) al termine del culto di domenica 24 ottobre. Don Breschi, delegato per l’ecumenismo della diocesi di Pistoia è certamente un cattolico molto aperto al dialogo e la sua predicazione è stata davvero interessante e stimolante. Condivisibile, tra le altre cose, l’invito a non abbandonarsi al pessimismo nei rapporti ecumenici e la constatazione che tutte le chiese portano la responsabilità per il permanere delle divisioni tra cristiani. Ma proprio per questo, cogliendo il suo invito alla franchezza non posso non osservare che le responsabilità sono di tutti, ma non in egual misura.

A livello di vertici, infatti, negli ultimi anni mi pare evidente che il dialogo vada avanti nonostante provocazioni continue della Chiesa cattolica romana principalmente per la paziente pervicacia delle chiese riformate. Ma lasciamo andare le questioni di vertici e veniamo all’ecumenismo “sul campo ” al confronto su un terreno concreto. Mi riferisco, per esempio, alla questione dell’assunzione di circa 70 preti cattolici da parte della Regione Toscana per dare assistenza spirituale nei vari ospedali della Toscana. Lo scandalo non sta tanto nel privilegio concesso alla Chiesa cattolica romana, ma che un’istituzione pubblica spenda due milioni e centocinquantamila euro l’anno per queste assunzioni clericali, tra stipendi e oneri accessori, secondo quanto denunciato, tra gli altri, dal consigliere regionale Mauro Romanelli (FdS/Verdi), da Pieraldo Ciucchi (socialista del gruppo misto) e dal Partito radicale. Si tratta di persone scelte dai vescovi cattolici e assunte senza ricorrere a un concorso (anche se sono pagate con soldi pubblici), mentre gli ospedali soffrono per la carenza di infermieri. Ecco, cari partner ecumenici, cari fratelli e care sorelle del mondo cattolico, del dialogo, non avete nulla da eccepire? Non cogliete la gravità di questo fatto, discriminatorio tra le varie confessioni ma soprattutto, vulnus alla laicità delle istituzioni? Perché se tacete pubblicamente su questo (o, peggio, lo approvate) il cammino insieme sarà, ancora una volta, affidato alla buona volontà delle Chiese protestanti di ingoiare anche questo. Ma, forse, l’ecumenismo dovrebbe essere un’altra cosa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Diaspora evangelica

Direttore ai sensi di legge: Gabriele De Cecco

 

Direzione, redazione:

Via Alessandro Manzoni, 21 – 50121 Firenze

Tel.: 0552477800

concistoro.fivaldese@chiesavaldese.org

www.firenzevaldese.chiesavaldese.org

 

 

In redazione: Pawel Gajewski, Roberto Davide Papini, Roberto Rossi, Alessandro Sansone

 

Reg. Tribunale di Firenze, 16 ottobre 1967, n. 1863

 

Ciclostilato in proprio – Diffusione gratuita

 

Spedizione in abbonamento postale

Comma 20/C, art. 2, L. 662/96 – Filiale di Firenze

In caso di mancato recapito restituire al mittente, che si impegnerà a corrispondere la relativa tassa presso l’Ufficio P.I. di Firenze