Dall'abisso

di Hna Miriam

Cos'è l'inferno, se non il presente?

Questo presente in tutta la terra.

Dal Nord fino al Sud,

nell'Est come nell'Ovest,

sentiamo lo stesso grido

"dal fondo dell'abisso..."

 

La Buona Novella di questo giorno,

si trova nella prossimità,

nella partecipazione.

E' arrivata fino agli spiriti prigionieri.

Che sorprendente realtà

dal Nord al Sud, dall'Est all'Ovest!

 

Cos'è l'inferno?

E' anche l'abisso che si apre a volte

nei nostri cuori.

E la Buona Notizia è che Cristo

può abitare perfino nelle zone

più insopportabili di noi stessi.

 

Il Sabato Santo non è il giorno del nulla,

ma è il giorno nel quale Cristo stesso,

giunge nelle nostre profondità.

 

Lasciamo che l'alba guadagni

la terra dei nostri cuori.

Agiamo in silenzio.

 

Nulla è perduto:

qualcuno viene a riscattarci dall'abisso!

 

(da: Il Messaggero Evangelico, 31-32 luglio del 2001,

trad. dallo spagnolo di G.S.)

 

Pasqua

di Raffaele Volpe

 

C’è qualcosa di inaudito; una notizia strabiliante, clamorosa, sorprendente! Un annuncio che contraddice la nostra quotidiana realtà; la nostra abituale esistenza, che deve fare i conti con la giornaliera morte e i suoi servili messaggeri di cattive notizie. C’è un evangelo, un buon annuncio, una notizia bella: il Cristo crocifisso, l’agnello di Dio, la vittima innocente è risorta!

Questa è la vera Realtà! Tutte le altre realtà, se non si confrontano con questa Realtà, sono soltanto una illusione. Oggi le nostre parole non diranno le solite cose, non annunceremo le ovvietà, le opinioni correnti; oggi non saranno nuovamente sprecate parole e discorsi; oggi dobbiamo dare la buona notizia; non parleremo d’altro che del Cristo risorto.

La sera in cui Gesù fu arrestato –come se si trattasse di un ladrone-; la sera, quando le ombre nascosero la folle ignomìnia dell’uomo che viene ad arrestare il Figlio di Dio; la sera in cui Gesù fu trascinato con violenza verso il suo destino –il suo, sì, il suo destino, perché Egli lo aveva scelto, non erano le guardie libere e Gesù imprigionato: era Gesù libero e i suoi aguzzini imprigionati al suo destino che Egli aveva liberamente scelto-; la sera, quando sembrò che le tenebre avrebbero preso definitivamente il sopravvento sulla luce; la sera, quella sera, Pietro il discepolo di Gesù, seguì il suo maestro. Fu l’unico a seguirlo. Preso forse da una smaniosa tristezza che lo attanagliava come il morso velenoso di un serpente. Pietro seguì Gesù, scapestrato com’era non badò ai pericoli.

Pietro segue Gesù, lo segue verso il tribunale che lo deve condannare. Se noi vogliamo seguire Gesù risorto non possiamo esimerci dal seguire anche il Gesù condannato, il Gesù crocifisso.

Pietro segue Gesù, ma commette un clamoroso errore: si ferma a riscaldarsi al fuoco acceso dalle guardie. Qual è il clamoroso errore?: non è tanto quello di essere allo scoperto nella luce del fuoco e dunque riconoscibile e denunciabile. Sì, questa è stata una ingenuità, una piccola ingenuità, che lo porterà dritto a rinnegare Cristo, ma la cosa più grave, il clamoroso errore, è un altro. Pietro ha deciso di riscaldarsi al fuoco sbagliato! Ha cercato consolazione nel luogo non adatto. Perché, cari fratelli e care sorelle, cari amici ed amiche, ieri come oggi diventa sempre più urgente la domanda: intorno a quale fuoco ci riscaldiamo?

In quale luogo cerchiamo rifugio? A chi chiediamo di consolarci? In quali mani affidiamo la nostra vita? Nel momento in cui Gesù è arrestato, nel tempo in cui Cristo gli è sottratto, nell’attimo della difficoltà, Pietro cerca rifugio attorno ad un fuoco sbagliato. Perché nei momenti di gioia e nei momenti di dolore, solo Cristo è il nostro fuoco. Solo in Cristo possiamo trovare l’aiuto!

Pietro ha seguito il Cristo arrestato e condannato, che eroico coraggio! Ma non serve a niente se poi, al primo fuoco che si trova davanti, dimentica chi è l’unica fonte di luce e di calore. Oggi se vogliamo celebrare la Pasqua, non allontaniamoci dal Cristo vittorioso, anche se si rivela come l’arrestato e il condannato. Rinneghiamo Cristo se desideriamo seguirlo risorto, ma non siamo disposti a seguirlo anche crocifisso.

Ai piedi della croce c’è un mucchio di estranei, ma non c’è neppure un discepolo. Spesso ci ricordiamo di Giuda il traditore, o di Pietro il rinnegatore, qualche volta pensiamo un po’ ironicamente anche al discepolo che, nel momento dell’arresto, pur di fuggire via si lascia strappare la tunica e corre via nudo. Spesso ci ricordiamo di questi, ma dimentichiamo tutti gli altri: gli esperti dileguatori. Coloro che si danno alla macchia.

Ma le vie del Signore sono infinite! E se i discepoli non vanno dal crocifisso, il crocifisso ormai risorto va’ dai discepoli. Ci va con i buchi dei chiodi nelle mani e nei piedi, con la ferita nel costato. Il risorto porta con sé i segni visibili della croce, perché questi sono la sua carta di identità. Con la resurrezione Gesù non dice: “Scurdammece o’ passato”. Al contrario, le apparizioni del risorto dicono: ecco colui che avete abbandonato, colui che avete rinnegato, colui che avete condannato.

Nel momento in cui avviene questo incontro i discepoli compiono un gesto inconsueto, ma, secondo il mio parere, meraviglioso. Offrono a Gesù qualcosa da mangiare. Il pane vivente, l’acqua della fonte della vita, colui che si è offerto per sfamare la nostra fame e la nostra sete spirituale; il Cristo crocifisso e risorto riceve da mangiare dai suoi discepoli. Colui che ha dato ogni cosa, riceve in dono qualcosa. Non possiamo celebrare la Pasqua se, stamattina, non abbiamo niente da donare al nostro Signore e Donatore. Non possiamo celebrare la Pasqua a mani vuote.

Lutero, nel suo stupendo commentario ai Romani, parla di due categorie di persone che sono simboleggiate dalla differenza tra coloro che nella passione diedero da gustare a Cristo aceto, e coloro da cui egli, ormai risorto, ricevette una porzione di pesce arrostito e un favo di miele. I primi sono coloro che danno ciò che hanno: un cuore amaro e triste, e inacidito, cioè disperato. Gli altri invece che hanno assaggiato il miele della fede, ricambiano col loro miele, che è la gioia del cuore.

Dante descrive egregiamente i primi, definendoli accidiosi: “Tristi fummo nell’aer dolce che del sol s’allegra –Fummo tristi nella vita terrestre rallegrata dal sole-, portando dentro accidioso fummo – affumicando la bellezza della vita terrestre con il fumo della tristezza-; or ci attristiam nella belletta negra – e ora ci rattristiamo nella melma oscura-“. Ecco i primi, coloro che sanno offrire a Gesù soltanto aceto. Gli afflitti da un cuore che è sempre amaro e triste.

I secondi invece offrono a Gesù la loro gioia. Apparecchiano la mensa e al Signore che aveva offerto loro l’ultima cena prima di morire, offrono la prima cena della resurrezione.

Buona Pasqua a tutti. Oggi possiamo avvicinarci al fuoco che riscalda la nostra vita. Non attardiamoci ai fuochi effimeri che non danno calore. Veniamo a Cristo il nostro consolatore e il nostro salvatore. Oggi possiamo offrire a colui che ci ha donato ogni cosa la nostra gioia. Allontaniamo la tristezza e l’amarezza, non offriamo dell’aceto al nostro salvatore. Apparecchiamo la tavola della nostra gioia e invitiamo il Cristo crocifisso e risorto. I credenti che aspettano il Regno di Dio siano felici oggi, perché Cristo ha veramente sconfitto la morte. Amen


Il male: una lettura teologica cristiana

di Fulvio Ferrario

(Sunto della Conferenza tenuta il 13 marzo al Centro Culturale Protestante)

 

Affronterò in mio tema in una premessa e quattro punti: il primo, il secondo e il quarto sono brevi meditazioni bibliche; il terzo è un excursus che mi pare necessario, pur nella sua evidente problematicità.

 

La premessa: il problema è ineludibile. Ogni tentativo di liquidarlo come “apparente”, in base a considerazioni filosofiche o religiose, si infrange contro la considerazione di Agostino: se anche il male fosse un falso problema (perché, ad esempio, quello che mi appare male in realtà è bene; o, anche perché il male o il dolore che esso mi provoca mi permette di maturare, ecc.), sarebbe comunque “male” il fatto che io lo avverta negativamente. Non esistono scappatoie.

 

“Il serpente era il più furbo tra gli animali che erano nel giardino”: così inizia Genesi 3. Si può discutere se questo racconto abbia a che vedere con l’interpretazione dell’esistenza del male nel mondo: così però l’ha letto la chiesa e in parte anche la tradizione ebraica e così lo leggerò io. Il serpente è già lì: non troviamo alcun tentativo di chiarirne l’origine o la provenienza. C’è una precedenza del male rispetto alla decisione ribelle dei progenitori. Però il male non è divino, eppure è lì e opera. Il racconto biblico è attento a chiarire che c’è una responsabilità di Adamo ed Eva: essi credono alla menzogna del serpente, che instilla in loro il sospetto secondo il quale Dio, per ragioni sue, intende sottrarre loro qualcosa, con l’inganno. E agiscono. L’aspetto tragico della condizione umana è visto come conseguenza del peccato. Il peccato come tale è opera degli umani, ma

la sua condizione di possibilità, l’inganno del serpente, è una realtà già data, radicalmente enigmatica. C’è e basta. In questa lettura, la tesi biblica è che la precarietà della condizione umana, la difficoltà di guadagnarsi il pane, i rapporti squilibrati tra i sessi, la sofferenza fisica e naturalmente la morte sono legate, in modo oscuro ma reale, al peccato. Esso è legato a una decisione umana, che però a sua volta affonda le proprie radici in questo misterioso déjà là. Il legame profondo tra il peccato e la precarietà della creazione così come la conosciamo si ritrova più volte nel testo biblico. Centrale, naturalmente, la meditazione di Paolo in Rom. 8, dove la creazione è vista come afflitta da doglie, sia pure cariche di speranza, come sono quelle della partoriente; essa è tuttavia sottoposta alla vanità e attende di esserne liberata. Male e peccato sono profondamente legati, anche se non si identificano. Lo stesso si deve dire di male e dolore: il dolore è la percezione del male, la sua risonanza nell’esperienza umana (e animale). Gen. 1 ci dice:

che l’origine del male non è Dio;

che il male non si identifica neanche con il peccato umano, ma lo precede;

che il peccato attiva, per così dire, la forza del male, conferendogli il suo potere velenoso.

 

Il testo biblico forse più frequentato nella riflessione intorno a questo tema è Giobbe. Non è qui possibile nemmeno ripercorrerlo per sommi capi. Basti rilevare che questo libro, anziché risolvere il problema, lo radicalizza. Gli amici di Giobbe sostengono, in sintesi, una posizione ben conosciuta nel mondo biblico, quella della sapienza classica (espressa in limpida ed elevatissima sintesi, ad es., nel Salmo 1). La possiamo sintetizzare così: la vita del giusto ha un capo e una coda, ha “senso”, come diciamo noi moderni, quella dell’empio no. Non si dovrebbe banalizzare questa visione: non si afferma che il giusto, semplicemente, “sarà fortunato”, o che ogni suo desiderio si realizzerà. Più in profondità, l’idea è che la sua esistenza avrà la solidità dell’albero ben piantato, dissetato da acqua abbondante attinta dalle sue profonde radici. L’empio, invece, è “come pula che il vento disperde”. La conclusione che gli amici di Giobbe tendono a trarre da queste premesse è che, se la vita di Giobbe è privata della sua struttura, annichilita dall’accanirsi di Dio, ci sarà, come diceva quel tale, “il suo bel perché”, anche se Giobbe non lo conosce. Insomma, la sofferenza è il salario del peccato. E’ necessario riconoscere il buon diritto di questa tesi e anche il fatto che gli amici di Giobbe, prima di parlare, sanno tacere, il che non è sempre il caso…Tuttavia, Giobbe rifiuta questo punto di vista. Egli sostiene il suo diritto di fronte a un Dio che gli appare imperscrutabile. Rinuncia ad articolare un’interpretazione del male e del suo dolore. Preferisce ammettere tale impossibilità, piuttosto che rifugiarsi in una dottrina chiara, ma riconosciuta come non vera. Ci vuole coraggio per fare questo. A volte, infatti, la fede preferisce considerare il male come conseguenza della colpa (preferibilmente altrui), perché in tal modo viene in qualche modo tacitata la domanda relativa alla presenza misericordiosa di Dio, che è domanda angosciosa, tale da scuotere alle radici un’esistenza credente. Ma appunto, Giobbe corre il rischio: il male non si lascia razionalizzare, nemmeno in una visione pia. E Dio gli dà ragione. Ma appunto: alla fine del libro, il problema è, almeno in alcuni suoi aspetti, più radicale di prima.

 

Vorrei soffermarmi brevemente proprio su questa radicale impossibilità di razionalizzare il male. Ogni interpretazione razionalizza, cerca di inquadrare l’oggetto da interpretare in un contesto che fornisca coordinate all’interno delle quali ciò che è oscuro diventi più chiaro. A mio parere, questa operazione è impossibile (e dunque non deve essere intrapresa) in riferimento al male. La tradizione cristiana ha ancorato il proprio discorso su questo tema al simbolo del Satana, o diavolo. Il diavolo è l’irrazionale, l’indicibile: non è Dio, non agisce per conto di Dio, ma c’è e lotta contro Dio. Il pensiero moderno, anche teologico, ha largamente “demitizzato” la simbolica relativa al diavolo. La visione medievale, (ma anche, eminentemente, di Lutero!) che vede il diavolo come realtà personale, da combattere, è stata risolta, considerata come una cifra per esprimere qualcos’altro. Io credo, invece, che parlando del male nella forma mitologica del linguaggio tradizionale sul demoniaco, si dica qualcosa di più preciso che mediante tutte le demitizzazioni. Demitizzare, infatti, significa interpretare, cercare di capire, razionalizzare mentre appunto, il male è radicalmente irrazionale, è una lacerazione che attraversa la creazione e che non si lascia ulteriormente interpretare. Il vecchio immaginario sul demonio va più vicino al centro del problema che non la moderna volontà interpretativa. Per questo, senza voler sviluppare una “demonologia” (ci mancherebbe altro!) personalmente non rifuggo dal parlare del diavolo o di satana: il simbolo mitologico è il modo meno impreciso per dire l’indicibile. Non spiega tutto, anzi, non spiega nulla: ma in tal modo difende dall’illusione di addomesticare, mediante il pensiero, quanto invece resta anche intellettualmente (oltre che, come purtroppo sappiamo, esistenzialmente) “ingestibile”.

 

La fede non offre una chiave per “comprendere” il male. Essa presenta, invece, un Dio che, in Cristo, attraversa il male e la sofferenza e sta accanto a chi soffre. Nella croce di Gesù, Dio stesso entra nel più profondo di questa dimensione tragica che accompagna la condizione umana. In Marco 15,39, il centurione riconosce in Gesù il Figlio di Dio vedendolo morire nella solitudine e nell’abbandono: si potrebbe mostrare che nemmeno gli altri evangelisti hanno mantenuto la tensione di questo paradosso e la interpretano in modo da scioglierla. In Marco la sofferenza del Crocifisso è il luogo nel quale il volto di Dio si rivela nel suo Figlio in modo definitivo. E’ utile ripeterlo: questa non è la “soluzione” del problema del male. Dall’inizio alla fine della Bibbia, la domanda “unde malum?” si sottrae anche alla risposta teologica. In luogo di tale risposta c’è la promessa secondo la quale l’esperienza del soffrire umano (che appunto è il luogo nel quale il male è percepito) non è solitaria, ma è accompagnata da Dio stesso e, in quanto tale, privata del suo carattere risolutivo. In Gesù Cristo, Dio vince “la morte”, che nella Bibbia non indica solo il decesso, ma appunto l’integrale del negativo. Il significato del male si può cogliere, secondo tal promessa, solo alla luce di tale vittoria, cioè dal punto di vista del regno. La dimensione nella quale si svolge l’esperienza del male e la lotta credente contro di essa è chiamata nella Scrittura “speranza”. Essa è l’attesa del Regno a partire dall’annuncio della risurrezione del crocifisso. Ancora una volta: non una risposta all’enigma, ma una parola che invita ad attraversarlo nella fede.

 

 

Libreria Claudiana - Relazione anno 2003

di Pasquale Iacobino

“…i cieli sono arrotolati come un libro…”

(Is. 34, 4)

“…i cieli sono arrotolati come un libro…” si legge nel profeta Isaia. Di questi tempi non se la passano bene né i libri, né tanto meno “i cieli”: questi ultimi sono continuamente tirati in ballo nella lotta per “la terra” dai fondamentalismi e dai terrorismi politico-religiosi. I “libri” rimangono un bene acquistato da pochi. Eppure, oggi più che in passato, restano la scelta ultima e obbligata per chi desidera approfondire la comprensione dei fenomeni senza accontentarsi dell’informazione superficiale, e spesso sensazionalistica, offerta dalla gran parte dei mezzi di comunicazione di massa. Leggere continua ad essere un atto di “resistenza umana” per una minoranza di tenaci lettrici e lettori attenti alla dimensione della complessità.

I libri e il cielo: come in uno specchio, in questi due mondi – quello dell’editoria e quello della religione – si riflettono i disorientamenti e le inquietudini odierne. Viviamo nel tempo della pluralità delle offerte religiose nel mercato del “sacro”. I sociologi descrivono credenze religiose sempre più soggettive, paradossali, caratterizzate da puzzle di elementi provenienti da tradizioni differenti. Si parla di bricolage delle fedi. Con una parola si potrebbe dire che l’orizzonte è sempre più di tipo “neo-sincretista”. Credo che la vocazione a cui la piccola opera evangelica Libreria Claudiana cerca di rispondere sia quella di essere uno spazio dove possa rendersi quotidianamente visibile alla città di Firenze la vocazione dell’evangelismo ad “essere l’ala laica del cristianesimo e l’ala cristiana del mondo laico”, uno spazio in cui si evidenzi un punto di vista cristiano ancorato alla Parola di Dio, libero e rispettoso delle diversità, ma critico sia verso la deriva neo-sincretista, sia verso le semplificazioni dell’integralismo religioso.

Radio Voce della Speranza

 

Per la gran parte del 2003 sono proseguite le presentazioni settimanali di libri sulla Radio avventista, grazie alla gentilezza di Roberto Vacca, curatore della trasmissione. Le interviste di 20 minuti circa, vengono effettuate telefonicamente a negozio chiuso e mandate in onda il Martedì in 3 differenti fasce orarie.

 

 

La libreria come luogo di incontro,

informazione e scambio

 

Mi limito pertanto a segnalare le presenze più regolari e “istituzionalizzate” e continuative, sorvolando su quelle episodiche. Nel periodi Marzo-Aprile-Maggio e Novembre-Dicembre-Gennaio la Libreria ha ospitato 3 volte alla settimana, gruppi di studenti della vicina facoltà di Scienze dell’Educazione. Per tutto il 2003 in Borgognissanti si è riunito il gruppo bmv Laboratorio “Dopolavoro Teologico” intorno alla lettura del libro di Fulvio Ferrario “Libertà di credere”. Un grazie di cuore ai membri del gruppo per aver scelto come sede degli incontri la Libreria.

La fermata Bus Ataf ripristinata proprio accanto alla Libreria ha prodotto un aumento esponenziale della distribuzione di materiale evangelico informativo. Attraverso gli espositori posti sia all’interno dell’ingresso della Chiesa battista, sia vicino alla fermata, vengono offerti a chi attende il Bus volantini, inviti, depliants, vecchi numeri di Riforma, cataloghi Claudiana. La stima annuale è di circa 2900 pezzi distribuiti. Le informazioni verbali offerte in libreria sul protestantesimo si aggirano sui 500 contatti annuali.

Come ogni anno sono state realizzate in Libreria vetrine tematiche, tenute per una settimana. Ricordo le principali: Domenica della Riforma, Giorno della Memoria, XXVII Febbraio. Queste hanno la funzione, oltre che di caratterizzare la Libreria, di sollecitare le domande del pubblico

La Vetrina nel sottopassaggio della Stazione è una grande opportunità concessaci dalle chiese fiorentine. Come per tutto il 2003, permane la mia disponibilità ad aggiornarla inserendo volta per volta gli appuntamenti che contrassegnano le iniziative comuni delle chiese e del Centro Culturale Protestante, oltre che, nella cura generale della Vetrina, a fornire assistenza alla pastora Gianna Sciclone..

 

“Non temere, soltanto continua ad aver fede” (Mc. 5,36)

 

Il futuro della Libreria rimane ancorato alla comunione di intenti che lega Firenze, Torino e Roma, e cioè al sostegno economico, alle preghiera e alle visioni delle chiese evangeliche locali e degli esecutivi nazionali. E’ un motivo di chiarezza: è come dire che, in ultima analisi, l’esistenza stessa della Libreria è totalmente affidata alla “buona, accettevole e perfetta volontà di Dio”, prima ancora che dall’andamento sul mercato dell’ultimo libro di Andrea Camilleri.

Il mio pensiero dunque va innanzitutto al sostegno decisivo ricevuto dalle chiese e dalle opere evangeliche fiorentine (Chiesa Battista, Metodista, Valdese, dei Fratelli, Ferretti, Gignoro, Gould, Cares, Centro Sociale Evangelico, Cimitero Evangelico), dalla Tavola Valdese e dall’Ucebi. Voglio ricordare anche i singoli fratelli e sorelle che hanno messo a disposizione un po’ di tempo libero al servizio di quest’opera, scusandomi in anticipo per le eventuali dimenticanze: dal volontariato continuativo di Chiara Ettorre, a quello “ad hoc”di Maureen Mateer, Laura Venturi, Miki Rostan, Stefano Gagliano, Riccarda Nardini e Marcella Favellini, senza dimenticare la preziosa e indispensabile opera dei curatori dei banchi deposito Libri Claudiana presso le chiese toscane (Roberto Rossi su Firenze, Miriam Salvagnini per Pisa, Shanti Hagen e Renzo Gambaccini per Livorno, Samuele e Milena Ciafrei a Lucca, Luciana a Grosseto, Maddalena e Paolo Guglielminetti a Rio Marina). Altresì irrinunciabili, sia come sostegno commerciale che come incoraggiamento morale, sono stati gli acquisti “militanti” effettuati presso la Libreria

dagli evangelici e dalle evangeliche. Attraverso queste righe rinnovo loro il mio sentimento di gratitudine, anche perché attraverso la vicinanza di tutti e tutte mi risuonano dentro le parole di speranza di Nostro Signore: “Non temere, soltanto continua ad aver fede” (Mc. 5,36) .

Vostro in Cristo

Pasquale Iacobino

 

Riflessione sull’11 marzo

(dalla Lettera del Gruppo di Lavoro sull’ambiente della Federazione delle Chiese Evangeliche, coord. Franco Giampiccoli)

 

"L'11 settembre europeo" esploso a Madrid è troppo spaventoso, con la sua onda d'urto che investe tutta la società del continente, peché lo si possa pensare lucidamente nelle sue conseguenze globali. Abbiamo bisogno di ridurlo ad una dimensione individuale, nell'illusione forse che in questo modo sia più comprensibile. Così mi ha colpito la e-mail, girata in questi giorni, di un pastore-operaio madrileno, Jorge Fernandez, che scrive: "so che molti hanno temuto per me, e il timore era fondato perché il treno che è saltato in aria è quello che prendo ogni giorno per andare alla fabbrica dove lavoro. L'unica ragione per cui oggi non viaggiavo su quel treno è che sono uscito di casa 5 minuti più tardi del solito. Alla stazione, salito sul treno, questo non partiva. Non sapevamo il motivo perché nessuno dava spiegazioni con gli altoparlanti (suppongo per non causare panico). Dopo quasi mezzora sul treno fermo, venne il personale ferroviario, passando vagone per vagone, a chiederci di uscire non solo dal treno ma anche dalla stazione. Fu quando uscimmo nella strada e vedemmo come la polizia impediva alla gente di entrare nella stazione, che venimmo a sapere delle esplosioni avvenute appena poche stazioni più avanti del nostro percorso".

Cinque minuti di ritardo e uno diventa l'eccezione, lo scampato. Certo il credente, come il pastore Fernandez, dice con il salmista:"Benedetto sia il Signore che non ci ha abbandonati ai loro denti! L'anima nostra è scampata come un uccello dal laccio dei cacciatori: il laccio è stato spezzato e noi siamo scampati" (Sal. 124,6-7). Ma questo non aiuta a spiegare il perché di questo scampare, dell'eccezione. Tanto più che l'eccezine può anche significare il contrario di un benedetto "scampare": come è successo qualche mese or sono, a quell'uomo tornato a Parigi dalle vacanze un giorno prima per motivi di lavoro, mentre tutta la sua famiglia il giorno dopo è perita nell'aereo di turisti francesi che è finito nel Mar Rosso. Perché l'eccezione? E perché la tremenda regola che ha colpito a morte duecento persone e ne ha ferito centinaia di altre? Scrive il pastore Fernandez degli uomini e delle donne che hanno predisposto freddamente la strage: "per quanto oggi si usi molto la parola 'animali' per riferirsi agli autori di questo attentato (cosa comprensibile, del resto), non possiamo fare a meno di riconoscere che sono esseri umani; uomini e donne mossi da un odio e da una malvagità diabolici, che, ci piaccia o meno, appartengono alla nostra specie. E questo è ciò che rende il tutto ancor più drammatico...".

Esseri umani come quelli che hanno uccisi e come noi che oggi siamo scampati, in un miscuglio fatto di enormi differenze e di tragiche vicinanze. Di nuovo il pensiero va alla Scrittura, all'attentato di stato che un giorno riferirono a Gesù, il fatto di un gruppo di Galilei che erano stati trucidati mentre compivano un sacrificio, un atto di culto, per ordine di Pilato. "Gesù rispose loro: 'Pensate che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, perché hanno sofferto quelle cose? No, vi dico, ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo'." (Lc. 13,1-3). La parola di Gesù non ci induce a fare di ogni erba un fascio, ma a scorgere l'unica cosa chiara in un fascio di domande senza risposta e di confusione: la necessità di un ravvedimento generale, impossibile possibilità; e la redenzione infinita di cui ha bisogno la nostra umanità.

 

La sedia

di Liliàn Artùs Dalmàs

 

Una giovane chiese al pastore di andare a casa sua a pregare per suo padre che era molto malato. Quando il pastore arrivò nella stanza, vide l'uomo nel suo letto con il capo rialzato da molti cuscini.

- Suppongo che mi aspettava? gli disse.

- No, Lei chi è?

- Sono il pastore, sua figlia mi ha chiamato per pregare con Lei. Quando sono entrato ho notato una sedia vuota al lato del suo letto; perciò ho supposto che Lei sapeva che sarei venuto a visitarLa.

- Ah, sì, la sedia.

- Potrebbe chiudere la porta? disse il malato.

Il pastore, sorpreso, chiuse la porta. Il malato gli disse: Non ho mai detto questo a nessuno, però ho passato tutta la vita, senza sapere pregare. In chiesa ho ascoltato come si deve pregare e i benefici che se ne traggono. Ad ogni modo non ho idea di come farlo. Tuttavia... Da molto tempo ho abbandonato completamente la preghiera; però tempo fa il mio migliore amico mi ha detto:

- José, pregare è avere una conversazione con Gesù. Io ti suggerisco che tu ti segga su una sedia tenendone una vuota davanti a te, poi guarda con fede Gesù seduto di fronte a te.

- Non essere spaventato, ci ha detto lui: "Io sarò sempre con voi". E tu parlagli, ascoltalo, allo stesso modo come sta facendo ora con me.

L'ho fatto una volta e mi è piaciuto, poi ho continuato ogni giorno per un'ora o due da allora. Ma sto attento che non mi veda mia figlia, mi internerebbe in un manicomio.

Il pastore fece la sua preghiera con José e gli raccomandò di non smettere di pregare. Due giorni dopo, la figlia di José lo chiamò per dirgli che suo padre era morto. Il pastore domandò:

- E' morto in pace?

- Sì, quando stavo uscendo di casa, mi chiamò e sono salita nella sua camera. Mi disse che mi voleva molto bene e mi diede un bacio. Quando sono tornata dal fare delle compere un' ora più tardi, l'ho trovato morto. Però c'è qualcosa di strano in questa sua morte. Giusto prima di morire si è avvicinato alla sedia che stava al lato del suo letto e vi ha posato la testa. Così l'ho trovato.

- Cosa crede che possa significare?

Il pastore molto meravigliato si asciugò le lacrime di commozione e le rispose:

- Magari potessimo tutti andarcene in questo modo!

 

 

Adamo non tornava…

di Michele Bonsignore

 

 

L’Iddio in cui credo

ha amato per primo,

ben prima della nostra incarnazione,

e ci è padre e fratello;

Vedendo che Adamo non tornava,

il Dio in cui credo

ha mandato il Figlio a cercarlo;

il Dio in cui credo

ci aspetta tutti e non si rassegna

a perdere neanche una sola pecora.

L’Iddio in cui credo

procede instancabilmente verso di noi

e insegna agli umili la sua via.

 

 

Lettera aperta alle Chiese Evangeliche

di Abele Aureli

(pastore a Frosinone di una Chiesa Cristiana Indipendente del gruppo MIE, cioè Missione Evangelica in Italia)

 

 

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, Questa lettera è stata inviata a più di 2000 indirizzi in tutta l’Italia, tra pastori, responsabili e semplici membri di chiese. ...Mi scuso per la lunghezza, ma vista l’importanza, credo che sia stata necessaria.

 

E’ da molti anni ormai che sento nel cuore un peso per la Chiesa Universale che, come quella nazionale e locale, è frammentata e divisa al punto che non riesce a prendere quota e spesso, cosciente dei propri limiti, non ha il coraggio di prendere autorità contro il nemico delle nostre anime. Frequentemente, nelle nostre battaglie giornaliere, siamo feriti dal fuoco del nemico, anche quando non subiamo la sconfitta. Sento questo peso nel cuore dal 1985, quando il Signore mi ha riportato in Italia dagli USA.

Mi sono sentito un po’ frenato nel passato a presentare e condividere quello che vorrei fare qui a causa di alcuni atteggiamenti discriminatori nelle chiese nei confronti di pastori e ministri meno famosi o con chiese più piccole. Forse sarà stata una frase rivoltami qualche anno fa da un pastore: “Ma chi ti credi di essere?” Questo, solo perché avevo fatto mettere l’indirizzo della nostra organizzazione su una TV locale...

Io credo di essere, nè più e nè meno, un uomo salvato da Cristo per grazia, e come tutti gli esseri umani salvati per grazia, vado anche avanti nelle vie del Signore, per la grazia e l’aiuto di Dio.

Sento che però sia giunto il momento di guardare in faccia la realtà e fare qualcosa al riguardo della condizione quasi “cronica” della Chiesa italiana, piuttosto che continuare ad ingannare noi stessi e fare finta che tutto sia a posto. Spero e prego pertanto, che questa lettera venga accettata sinceramente ed onestamente per quello che è, e non per quello che il nemico potrebbe farci credere che sia.

 

Noi sappiamo che il nemico è riuscito a “frammentare” la Chiesa universale, al punto che si presenta come un vaso lesionato, al quale bisogna prestare particolare attenzione altrimenti potrebbe cadere a pezzi. Il nemico sa questo e sa anche che questa nostra consapevolezza di “frammentazione” ci impedisce di esprimere la nostra fede in Dio ed usare contro di lui l’autorità di “figli di Dio” e di “principi” del Suo Regno. Satana sa benissimo ciò che Dio può fare quando la Chiesa è di pari consentimento, pertanto egli ha tutto l’interesse di evitare che la Chiesa sia unita come Gesù vuole che sia: “Affinché siano tutti uno, come tu, o Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi uno in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato”. (Giovanni 17:21).

 

...la Chiesa, ed in modo particolare quella italiana, è un pò schiava del nemico. Molte chiese sono piene di peccati, al punto che non c’è quasi più distinzione tra esse ed il mondo che le circonda. Molti credenti non credono neppure più che Dio guarisca e che Egli liberi dalle oppressioni del nemico. Molti sono disoccupati e malaticci. Alcuni credono addirittura che stanno portando la “croce” che Cristo gli ha dato di portare, ed a parte qualche individuo o qualche chiesa locale, la situazione è più o meno la stessa a livello nazionale.

Le aree che il nemico sta attaccando in modo particolare, sono: l’unità della Chiesa, la famiglia e la secolarizzazione. Ci conduce a credere che nulla sia peccato, solo perchè tutti si comportano nello stesso modo! In pratica, tra il mondo e molti cosidetti cristiani, non c’è alcuna differenza, e non riusciamo più ad essere la luce del mondo ed il sale della terra che Gesù ci ha chiamati ad essere.

Negli ultimi anni, le famiglie dei credenti vengono prese di mira in modo particolare, affinchè vengano distrutte con litigi, divorzi e ribellioni dei figli. Egli sa che il livello spirituale di una chiesa non può essere superiore al livello spirituale delle famiglie che la compongono, pertanto egli attacca le famiglie cercando di distruggerle, ed abbassare così il livello spirituale della chiesa che frequentano! Gesù disse che negli ultimi tempi queste cose sarebbero accadute. Proprio per questo è di vitale importanza vegliare, essere in comunione fraterna e procacciare l’unità del Corpo di Cristo.

La stessa cosa accade per la Chiesa, nazionale e universale. Mantenenendola frammentata grazie alle varie denominazioni e “credenze”, tra l’altro spesso simili tra loro (ma che lo spirito di orgoglio, di gelosia e d’invidia ci fanno vedere molto diverse), il nemico fa sì che la Chiesa non abbia la collaborazione ed il sostegno dello Spirito Santo e della Sua potenza, perché lo Spirito Santo può operare solo se c’è il “pari consentimento”!

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Ho riscontrato ovunque lo stesso problema, avendo vissuto per anni in Germania, in Australia e negli Stati Uniti, ed avendo anche frequentato alcune chiese italiane. Certo, il nemico lavora contro tutti, anche contro le chiese straniere, ma pare che questo “ministerio” della maldicenza, dell’orgoglio e dei litigi si noti di più tra gli Italiani. Alcuni anni fa, durante una riunione pastorale, ad una mia proposta di invitare di tanto in tanto qualche ministro dall’estero, mi fu risposto che noi in Italia abbiamo i migliori predicatori che esistono al mondo e pertanto non c’è bisogno che venga nessuno dall’estero! Naturalmente, questo è solo uno dei segni del nostro orgoglio e della nostra carnalità! Non che in Italia (per grazia di Dio), non ci siano dei bravi ministri, ma arrogarsi di non avere nulla da imparare dal ministerio di altri servi di Dio che vivono in altre nazioni (così come loro possono imparare da noi), è pura “miopia spirituale”. E’ un’esagerazione. Non fosse altro che per il fatto che tutti abbiamo bisogno di imparare gli uni dagli altri, anche dalla persona meno considerata nella nostra chiesa locale... Si dimentica inoltre, che non tutti abbiamo lo stesso ministerio e gli stessi talenti. Se siamo un corpo, allora dobbiamo per forza essere uniti, altrimenti dov’è il corpo?

Sono certo che quelli che si comportano in questo modo sono una minoranza, però la stessa cosa, accade tra ministri e ministri, in Italia! La “mano” che si sente superiore al “piede”.

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Sappiamo tutti che ogni volta che lo Spirito Santo ha operato in modo miracoloso, lo ha fatto quando la chiesa era di pari consentimento. Pertanto, come una chiesa locale non può sperimentare un risveglio se in essa non c’è il pari consentimento, così la Chiesa, nazionale ed universale, non potrà esperimentare un risveglio se in essa non c’è il pari consentimento.

 

Purtroppo, astuto com’è, il nemico non ha perso tempo nell’usare le varie denominazioni ed i problemi di chiesa e famigliari, come i frequenti litigi tra diaconi, anziani e pastori, con diaconi o anziani che si auto-proclamano pastori solo per ripicca o per vendetta ed aprono un’altra chiesa nello stesso paese o nello stesso rione. Accecati e feriti nell’orgoglio collaborano così con Satana nel dividere il Corpo di Cristo, mostrando i panni sporchi a tutto il mondo, piuttosto di cercare il perdono, la riappacificazione e l’amore fraterno, e fare fronte comune contro il comune nemico. Dio fa nascere le chiese per “moltiplicazione”, e non per “divisione”.

Spesso ci ritroviamo ad essere divisi su cose che non hanno nulla a che vedere con la dottrina della “salvezza per grazia mediante la fede in Cristo”. Siamo divisi sul velo, sulla santa cena, sulla gonna, sui pantaloni, sulle mezze maniche, sulla cravatta, sui cantici, sul parlare in lingue, ecc. ecc. Nel frattempo il nemico fa festa, lo Spirito Santo non può operare come vorrebbe, e molte anime non vengono a Cristo e si perdono a causa del nostro comportamento di separatisti e di guerra-fondai!

Naturalmente, questo non vuol dire “unità a tutti i costi” anche con quelli che vivono una vita peccaminosa, come fa il resto del mondo, e dover avere a tutti i costi una comunione fraterna con loro. Sappiamo che Dio condanna una vita peccaminosa, e sappiamo anche che Egli non condanna soltanto l’adulterio, l’idolatria ed il ladrocinio, ma condanna anche l’orgoglio, l’odio, l’avidità e la gelosia che spesso esistono nella Chiesa, e sono tollerati!

 

Molte divisioni hanno come scusante la “sana dottrina” che nessun’altro all’infuori di noi avrebbe, ma la realtà è che le separazioni sono il frutto della gelosia, dell’egoismo, dell’orgoglio, dell’invidia e dei rancori personali. Se avessimo veramente tanto a cuore la “sana dottrina”, cercheremmo per prima cosa di non separare il Corpo di Cristo, perchè questo fa parte della “sana dottrina”!

Il danno che noi causiamo con le nostre beghe personali, supera di gran lunga il bene della cosiddetta “sana dottrina”, del velo o della santa cena. Infatti, io sono convinto che se avessimo mostrato l’amore che il Signore ci comanda di avere gli uni per gli altri, ciò avrebbe prodotto più frutto di quello che le nostre divisioni, conseguenza delle nostre beghe personali, hanno prodotto! Ripeto, sto parlando del pari consentimento tra coloro che credono nella salvezza per grazia mediante la fede in Cristo e nella nuova nascita, non con tutti coloro che pur chiamandosi cristiani, predicano e praticano un altro vangelo.

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Una cosa dalla quale dobbiamo guardarci è la carnalità e l’orgoglio che spesso fa capolino in noi e che ci impedisce di sottometterci gli uni agli altri, specialmente tra i responsabili di una grande denominazione o una grande chiesa, nei confronti dei responsabili di una piccola denominazione o di una piccola chiesa! Però, sapendo che questa è la volontà di Dio e che lo Spirito Santo non ci lascia altra alternativa, se vogliamo fare veramente la volontà di Dio e avere un impatto nel mondo che ci circonda, dobbiamo umiliarci, rinunciare a noi stessi e dobbiamo insistere e lottare su questa linea fino a quando Dio ci darà grazia di avere la vittoria contro il nostro comune nemico. A noi potrà sembrare impossibile, ma sappiamo che per Dio nulla è impossibile, e se gli daremo spazio nella nostra vita e nella nostra chiesa, sappiamo già tutti che Egli opererà!

Dobbiamo anche riconoscere che, durante il secolo scorso, la Chiesa italiana ha fallito la sua missione di evangelizzare tutta l’Italia, e questa è una colpa dei nostri predecessori. L’Italia è ancora oggi un campo missionario ed una delle nazioni meno evangelizzate del mondo. In ogni caso, pur dimenticando il passato e guardando avanti, che ci piaccia o no, l’evangelizzazione della nostra generazione è responsabilità nostra, ed è meglio che ci diamo da fare, se vogliamo “veramente” evangelizzarla come il nostro Signore ci chiede.

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lo proporrei che ciascuno dei Pastori che condivide questo desiderio, trasmetta questo messaggio e proposta alla propria chiesa, esaminando attentamente la propria situazione e quella della propria chiesa alla luce della Sua Parola. Potrebbe poi trasmettere questo invito ad altri Pastori e responsabili di altri gruppi e denominazioni che hanno a cuore l’opera di Dio, affinchè ciascuno di noi faccia del proprio meglio affinchè l’unità del Corpo di Cristo divenga realtà. Allo stesso tempo è necessario pregare in modo efficace (individualmente e nelle chiese) che Dio tocchi il cuore di tutti noi, così che questo possa iniziare il più presto possibile.

Ripeto, così come stanno andando le cose (non si illuda chi crede di essere il solo ad avere la sana dottrina), il mondo non può credere che noi siamo “discepoli di Cristo”! Manca l’evidenza! Mancano i frutti! Quando Paolo rimproverava i Corinzi (1 Cor. Cap. 1:12) per la loro carnalità nel preferire questo o quell’altro Apostolo, egli rimproverava anche chi cercava d’essere “super-spirituale”, colui che affermava di non parteggiare per Paolo, nè per Pietro e neppure per Apollo. Egli voleva far credere che era di Cristo e basta, e che non era come gli altri. Ma anche lui era un carnale! Era un “falso modesto”, quindi, altrettanto carnale.

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Spero e prego che questo appello venga accettato, non come se venisse da “Abele Aureli”, ma da un semplice fratello in Cristo il quale come tanti di voi, ha a cuore l’opera di Dio e la vuole condividere con tutti gli altri fratelli e sorelle in Cristo, in modo da fare qualcosa al più presto. D’altro canto, non credo si possa credere che nel nostro piccolo noi siamo i soli ad andare in Cielo. Pertanto, come possiamo credere di contaminarci qui sulla terra se mostriamo più amore fraterno e pari comunione fraterna verso coloro che non

la pensano esattamente come noi, per poi doverci vivere insieme nel cielo per l’eternità?

Dobbiamo realizzare che il perdono non è tanto per il beneficio di chi ci ha fatto del male, ma è sopratutto per il bene di chi perdona (Marco 11:25). E che il rancore o il risentimento, fanno più male a noi stessi che non a chi ci ha offeso.

Cari fratelli, spero di non avervi annoiato con questa lunga lettera, e di sentirvi presto con buone notizie. Se la pensate diversamente o se avete un’idea migliore, vi prego di comunicarmelo via email a: operitaly-tin.it oppure per telefono al 0775/201-537 oppure 338/190-3761. Oppure a: Casella Postale Succ. 2—03100 Frosinone.

Dio ci benedica insieme e ci faccia prosperare nelle Sue vie.Vostro in Cristo, fratello Abele Aureli

 

(pubblichiamo questa lettera in forma un po’ ridotta per motivi di spazio; intendiamo aprire un dibattito sul tema “unità degli evangelici”; speriamo che il fratello Aureli abbia molte risposte e preghiamo i lettori di Diaspora di voler intervenire su questo soggetto)

 

 

Il tempio di Via Micheli

(The Holy Trinity Church)

 

Quest'anno la Chiesa Valdese di Firenze intende ricordare 100 anni della Holy Trinity, che nel 1904 ha fatto una solenne consacrazione alla presenza del vescovo di Gibilterra della Memory Chapel, che concludeva l'opera di ricostruzione, durata circa una decina d'anni, di questa chiesa anglicana. L'attuale chiesa di via Micheli ang. Via Lamarmora è stata modificata, almeno in molti aspetti interni, però l'edificio ha sempre un aspetto imponente e per la sua grandezza si presta a ospitare riunioni e convegni di un certo rilievo. L'intervento valdese ha cancellato alcuni elementi che non erano compatibili con la sua teologia riformata (per esempio il presbiterio con screen dorato), ma ha sostanzialmente mantenuto la bellezza della costruzione e l'ha curata amorevolmente rendendola via via sempre più accogliente. Un'antica amicizia lega la chiesa valdese con quella anglicana, da cui la chiesa valdese ha ricevuto protezione e un impulso impensato nell'Ottocento. In ogni caso la chiesa valdese, che è la più antica chiesa riformata del mondo, si assume spesso e volentieri la funzione di "mediazione" e "pungolo" per un ritorno alle radici bibliche della nostra fede e una più attenta ecclesiologia che valorizzi il popolo di Dio.

La domenica 6 giugno che nelle liturgie occidentali è la "domenica della Trinità" ci sembra un giorno appropriato per ricordare 100 anni della chiesa a lei dedicata e l' amicizia che lo Spirito Santo fonda tra noi e in noi. Il nostro tradizionale incontro di Pentecoste si sposta dunque per quest'anno alla domenica successiva e avrà luogo nella chiesa valdese (già Holy Trinity) dalle 18 alle 20.

Ci sarà una celebrazione comune con interventi e saluti dai vari rappresentanti ecumenici, cori e canti e infine una piccola condivisione di cibo perché sia festa veramente con tutti!

Siete invitati già da ora e vi preghiamo di segnare questa data sui vostri calendari; più in là rinnoveremo l'invito e vi daremo un programma più preciso.

 

Concerti di

primavera


 

07.04: Ensemble Vocale Brevis
Hubert Koniuszek, direttore
musiche di: Monteverdi, Di Lasso, Desprez, Melchior Franck

14.04: Richard Townend, organo
musiche di: J.S. Bach, J.B. Bach, V. Williams, Carter, Stanley

21.04: Francesco Giannoni, organo
musiche di: J.S. Bach, Homilius, J.L. Krebs, C.P.E. Bach

28.04: Lorenzo M. Scultetus, organo
musiche di: J.G. Walther, J.S. Bach, C. Widor

I concerti iniziano sempre alle ore 21 nella Chiesa Evangelica Luterana di Firenze, Lungarno Torrigiani, 11

Il naso fra i libri

Dietrich Bonhoeffer

Il miracolo del messaggio pasquale

Editore Gribaudi, Febbraio 2003, p.55, €6,50

 

Ometto le notizie biografiche perché sono certa che a tutti i lettori siano note la vita e le opere del teologo tedesco, inoltre l’editore ha provveduto ad accludere una esauriente se pur concisa biografia.

Questo piccolo libro ha una raffinata ed elegante veste tipografica con carta patinata e bellissime riproduzioni artistiche che guidano il lettore attraverso un percorso di meditazione e di preghiera sottolineando e marcando i momenti più significativi della vita di Cristo, dall’agonia nel giardino del Getsemani fino alla discesa dello Spirito Santo. Una breve presentazione avverte che i testi raccolti vogliono dimostrare che il messaggio pasquale comprende anche i due grandi avvenimenti successivi alla Resurrezione e cioè l’Ascensione e la Pentecoste.

Il libro, agevole da sfogliare, comodo da tenere sul tavolino da notte, dunque “un livre de chevet”, è soprattutto prezioso per il suo contenuto, un vero breviario da leggere e rileggere per l’edificazione personale e non solo nel periodo liturgico della Pasqua.

Accanto ad una raccolta di pensieri scelti di Bonhoeffer sono riportate porzioni del Nuovo Testamento da Matteo 26 (39-42) che fa da incipit a Galati 4,6 che vuol essere l’esaltazione e la glorificazione di Dio. Ogni meditazione è introdotta da un titolo esplicativo.

Affido ai lettori alcuni brevi passi stralciati dal testo che, a mio avviso, possono aiutare ad entrare nell’atmosfera preparatoria alla Pasqua.

Da Vita Nuova:

L’amore di Dio per l’uomo significa croce e sequela, ma proprio per questo anche vita e risurrezione.

 

Da Cosa significa Risurrezione ?

La Pasqua non è una lotta tra tenebre e luce destinata a concludersi con la vittoria della luce, perché tanto la tenebra è solo un nulla, perché tanto la morte è già vita.

 

Da Speranza nella Risurrezione

Cristo non è venuto nel mondo perché noi lo comprendessimo, ma perché ci aggrappassimo a Lui, perché ci lasciassimo semplicemente trasportare da Lui nel grandioso evento della Risurrezione.

 

Da La tomba vuota

La Pasqua non è abbandono da parte di Dio, ma pienezza divina, non è l’uomo e la sua vittoria titanica sulla divinità, ma è Dio e la sua vittoria potente sull’umanità, sulla morte, il peccato e la ribellione. Questa è Pasqua.

 

Da Il Dio vicino

“Ecco io sono in mezzo a voi….” ecco il messaggio pasquale, non il Dio lontano, ma quello vicino. Ecco la Pasqua.

 

Sara Pasqui Rivedi

 

AA.VV., La Bibbia e l’Italia, a cura di Giuseppe Platone

«Collana della Federazione delle chiese evangeliche in Italia», n. 1 – pp. 208 – euro 7,50

 

Nel secondo centenario della fondazione della Società Biblica Britannica e Forestiera, il volume – redatto con contributi di autori cattolici e protestanti nonché con la collaborazione di FCEI (Federazione delle chiese evangeliche in Italia), UICCA (Unione italiana delle chiese cristiane avventiste del settimo giorno) e Società Biblica in Italia – ripercorre la complessa storia della diffusione della Bibbia nel nostro paese.

Una storia in cui – cosa non ovvia alla sensibilità ecumenica odierna – il percorso protestante e quello cattolico tradizionalmente divergono.

Fino alla metà del secolo scorso, infatti, per il protestantesimo prevale la vocazione costitutiva della libera diffusione della Scrittura, esponendo il fianco al rischio di un disordinato soggettivismo interpretativo.

Per il cattolicesimo, invece, prevale l’inclinazione tridentina della subordinazione della Scrittura al controllo del magistero della Chiesa, esponendo al rischio dell’analfabetismo biblico popolare.

Solo dopo il Concilio Vaticano II si apre la strada della proficua collaborazione, strada che porta fino alla traduzione in lingua corrente (TILC), prima del Nuovo e poi dell’Antico Testamento, da parte di teologi cattolici e protestanti.

Il volume inaugura la «Collana della Federazione delle chiese evangeliche in Italia», che accoglierà i libri prodotti in occasione della «Settimana della libertà», indetta annualmente dalla FCEI nel mese di febbraio, a commemorazione del riconoscimento dei diritti civili ai valdesi il 17 febbraio 1848, nonché i libri sui temi proposti quali oggetto di studio delle comunità cristiane dal Consiglio ecumenico delle chiese (CEC).

 

Testi di Giovanni Bachelet, Daniela Barbuscia, Valdo Bertalot, Giorgio Bouchard, Carlo Buzzetti, Mario Cignoni, Fulvio Ferrario, Carlo Ghidelli, Yann Radalié, Giorgio Tourn e Jean Claude Verrecchia.

 

Gerd Theissen, La religione dei primi cristiani

“Strumenti – Biblica” n. 16 – pp. 440 – euro 37,00

 

Che cosa animò e diede forza al cristianesimo delle origini?

L'opera di Theissen risponde alla domanda ponendosi come illustrazione e analisi scientifica della religione e della fede del cristianesimo delle origini.

L’intento non è quello di proporre un ennesimo esempio di «teologia del Nuovo Testamento» né una testimonianza della fede dei primi cristiani bensì quello di far comprendere la forza di tale fede collocandola nel contesto della società dell’epoca.

Obiettivo iniziale è l’esplorazione e l’analisi della vita dei primi cristiani, rendendone accessibili le affermazioni teologiche con approcci di tipo semiotico, psicologico e storico, con categorie scientifico-religiose che consentono di comprenderne fede, culto ed ethos.

Secondo obiettivo è mostrare come, nel corso della sua evoluzione, il cristianesimo si sia allontanato dal giudaismo costruendo un proprio linguaggio simbolico dotato di una non comune forza aggregante in grado di sovvertire la storia del mondo allora conosciuto.

Un approccio innovativo che supera il tradizionale discorso ecclesiastico delle «teologia del Nuovo Testamento» avvicinando la chiesa delle origini anche a chi è lontano da una lettura cristiana del mondo.

 

Daniel Marguerat, Paolo di Tarso. Un uomo alle prese con Dio

“Piccola collana moderna – Serie teologica ” n. 101 – pp. 95 – euro 6,50

 

Pur concentrandosi sui Vangeli, ritenuti più semplici delle lettere, l’Occidente cristiano non cessa di fare i conti con l’apostolo Paolo: quali sono stati i suoi rapporti con Gesù, di cui egli parla così poco? Quale fu la folgorante esperienza della “conversione” sulla via di Damasco? È vero che, come ex fariseo e rinnegato del giudaismo, Paolo condusse alla rottura tra ebrei e cristiani?

Accusato di essere uno spirito dottrinario, rigido e antifemminista, Paolo è da sempre una figura controversa che avrebbe barattato la religione del cuore di Gesù con un sistema dottrinale tortuoso.

Nondimeno, senza il suo genio nel formulare verità fondamentali della nuova fede, il cristianesimo sarebbe rimasto una setta.

In un mondo in cui la questione del senso della vita e della dignità umana resta dolorosamente centrale, la sua scoperta di un Dio che accoglie a prescindere dai meriti acquista straordinaria attualità.

 

Lamar Williamson jr., Marco

“Strumenti – Commentari” n. 17 – pp. 420 – euro 33,00

 

Lamar Williamson introduce e commenta il testo del Vangelo di Marco interpretandolo in tre modi:

- come genere letterario, ossia raccolta di tradizioni su Gesù presentata in forma narrativa,

- come messaggio teologico, ossia racconto che narra una buona novella su Dio e il suo Regno,

- come scritto canonico fondamentale e normativo della chiesa.

Un commentario originale che, trattando di “testo” e “significato”, non vuole distinguere in modo rigido tra l’“allora” e l’“adesso” e che vuole anche dare suggerimenti su come utilizzare il Vangelo come fonte, risorsa e norma per la vita cristiana odierna.

 

Mostra della Bibbia

Il Consiglio dei pastori e dei responsabili di Firenze promuove una giornata di evangelizzazione e testimonianza

sabato 24 aprile 2004 in p.za della Repubblica

dalle 9 del mattino fino alle 20 della sera. Ci saranno:

- i tabelloni che illustrano e raccontano la Bibbia,

- dei tavoli su cui saranno esposte, da sfogliare circa un centinaio di Bibbie e testi utili per comprenderla,

- alcune sedie per ascoltare la lettura ininterrotta dei Vangeli di Marco e Giovanni, che alcuni lettori si alterneranno nel leggere,

- musica classica di sottofondo,

- e inoltre gli “accessori” della Mostra (cioè giochi, test, consigli di lettura, inviti a studi biblici etc.).

Ogni chiesa che aderisce all’iniziativa avrà un suo turno di sorveglianza alla Mostra. L’iniziativa verrà conclusa da un concerto Gospel a cura del Florence Gospel Choir di Nehemiah Brown. Partecipate numerosi!

Segnalate la vostra disponibilità a leggere o a far da guardiani al pastore o ai responsabili della vostra chiesa.

 


Calendario di Aprile

venerdì 2 in v. Manzoni alle 16: al Centro Sociale Evangelico il gruppo Teatro presenterà “Via col vento”, diretto da Danilo Piro.

mercoledì 14 a Borgo Ognissanti: incontro dei pastori e dei responsabili, preparazione della Mostra della Bibbia.

lunedì 19 in v. Manzoni alle 17: incontro con don Alessandro Santoro, della Parrocchia cattolica delle Piaggie, su “Ricordo di Don Milani”.

martedì 20 in v. Manzoni alle 21: ultima (per quest’anno) lezione per i Predicatori Locali su “Esempi di predicazione narrativa”.

mercoledì 21 a Borgo Ognissanti 14 r: incontro alla Libreria Claudiana con l’attore e scrittore Ugo Chiti, con letture e anteprima di uno spettacolo che si terrà il 22 a Scandicci.

giovedì 22 in v. Manzoni alle 18: proiezione del film “The Believer”, con pizza e dibattito.

venerdì 23 in v. Manzoni alle 18: Conferenza-Dibattito sul problema del Male da un punto di vista ebraico (Manuela Sadun Paggi) e da un punto di vista islamico (dr. Mohamed Bamoshmoosh.

sabato 24 presso la Claudiana alle 17: Tavola Rotonda su “Figure della devozione”, presentazione dell’ultimo numero della rivista di psicoanalisi “Anima” (Moretti e Vitali).

sabato 24 in piazza della Repubblica: Mostra della Bibbia, giornata di letture e testimonianze, in conclusione Concerto Gospel con il Florence Gospel Choir.

domenica 25-venerdì 30: la Mostra della Bibbia continua in Via Vigna Vecchia 15, presso la Chiesa dei Fratelli. Conclusione:

Conferenza del prof. Domenico Maselli su “La libertà religosa in Toscana” venerdì 30 alle ore 18. Alle 21 Concerto di chiusura a cura del Gruppo Musicale “Ma-Pe”.

8-9 maggio: Convegno nazionale di giovani cristiani “Osare la pace per fede”; relazioni nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio; gruppi di discussione, festa serale alla Limonaia di Villa Strozzi. Domenica 9 in Via Micheli culto ecumenico con interventi e conclusione del convegno. Iscrizioni: Casa per la pace di Pax Christi: E-mail segreteria@paxchristi.it. Tel. 055 2020375.